Come ogni anno i bookmaker inglesi hanno pubblicato le quote per le scommesse sul vincitore del prossimo Nobel per la Letteratura 2025, che verrà assegnato a Stoccolma domani, giovedì 9 ottobre. I primi nomi della lista? Eccoli: Gerald Murnane (5/1), László Krasznahorkai (6/1), Cristina Rivera Garza (9/1), Haruki Murakami (11/1), Mircea Cărtărescu (11/1), Thomas Pynchon (11/1). Tutti gli altri li trovate qui: ci sono anche Michel Houellebecq, Jamaica Kincaid, Salman Rushdie, Colm Tóibín, Karl Ove Knåusgaard, Isabel Allende, Joyce Carol Oates, Margaret Atwood, Paul Simon e Stephen King (dato 49/1).
Se nella vulgata è ancora diffusa l’idea che il premio letterario più ambito al mondo finisca sempre nelle mani di qualcuno del tutto imprevisto, la realtà dei fatti è piuttosto differente: nel 2022 vinse la francese Annie Ernaux, che era la quarta più quotata (data 12 a 1); nel 2023 il Nobel andò al norvegese Jon Fosse che era il secondo più quotato (5/1; nota a margine: Vaim, il nuovo romanzo, uscirà in italiano il 21 ottobre); un pochino più sorprendente la vittoria di Han Kang lo scorso anno, che comunque era la ventisettesima più papabile con il suo 33/1, e un’autrice piuttosto nota anche a livello mainstream.

Haruki Murakami, 2025
In effetti, solo il Nobel 2021 a Abdulrazak Gurnah era risultato del tutto imprevedibile per i “bookies” (e per chiunque altro: a conti fatti – e libri letti – possiamo pure dire che, pur restando a quell’assegnazione il merito di aver posto l’attenzione del mondo su una letteratura sconosciuta come quella della Tanzania, si sono visti Nobel per la Letteratura con bibliografie migliori). Solo lui, dato che Louse Glück nel 2020 era nuovamente ben quotata, e così Peter Handke e Olga Tokarczuk prima di lei.
Ma veniamo ai “quotati” di oggi. Primo assoluto è l’australiano Gerald Murnane, che può risultar nome sconosciuto al lettore casuale, ma non lo è più per quello avveduto (o che segue da qualche anno il toto-Nobel): il suo nome ha cominciato a far capolino tra i papabili nel 2017, quando a vincere fu Kazuo Ishiguro, con una quotazione di 50/1, e da allora non ha fatto altro che scalare posizioni, essendo stato il secondo più quotato l’anno scorso (12/1, dietro a Can Xue, scrittrice cinese che oggi pare un po’ meno sotto i riflettori svedesi) e il terzo più quotato due anni fa (7/1, di nuovo dietro a Can Xue e al vincitore Jon Fosse).
Oggi Murnane, dal suo villaggio in Australia (da dove mai è uscito, dettaglio che tutti godono sempre a far notare, come se nelle idiosincrasie si celasse il segreto della grande letteratura) si gode la prima posizione, e di certo una sua premiazione farebbe felici i lettori che l’hanno scoperto grazie all’abilità della piccola casa editrice indipendente Safarà, che ha pubblicato tutti i suoi libri disponibili in italiano a parte uno (i racconti completi di Corpi idrici, acquisito l’anno scorso dalla Nave di Teseo), e sta per pubblicarne un altro, Distretti di confine, considerato tra i suoi migliori.
Ora, che Murnane sia un grandissimo scrittore – e uno scrittore diverso da tutti gli altri (anche se si potrà obiettare che questa è caratteristica precipua dei grandissimi scrittori) – non c’è dubbio, e la sua vittoria sarebbe del tutto legittima; tuttavia, considerando quanto sconosciuto sia ancora presso il grande pubblico, resterebbe difficile non pensarla, al netto delle quote, come una scelta di quelle fatte per stupire, figlia proprio di quella certa logica che la vulgata malignamente attribuisce all’Accademia Svedese.
Cosa che ci porta alla logica del Nobel, dato che ognuno gli attribuisce la propria: va pensato come un premio da dare a chi ha appena toccato il picco, e va quindi sostenuto? Oppure come un premio alla carriera? Oppure finiscono sempre per prevalere logiche di tipo geopolitico, come da altra frequente accusa all’Accademia?

Mircea Cărtărescu, 2025
Se si guarda a chi è nel pieno della propria fioritura artistica, sarebbe una bella notizia per la letteratura un Nobel al romeno Mircea Cărtărescu (suoi capolavori da leggere: Abbacinante e Solenoide) o a László Krasznahorkai (Satantango, Melancolia della resistenza), a ulteriore conferma, dopo quello a Tokarczuk, della scintillante vitalità del romanzo dell’Europa centro-orientale; e forse ancor più lo sarebbe un Nobel a Anne Carson, dato che andrebbe a premiare anche la più estrema arditezza nell’ibridazione tra forme e generi.

Laszlo Krasznahorkai, 2025
Se facciamo invece prevalere il secondo principio, allora in questa lista di favoriti ce n’è uno che sbaraglia tutti: naturalmente Thomas Pynchon, per qualità dei testi e loro influenza (niente Cărtărescu senza Pynchon, solo per dirne una); se da un lato il suo nome ha appena avuto un doppio glow-up nella memoria dei letterati e del pubblico con il nuovo romanzo Shadow Ticket uscito proprio ieri, 7 ottobre, e l’adattamento del suo Vineland da parte di Paul Thomas Anderson in proiezione in tutte le sale del mondo, dall’altro la sua fama di recluso, che non si è mai fatto vedere in pubblico durante la sua carriera ormai ultrasessantennale, lo rende poco appetibile per l’Accademia, che non gradisce assenze al momento della consegna del premio.
Michel Houellebecq, 2015
Dietro di lui, seguendo la medesima logica, l’Europa può schierare il buon Michel Houellebecq, che non avrà avuto la stessa influenza transmediale globale, ma resta pur sempre uno dei maggiori autori viventi. Cosa che si potrebbe dire anche di Joyce Carol Oates, ma anche al di là della fantasmaticità pynchoniana resta difficile immaginare un Nobel che torna negli USA, dove è già approdato ben dieci volte. L’unica possibilità potrebbe venire proprio da una lettura “geopolitica” del premio, caso però in cui il favorito finirebbe per essere Stephen King, da sempre molto attivo nel contestare Trump – e da molto prima che questi cominciasse il suo giro di vita autoritario.

Joyce Carol Oates, 2006
In condizioni normali, un Nobel per la Letteratura dato per ragioni politiche, non importa quanto condivisibili, sarebbe una notizia poco buona, così come un Nobel dato a un autore solo per la sua popolarità (e infatti non sarebbe una gran notizia un Nobel dato al pur piacevolissimo Murakami, come auspica da anni chiunque frequenti poco le librerie e veda dunque come un filotto di sconosciuti quella lista di quotati), ma nel caso di King sarebbe diverso: un tal favoritismo farebbe da contrappeso ai decenni di sottovalutazione e stigma che ha subito in quanto autore horror (e con lui tutti gli autori e le autrici di speculative fiction: casi in cui la popolarità è un danno, in termini di premi) e ne uscirebbe un Nobel che, per una volta, “farebbe giustizia” – e non solo rispetto all’autore che più ha influenzato l’immaginario del Novecento, ma anche rispetto all’horror e al fantastico tutto.

Assegnato il Nobel per la medicina
Telegiornale 06.10.2025, 20:00