Bassam Aramin è palestinese. Rami Elhanan è israeliano. E potrebbe bastare così per immaginarsi Apeirogon di Colum McCann, un irlandese di New York (o un newyorkese d’Irlanda) che si è voluto ficcare nel conflitto dei conflitti, tra le fibre del nodo più ingarbugliato della storia contemporanea, con un romanzo. Un romanzo epico in quella striscia di sangue. E il fatto che lo abbia scritto prima del 7 ottobre 2023, anticipando le ultime dell’infinita sfilza di violenze, è una folata di vento nella già gracile fiammella della speranza. Che lui, nelle sue cinquecento pagine e mille e uno capoversi, aveva provato ad alimentare uscendo dalla Storia e infilandosi in due storie. Quella di Bassam e quella di Rami, un palestinese e un israeliano. Le storie di papà Bassam e di papà Rami, in cui di nuovo a essere protagoniste sono la violenza e la sofferenza, l’assurdo e l’irrisolvibile. La Storia, quella. E si torna al punto di partenza.
Smadar nacque nell’ospedale Hadassah. Dove morì Abir.
Apeirogon, lato n°20
Bassam Aramin è un palestinese finito in carcere a 17 anni per aver lanciato una granata contro una jeep dell’esercito israeliano. Sua figlia, Abir, viene uccisa nel 2007 da una pallottola di gomma sparata alle spalle da una guardia di frontiera israeliana. Dieci anni, fine. Rami Elhanan è un israeliano ex carrista nella guerra del Kippur, figlio di un sopravvissuto alla Shoah. Sua figlia, Smadar, muore in un attacco suicida palestinese nel 1997, mentre andava in libreria con le compagne di scuola, ascoltando Sinead O’Connor. Chissà cosa, di Sinead O’Connor; Fire on Babylon? Am I A Human? All Apologies? Di sicuro il suo ultimo ricordo e la sua ultima voce terrena. Tredici anni, fine. Due morti geograficamente incollate ma distantissime, e poi di nuovo sovrapponibili per quello stesso identico dolore, quello di un padre costretto a fare i conti con l’aritmia più dolorosa che un’esistenza possa sopportare: il genitore che sopravvive al figlio. Ed è lì, in quel crepaccio senza fine che McCann si infila, cercando di avvicinare i lembi della ferita di quella Storia con il filo rosso sangue di una perdita insanabile, allo specchio. Così profondamente assurda da voler urlare “basta”. Già, ma a chi?

Colum McCann
Le storie di Bassam e Rami sono reali. Reali loro, reale il loro passato, reali Abir e Smadar, reali le loro morti tragiche. E in questo - ahinoi - niente di sorprendente per quella terra di cui la morte è il locatore. La parte ben più sorprendente, benché semplicemente umana, è che Bassam e Rami si sono conosciuti, sono diventati amici - loro, il granatiere e i carrista - e da anni portano le loro storie una fianco all’altra nelle scuole, nei teatri, là dove ascoltarle può avere un senso, oltre che fare senso. Per provarci, per tentare anche solo uno 0,1% di quel “basta”. Insomma, una volta tanto l’incredibile e l’impossibile sono veri quanto l’irrisolvibile e l’atroce: Bassam e Rami, il palestinese e l’israeliano, padri di due bimbe, figli dei loro assassinii, fratelli nel loro desiderio di pace. La loro non è speranza; cosa puoi sperare se hai visto tua figlia riversa sull’asfalto abbattuta da un proiettile di gomma, o saltata per aria insieme alla sue amiche e a chi ha deciso che doveva andare così? La speranza è immateriale, aeriforme. Il loro rapporto invece è reale, fisico, spalla a spalla. Che non significa “si può fare”, affermazione che dopo il 7 ottobre 2023 non riesce a superare la gola e sprofonda nel cuore. Significa che loro lo hanno fatto.
Bassam e Rami giunsero gradualmente a capire che avrebbero usato la potenza del loro dolore come arma.
Apeirogon, lato n°160
E Apeirogon? L’apeirogon è il poligono con un numero infinito di lati, l’estremo opposto al triangolo, oltre anche il mirigono. Tipo che a guardarlo sembra una sfera in cui ogni principio è fine, ma in cui in realtà ogni punto è a sé e coincide con una superficie su cui quel poligono può poggiare. Un punto di vista. Quelli del conflitto, quelli sul conflitto. Infiniti e apparentemente incalcolabili, quindi senza risultato. E infiniti - ma invece no - sono anche i capoversi, i capitoli, i punti di vista di McCann, e quindi di Bassam e Rami, in un racconto che è 1001 lati, facce, strati, epoche, storie, stili, voci, frammenti. Frammenti che vanno dal capitolo all’haiku, dal verso alla fotografia, dalla scrittura fitta al vuoto della carta bianca. Come fossero i frammenti rimessi insieme in un’opera kintsugi, l’usanza giapponese di riparare i cocci con l’oro; in questo caso con loro, Bassam e Rami. Mille e uno frammenti, proprio come le notti arabe. Apeirogon corre o torna fino a lì, scavalcando i confini temporali di una Storia imbrigliata in quelli geografici e politici, cercando appigli e respiri, motivi e ricorsi. Apeirogon è un libro del 2020 che ha sperato e creduto e che, esattamente come chi lo leggerà oggi, dal 7 ottobre 2023 piange. Oggi sembra un libro impossibile, ai limiti dell’inopportuno. E invece esiste, esattamente come esistono e continuano a esistere l’uno fianco all’altro (lato n°121) Bassam e Rami, anche loro ormai ben oltre le loro storie. Apeirogon è un libro alto, e altro. Con quella sua struttura stramba che cerca di andare oltre i punti di vista, perché forse solo da lassù è possibile vedere o almeno immaginare un futuro. E a proposito di lassù, se lo leggerete ricordatevi della migrazione degli uccelli. Nella terra per eccellenza, Santa e maledetta, di confini e territori, tunnel e kibbutz, checkpoint e insediamenti, ricordatevi del cielo. Trovarlo, in alcuni di quei lati, sarà un sospiro di sollievo. È il lato, dei mille e uno possibili, su cui immaginare e sperare il futuro.
Medio Oriente
Alphaville 11.11.2024, 18:05
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