Dopo una silenziosa battaglia contro un tumore, si è spento a 51 anni D’Angelo, figura chiave del genere neo soul. Vero nome Michael Eugene Archer, l’artista statunitense in 30 anni di carriera ha pubblicato tre dischi: Brown Sugar (1995), Voodoo (2000) e Black Messiah (2014). Pochi ma sufficienti per imprimere un marchio indelebile nella musica, e non solo in quella di matrice black.
”Voodoo 25”
Soulovers 26.01.2025, 21:00
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A tracciarne un ricordo è Max Rossi, voce della trasmissione di Rete Tre Soulovers. «Il termine neo soul esiste perché è arrivato D’Angelo sulla scena» fa notare il conduttore radiofonico, «è stato coniato dal suo manager di allora per la sua caratteristica straordinaria di saper sintetizzare tutta la storia della black music fino a quel momento mescolandola allo Zeitgeist, mostrando una nuova via percorribile».
Una direzione stilistica innovativa, seguita anche al di fuori del circuito neo soul. «La cosa incredibile è che la sua eredità è sostanzialmente l’r’n’b degli ultimi 30 anni» osserva Rossi, che per sottolinearne la lungimiranza cita un’intervista rilasciata da D’Angelo ai tempi di Voodoo: «Raccontava che il movimento del pop stava subendo una trasformazione: così come negli anni ‘50 il rock’n’roll fu fondamentale per cambiare la faccia della musica popolare, in quegli anni lui vedeva il funk come nuovo motore per dare una svolta al pop».
Le influenze della sua musica si possono sentire nella produzione di molti colleghi, da Beyoncé (fra gli artisti che lo hanno omaggiato in queste ore) a B.B. King, che già negli anni ’90 lo chiamò a partecipare a un suo disco. Anche il jazz rientra in questo discorso, se pensiamo ai cambiamenti portati dal trombettista Roy Hargrove, che «fu l’arrangiatore della sezione fiati di D’Angelo per i suoi dischi dopo Brown Sugar».
Assieme al musicista e produttore Raphael Saadiq, D’Angelo stava ultimando il suo nuovo disco, che uscirà postumo.
Se oggi esiste il neo-soul è grazie a D’Angelo
Alphaville 15.10.2025, 11:20
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