Poesia e scuola

Storie fragili, storie universali

Una raccolta poetica che racconta la scuola e le vite che la attraversano, tra fragilità giovanile e responsabilità civile

  • Ieri, 17:00
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Di: Elia Bosco 

Andrea Bianchetti (Milano, 1984) vive a Bellinzona nella Svizzera italiana e fa l’insegnante nelle scuole professionali. Ha pubblicato diverse piccole collezioni di poesie: Sparami amore di cera (Alla Chiara Fonte, 2007), Estreme visioni di bianco (Alla Chiara Fonte, 2012) e, in collaborazione con l’associazione teatrale ticinese Opera retablO, Carneficine (ANAedizioni, 2013). Nel 2019 è uscito, per le edizioni Sottoscala, Gratosoglio, un poema dedicato alle origini, alla casa. Nel 2022 esce, per le edizioni Il Verziere di Locarno, Una poesia lunga.

«Le scuole professionali / sono una terra di niente». Ecco una raccolta di poesie dedicata alla scuola professionale e ai ragazzi incontrati dall’autore nel corso dei suoi anni di insegnamento: studenti spesso sconfitti, persi, smarriti, senza punti di riferimento, a cui è importante far comprendere che «non esiste uno studente di serie A e uno studente di serie B. Tutti, perché esseri umani, hanno diritto alla migliore formazione che possiamo offrire». Le loro difficili storie hanno segnato indelebilmente, e inevitabilmente, anche quella dell’autore, che scrive: «io mi sono accorto, / mi sono accorto di tutti voi. / il mio paradiso portatile»

Nota dell’editore

A. Bianchetti, Al figlio del pugile tremano le mani. Storie fragili di scuola, copertina

A. Bianchetti, Al figlio del pugile tremano le mani. Storie fragili di scuola, copertina

  • Interlinea

Raccontare la scuola attraverso la poesia significa entrare in un territorio dove la parola non è mai neutra: diventa un atto civile, un gesto di ascolto. È ciò che accade nel libro di Andrea Bianchetti, Al figlio del pugile tremano le mani. Storie fragili di scuola (Interlinea, 2025), una raccolta di quaranta componimenti che non si limitano a descrivere, ma interrogano profondamente il lettore. Cosa significa insegnare oggi? E cosa significa crescere in un mondo che sembra non avere spazio per la fragilità?

Il titolo è già una metafora potente: le mani che tremano non appartengono solo al figlio di un pugile, ma a ogni ragazzo che affronta la vita con paura e coraggio. È il simbolo di una condizione universale: crescere in bilico, tra il desiderio di riuscire e il peso delle sconfitte. In queste mani tremanti c’è la storia di chiunque abbia cercato di trovare il proprio posto nel mondo, e proprio per questo il libro non parla solo agli studenti, ma a chiunque.

Le poesie di Bianchetti non sono semplici ritratti: sono specchi. Raccontano vite segnate da difficoltà familiari, violenze, solitudini, migrazioni, precarietà economica. Ma in queste storie particolari si nasconde qualcosa di universale: il bisogno di essere visti, ascoltati, riconosciuti. Ogni ragazzo che entra in aula porta con sé un mondo, e quel mondo riguarda tutti noi. Perché chi legge queste pagine può ritrovarsi: nel futuro allievo che cerca un senso, nel futuro docente che si interroga sul proprio ruolo, nel genitore che vuole capire, nell’adulto che ricorda la propria adolescenza. Raccontare storie fragili non è un esercizio di pietà: è un modo per ricordare che la fragilità è la specifica condizione dell’umanità.

È una ragazza grande,
troppo grande per il suo banco.
È kosovara, allegra, gli occhi forti e tristi.
Ogni tanto mi dice
«Ma sì professore, sa com’è...
io non sono intelligente».

Correggendo il suo tema
sto attento alle doppie, alle “tt”,
alle “z”, agli apostrofi, anche ai plurali
spesso insicuri, sbagliati.

E mentre procedo a cerchietti
e commenti a lato del foglio,
leggo che appesa al suo armadio
c’è la fotografia di suo zio
con il quale è cresciuta
e che è morto da poco.
«La persona più importante per me»,
lo sottolinea con quella sua mano grande,
volgare, così ancora bambina.

Poso la penna.
Sto facendo la cosa giusta?

Questo è il mio lavoro?
Cerchiare? Commentare?

Scrivo in fondo:
«Brava, un ottimo testo:
avanti così»

Andrea Bianchetti, [È una ragazza grande]

Il libro illumina un aspetto spesso trascurato: la scuola professionale, percepita da molti come “di serie B”, è in realtà un crocevia di storie complesse. Non un rifugio, ma un luogo dove si intrecciano scelte di vita e percorsi di resilienza. Bianchetti lo dice chiaramente: prima della letteratura, bisogna ricostruire l’essere umano. E questo è il compito più difficile, perché chi ha perso fiducia in sé stesso non ha paura di perdere altro. Insegnare, allora, significa naufragare con loro, condividere il rischio, cercare insieme una via d’uscita. È un lavoro che non si chiude alla fine delle lezioni: invade la vita privata, chiede tutto, e spesso lascia ferite. L’autore non si nasconde: racconta la propria inadeguatezza, le notti invase dai pensieri, il peso emotivo di un mestiere che è prima di tutto relazione. Accanto alle storie degli allievi, emergono frammenti autobiografici: la paternità, il senso di responsabilità che diventa parte dell’identità. Questa permeabilità tra scuola e vita è uno dei nuclei più intensi del libro: perché insegnare non è mai solo un lavoro, è una forma di presenza che chiede di esserci, sempre.

La scrittura di Bianchetti è limpida, diretta. Ogni verso è un gesto di prossimità. La raccolta si legge come un romanzo corale, dove ogni componimento è autonomo ma contribuisce a un crescendo narrativo. È un’opera che interroga il lettore: come si restituisce dignità a chi si sente “di serie B”? Come si educa in un tempo dominato dalla superficialità dei social, dall’assenza di spazi sacri? La poesia diventa qui un atto civile, un modo per pensare a un mondo migliore, anche solo per il tempo di una lezione.

Al figlio del pugile tremano le mani è un libro necessario per chi ama la poesia, ma anche per chi vuole capire la scuola contemporanea, le sue sfide e le sue ferite. È una lettura che parla agli insegnanti, agli studenti, ai genitori, e a chiunque creda che l’educazione sia prima di tutto relazione. Perché raccontare storie di ragazzi e ragazze significa raccontare l’essere umano: le nostre fragilità, i nostri sogni, la nostra capacità di resistere e di rinascere.

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