«C’è qualcosa che non quadra a livello di società. Sia i genitori che la scuola devono dare una mano» ha dichiarato Patrick Gobbi, presidente del Gruppo Direttori di Scuola Media del Luganese nel servizio Mal di scuola, di Oscar Acciari e Marco Dalla Fiore, andato in onda in Falò martedì 3 settembre. Un servizio nel quale si descrive da vicino un disagio psicologico che in Ticino i ragazzi delle scuole medie negli ultimi anni vanno sempre più esprimendo. Paura del fallimento scolastico e del confronto con docenti e con i compagni che causa nei ragazzi ansia da prestazione. Tutto ciò induce il moltiplicarsi di situazioni di assenteismo scolastico, che portano addirittura all’abbandono degli studi, in età di scuola dell’obbligo.
Mal di scuola
Falò 03.09.2024, 20:40
Nell’anno scolastico 2023 -2024 in Ticino su 11’937 allievi delle scuole mede 385 hanno segnato assenze per almeno 200 ore di lezioni all’anno. Una cifra altissima considerato che nel 2018 - 2019, prima della pandemia, i casi di assenze gravi erano 67. Vi è stato dunque un aumento di 218 casi.
E ben 95 giovani che nello scorso anno scolastico non si sono presentati alle lezioni per almeno 400 ore. Prima della pandemia i casi erano 11. Un aumento dell’assenteismo quasi decuplicato e che naturalmente preoccupa parecchio i direttori di scuola media.
A fine aprile 2024 il Gruppo regionale del luganese dei direttori di scuola media ha scritto al DECS, al DSS e al Dipartimento Istituzioni. Vi viene espressa preoccupazione per il grave disagio tra gli allievi e per l’assenza di soluzioni di appoggio educativo e di una concreta presa a carico.
La domanda richiede una risposta immediata Come cogliere l’appello della conferenza dei direttori delle scuole medie del Luganese?
Una risposta possibile giunge dall’USI di Lugano, dove negli scorsi giorni si è tenuto il convegno dal titolo Scienza e salute mentale - La scienza al servizio del benessere e della salute mentale, un evento rivolto al grande pubblico che ha affrontato questioni di pressante attualità, tra gli adolescenti, ma non solo.
Una linea l’ha segnata Andrea Raballo, intervistato da Natascia Bandecchi e Nicola Colotti per Millevoci. Professore di psichiatria alla Facoltà di Scienze Biomediche dell’Università della Svizzera Italiana: «La scienza al servizio del benessere, della salute mentale non va intesa solo come neuroscienze, come cervello, ma va intesa come una costellazione di scienze che vanno dall’economia sanitaria alla psicologia ad altre aree insomma di scienze apparentemente più soft, come la sociologia, che però hanno un impatto per la definizione dei servizi per l’intercettazione dell’utenza che va al di là dell’aspetto più strettamente neurobiologico»
Scienza e salute mentale
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E detto così suona bene è molto ampio, ma è una sfida non da poco. Ma quali sono gli strumenti per affrontare questa sfida?
Quando si parla di benessere, si pensa spesso al benessere in senso anche un po’ meccanico, superficiale, forse edonistico. Il concetto di benessere oggi è più, come dire, olistico, onnicomprensivo, riguarda ogni aspetto dell’individuo. E quando si parla dell’individuo si parla del centro nevralgico dell’individuo, cioè il cervello. Da questo punto di vista perché con lo sviluppo delle neuroscienze, delle nuove conoscenze, anche legate all’ambito psichico psicologico degli individui, sembra che si aprano veramente praterie di analisi e di azione. Secondo lei in che direzione dovremmo muoverci?
«Non è semplicemente un individuo appunto, isolato che in qualche maniera soffre, ma c’è un contesto che è in sintonia con questa sofferenza e che questa sofferenza la percepisce. Che essa venga manifestata con i comportamenti, con un disagio relazionale oppure con una sotto performance scolastica sono comunque diciamo così, manifestazioni che vengono percepite anche al di là della persona ed è per questo che credo sia difficile pensare alla salute mentale come qualcosa che non è strettamente intersoggettivo o che non è comunque relazionale. E molto spesso per poter avere questo dialogo e questa apertura, questa richiesta d’aiuto, è necessario uno spazio di fiducia» così Andrea Raballo medico psichiatra responsabile della formazione accademica e della ricerca presso l’Organizzazione sociopsichiatrica cantonale che coclude: «Ma la fiducia sia in un contesto relazionale che sia con gli insegnanti, con i genitori, con i pari, con gli amici, con uno specialista o con una figura di riferimento che può essere allenatore di calcio anziché il parroco. Però sono questi gli spazi in cui comunque la sofferenza può trovare diciamo così un riconoscimento e anche un invio per un supporto specialistico».
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