Esce quest’anno in italiano, ma risale al 1964, primo di una serie di quattordici romanzi; l’ultimo è arrivato nel 2022.
Racconta di un delitto, ma affascina soprattutto per l’atmosfera: piccole pennellate, frammenti di vita quotidiana che si mescolano a eventi impensabili che spezzano la routine.
Comincia in un giorno come un altro nello studio dello psicanalista Emanuel Bauer. Un paziente disdice un appuntamento e lui esce a fare due passi. Quando torna, sdraiata sul lettino c’è un’altra paziente. Morta. Ammazzata con un colpo di coltello.
Com’è possibile? Chi è stato? La polizia non sta a farsi troppe domande e sospetta dello psicanalista. La sua amica Kate Fansler, la professoressa che gli aveva mandato la paziente uccisa, comincia a indagare per conto suo, con l’aiuto di un poliziotto.
La storia è semplice, con i suoi colpi di scena, gli indizi, e sullo sfondo la New York degli anni Sessanta, un mondo in cui tutti fumano e infilano monetine nei telefoni pubblici. La vicenda si dipana in un ambiente medio-alto borghese di universitari, medici e ragazzi di buona famiglia, raccontato con umorismo e profondità.
Un romanzo che appare lontano da noi, dal presente, con gli psicanalisti che fanno jogging a Central Park e i poliziotti in giacca e cravatta alle prese con i dati dei primi, enormi e rudimentali calcolatori IBM… Eppure, come capita con i buoni libri, parla di noi. Anche se a prima vista non sembra.
Sono piccole cose, piccoli tocchi, frasi qua e là, sempre tinte d’ironia.
Per esempio: «Quando eravamo bambini noi, i poliziotti erano uomini di una certa età, che ti dicevano cose del tipo: ‘Potresti essere mio figlio!’, poi, un bel giorno, improvvisamente, sono loro che potrebbero essere figli tuoi».
Come esprimere meglio il senso del tempo che passa, della mezza età? È una sola fra le tante perle che appaiono di sfuggita dentro la storia di un delitto, perpetrato da un criminale molto intelligente. Ma non abbastanza per non farsi prendere…
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