Società

Conoscenza aperta e diritto d’autore: un equilibrio possibile?

Un accesso aperto alla conoscenza può far progredire la ricerca e la cultura, e renderle più inclusive e eque. È un futuro possibile, ma ci sono diversi ostacoli. Tra cui il capitalismo culturale

  • 9 settembre, 08:23
  • 11 settembre, 09:30
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Aaron Swartz

  • Keystone
Di: Elena Panciera 

Mi capita spesso di confrontarmi con colleghe e colleghi che si occupano di giornalismo, divulgazione, attivismo, ricerca, sulla questione dell’appropriazione e dell’uso indebito di contenuti. In altre parole, di plagio: «il fatto di chi pubblica o dà per propria l’opera letteraria o scientifica o artistica di altri; anche con riferimento a parte di opera che venga inserita nella propria senza indicazione della fonte» (Vocabolario Treccani).

Ancora oggi, nel 2024, è opinione diffusa che quello che sta su internet sia di dominio pubblico: «Se si trova su Google allora lo posso usare». Ma anche: «Se non vuoi che venga usato, allora non pubblicarlo sui social». La cosa più inquietante è che si appropriano di contenuti senza citare le fonti anche persone addette ai lavori, esperte di digitale, guru della comunicazione. Nonché gente che fa ricerca, e perfino attivismo.

La questione del diritto d’autore è complessa. Negli ultimi anni si è ulteriormente complicata con l’avvento di piattaforme social che detengono una licenza d’uso dei contenuti che vengono pubblicati (come Facebook e Instagram) o, più di recente, di intelligenze artificiali generative che addestrano i propri algoritmi su database ignoti (come Chat GPT e Mid Journey).

Partiamo da alcune definizioni: il “copyright” è un insieme di diritti legali che proteggono le opere intellettuali e artistiche originali: testi, musiche, video, sculture, dipinti, fotografie, ma anche software, giochi e altri prodotti creativi. In pratica, solo chi produce l’opera ha il diritto di riprodurla, distribuirla, mostrarla, eseguirla e rielaborarla, creando nuove opere, ma anche di concederne l’uso.

L’equilibrio tra protezione del diritto d’autore e necessità di condividere la conoscenza, perché scienza e cultura progrediscano, è però delicato.

Fin dal medioevo, l’autorità di un’idea è sostenuta dalle idee di chi l’ha preceduta. Pensiamo al cosiddetto “aforisma dei nani e dei giganti”, sulla cui storia e fortuna consiglio il gustoso saggio di Umberto Eco “Nani sulle spalle dei giganti”, storia di un aforisma (Enciclopedia Treccani, 2014).

La ricerca segue (o dovrebbe seguire) princìpi di integrità, trasparenza e responsabilità nella produzione e nella diffusione della conoscenza. Citare le fonti e attribuire l’autorialità delle opere è l’unica scelta legalmente e eticamente corretta. Anche il giornalismo e la divulgazione dovrebbero seguire gli stessi princìpi.

Quindi, non tutto quello che si trova in rete è utilizzabile senza alcuna regola, anzi. Esistono però alcuni modi per condividere i contenuti senza autorizzazione, ma ovviamente citando la fonte, nel nome del progresso culturale e scientifico. Per il principio del “fair use” (uso equo), negli Stati Uniti si possono usare materiali protetti da copyright senza autorizzazione, purché in modo limitato e con scopi scopi di critica, commento, educazione, notizia e ricerca. Anche in molti Stati europei, tra cui la Svizzera e l’Italia, sono in vigore princìpi assimilabili a quello del fair use.

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Ceative Commons

Per chi si occupa di giornalismo, ricerca, attivismo, divulgazione, esiste un modo per tutelare i propri contenuti e favorirne una redistribuzione equa: si chiama Creative Commons, e «fornisce licenze gratuite, strumenti che i titolari dei diritti d’autore e dei diritti connessi possono utilizzare per consentire ad altri di condividere, riutilizzare e remixare legalmente le proprie opere. Il rilascio di materiale con una delle sei licenze CC chiarisce agli utenti cosa possono o non possono fare».

Strettamente collegato al problema del copyright, c’è il problema dell’accesso aperto alle “opere d’ingegno”. Da un lato è giusto che chi le produce venga remunerato per il proprio lavoro, ma dall’altro viviamo in un sistema in cui la conoscenza è parte del sistema capitalistico, ed è detenuta da una piccolissima élite – tendenzialmente occidentale, bianca, ricca, e via dicendo, come ben spiega Paola Chiara Masuzzo nella presentazione Spazi alternativi di sapere e di vita, su conoscenza libera, democrazia sociale e il sogno di una nuova accademia (tenuta nella Biblioteca Dario Nobili a Bologna, nel 2023).

La lotta per la libera condivisione della conoscenza, oggi, è una lotta per il potere, come ricorda Aaron Swartz nel manifesto del Movimento di guerriglia Open Access: «L’informazione è potere. Ma come ogni potere, c’è chi vuole tenerlo per sé». E aggiunge: «Non c’è giustizia nel rispettare leggi ingiuste. È tempo di uscire allo scoperto e, nella grande tradizione della disobbedienza civile, dichiarare la nostra opposizione a questo furto privato della cultura pubblica».

Infatti esiste un movimento sempre più ampio, nella comunità scientifica ma non solo, che promuove l’accesso aperto alla conoscenza: ne traccia la storia il ricercatore e attivista Jonathan Tennant, nella sua raccolta di scritti The [R]evolution of Open Science (ovviamente disponibile gratuitamente su Zenodo). «La conoscenza è aperta se ogni persona è libera di accederci, usarla, modificarla e condividerla»: questa la definizione dell’Open Knowledge Foundation.

«La scienza aperta non dovrebbe solo promuovere una maggiore condivisione della conoscenza [...], ma anche promuovere l’inclusione e lo scambio di conoscenze da parte di persone storicamente marginalizzate (come donne, minoranze, ricercatori e ricercatrici indigenə e di paesi svantaggiati) e contribuire a ridurre le disuguaglianze di accesso allo sviluppo scientifico, alle infrastrutture e alle capacità tra diversi paesi e regioni» (UNESCO Recommendation on Open Science, traduzione di Masuzzo).

Un futuro possibile, per Swartz e per le tantissime persone che si battono per questo obiettivo di inclusione e equità: «Se in tutto il mondo saremo in numero sufficiente, non solo manderemo un forte messaggio contro la privatizzazione della conoscenza, ma la renderemo un ricordo del passato. Vuoi essere dei nostri?» (Schwarz, Movimento di guerriglia Open Access).

Per esplorare un’altra parte di Internet

Millevoci 12.05.2023, 11:05

  • Festival "Conversazioni sul Futuro", Lecce

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