Società

Città-spugna: anatomia di una rivoluzione urbana

La Svizzera e il Ticino verso il 2050: come costruire città più resilienti, capaci di assorbire il cambiamento climatico 

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Parco Casarico Sorengo

Parco Casarico, Sorengo

Di: red./cava 

Federica Corso Talento non parla di città come se fossero semplici agglomerati urbani. Le immagina come organismi viventi, capaci di respirare, assorbire, adattarsi. Architetto e urbanista con una lunga esperienza nel campo della sostenibilità, promuove da anni il concetto città-spugna, che non è solo una metafora. ma un modello concreto per affrontare il cambiamento climatico.

«Se l’acqua tracima, come sta accadendo oggi con gli effetti del riscaldamento globale, abbiamo due soluzioni: chiudere il rubinetto e aprire lo scarico», spiega, usando l’immagine di una vasca da bagno per descrivere il nostro sistema ecologico. Chiudere il rubinetto significa ridurre le emissioni. Aprire lo scarico significa aumentare la capacità delle città di assorbire gli shock ambientali. In altre parole: diventare resilienti.

La Svizzera sta facendo progressi significativi verso la sostenibilità urbana, con alcune città che emergono come pioniere. Basilea, in particolare, si distingue con l’obiettivo di diventare la prima amministrazione cantonale a raggiungere la neutralità carbonica entro il 2027, seguita dall’intero cantone nel 2030.

A livello nazionale, la Strategia energetica 2050 (anno in cui la Svizzera mira al netto zero) punta a ridurre il consumo energetico del 43% entro il 2035 rispetto ai livelli del 2000. Questo obiettivo ha spinto molte città a investire in infrastrutture sostenibili.
Per affrontare questa sfida, molte stanno adottando strategie di “città-spugna”. Zurigo, ad esempio, ha implementato il programma “Più verde per Zurigo”, che mira a aumentare del 10% le aree verdi entro il 2030.

Il Ticino sta ancora lavorando per sviluppare un approccio più integrato. La sfida rimane quella di coordinare gli sforzi tra i vari livelli di governo e settori per creare città veramente resilienti.

La resilienza non è solo una questione tecnica. È una forma di intelligenza collettiva. «Una città resiliente è una città che attutisce il colpo, che resiste, che non si spacca», dice Corso Talento. E per costruirla serve una visione condivisa, una regia che faccio collaborare diversi attori: cantoni, comuni, cittadini. In Ticino, questa sinergia è ancora troppo debole. «Il nostro cantone sta lentamente approcciando il cambiamento, ma in modo ancor troppo frantumato», osserva.

17:09

Città spugna, città resilienti

Alphaville 07.08.2025, 11:45

  • ©Tipress
  • Natascha Fioretti

Il confronto con altre realtà è inevitabile. Copenaghen punta alla neutralità carbonica già nel 2025. Basilea vuole diventare la prima amministrazione cantonale a netto zero entro il 2027. E mentre alcune città stringono accordi internazionali per il clima, il Ticino si muove con passi più cauti. Eppure, ci sono segnali incoraggianti. «La gestione dei fiumi, in particolare con il Dipartimento del Territorio, ha agito in modo esemplare», riconosce Corso Talento, citando progetti di rinaturalizzazione che restituiscono spazio ai corsi d’acqua.

Ma non basta. Serve un cambio di paradigma. «Non possiamo pensare che il solo cambiamento di atteggiamento cantonale possa incidere sull’operatività dei vari Comuni della città-Ticino», avverte. La resilienza urbana non si costruisce con interventi isolati, ma con una strategia integrata che tenga insieme ambiente, salute, economia. Uno studio del Politecnico di Losanna stima in 1,2 miliardi di franchi all’anno i costi sanitari aggiuntivi legati agli effetti del cambiamento climatico. Ignorare questi numeri significa scegliere di pagare il prezzo dell’inazione.

Per questo Corso Talento ha ideato il corso “La città verde/blu: progettare in chiave resiliente” presso la SUPSI, che partirà il 18 settembre, aperto a tutti, in particolare ai responsabili degli uffici tecnici comunali e ai municipali dei comuni ticinesi. È un invito alla formazione, ma anche alla responsabilità. «Questo sapere deve essere condiviso», afferma. Perché la resilienza non è un lusso da esperti, ma una necessità collettiva.

Le città del futuro non saranno solo più verdi o più blu. Saranno più consapevoli. Più capaci di assorbire, adattarsi, reagire. E forse, più capaci di ascoltare chi le abita.

11:02

Il lento cammino delle città spugna

Alphaville 14.08.2025, 11:45

  • Imago Images
  • Omar Teoldi

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