Ci sono momenti in cui la storia non si scrive nelle piazze o nei parlamenti, ma nelle stanze di una casa qualunque. Gesti che sembrano piccoli, ma che portano dentro di sé il peso di una nuova rivoluzione socioculturale. Una madre che ascolta il pianto del figlio senza zittirlo, un padre che prova a nominare emozioni che non ha mai imparato a riconoscere. Ed è lì, nelle pieghe della vita quotidiana, che si sta consumando il tentativo di guarire il passato mentre si costruisce il futuro.
I millennial sono la prima generazione a tentare di fare proprio questo. Non si limitano a crescere i propri figli, ma cercano di rieducare sé stessi. In inglese viene chiamato reparenting: un processo psicologico che punta a prendersi cura dei bisogni emotivi ignorati durante l’infanzia. Secondo indagini internazionali, oltre il 68% dei genitori millennial dichiara di praticarlo. Una cifra che racconta una trasformazione silenziosa, ma profonda: per la prima volta nella storia, la genitorialità diventa anche un atto di guarigione personale.
In psicologia viene chiamata genitorialità consapevole e la novità non è solo culturale, ma neuroscientifica. Daniel Siegel, psichiatra e autore di The Developing Mind (2020), descrive questo fenomeno come “neuroplasticità duale”: due cervelli che si rimodellano simultaneamente. Da un lato, quello dei genitori, che passa da schemi di sopravvivenza a schemi di sicurezza; dall’altro, quello dei figli, che viene programmato per crescere in stabilità. Guarigione e genitorialità attivano gli stessi circuiti neurali – amigdala e corteccia prefrontale – responsabili di paura e regolazione. Questo sforzo cosciente – secondo i ricercatori Thomason e Marusak - influenza in modo significativo le traiettorie dello sviluppo neurologico dei figli, incoraggiando un senso di resilienza e regolazione emotiva storicamente assenti in passato. Così facendo, si rimodellano attivamente schemi di trauma intergenerazionali, favorendo un ambiente familiare che promuove un attaccamento sicuro e lo sviluppo di una maggiore intelligenza emotiva. Non sorprende che la pazienza sia spesso difficile da mantenere: i millennial combattono la programmazione ricevuta nell’infanzia mentre insegnano calma e fiducia ai propri bambini.
Le ricerche degli ultimi anni confermano questa trasformazione. Uno studio del Pew Research Center (2023) ha rilevato che il 41% degli intervistati afferma che essere genitori è faticoso e il 29% lo descrive come stressante “tutta o la maggior parte del tempo”. Secondo un’indagine realizzata dal Wexner Medical center dell’Università dell’Ohio il 66 per cento dei genitori si sente isolato e il 62 si dichiara esausto. I più alti livelli di esaurimento emotivo mai registrati. La pressione di rompere i cicli generazionali da soli, senza reti di sostegno consolidate, ha un costo elevato.
Eppure, proprio in questa vulnerabilità si trova la forza di un cambiamento epocale. Secondo un’analisi del Collage Group (2025), i genitori millennial sono iperconnessi e cercano ispirazione da fonti digitali, ma al tempo stesso sono ossessionati dal “fare la cosa giusta”. Una tensione che li porta a ridefinire le dinamiche familiari e le norme relazionali con un impatto diretto sul modo in cui le nuove generazioni percepiscono il rapporto tra lavoro, vita privata e affetti.
https://rsi.cue.rsi.ch/cultura/societa/%C2%ABLascia-che-pianga-tanto-si-addormenta-da-soloa%C2%BB--3019791.html
Il confronto con le generazioni precedenti è netto. I millennial sono cresciuti con regole come «non piangere», «sii riconoscente», «non rispondere». Oggi insegnano ai figli: «dimmi cosa provi», «va bene piangere», «risolviamo insieme». È un cambio di paradigma che non va letto come debolezza, ma come evoluzione culturale. La genitorialità diventa così un atto di guarigione collettiva: mentre si educano bambini capaci di riconoscere e gestire le emozioni, si ricostruiscono le basi di un nuovo modello sociale.
Questo mutamento graduale ha implicazioni profonde. Non si tratta solo di crescere figli più consapevoli, ma di creare una cultura della genitorialità che mette al centro la salute mentale e la resilienza emotiva. È un gesto politico e culturale insieme: guarire il passato e preparare il futuro. In questo senso, i millennial stanno dimostrando che crescere significa anche ricrescere, e che la genitorialità può essere il terreno su cui si costruisce una società più empatica e stabile.
La sfida, tuttavia, resta aperta. Certo, i dati mostrano che il prezzo emotivo è alto e che il rischio di esaurimento è reale. Ma forse proprio in questa fatica si nasconde la forza di una generazione che ha scelto di non trasmettere il dolore ricevuto, ma di trasformarlo. È un atto di responsabilità che va oltre la famiglia e che riguarda la cultura nel suo insieme. Perché ogni bambino cresciuto con la possibilità di dire «sto male» o «ho paura»“ senza sentirsi giudicato è un tassello di una società più capace di ascolto.
I millennial, con la loro genitorialità fragile e potente, stanno scrivendo una nuova pagina della storia. Non sappiamo se riusciranno a spezzare del tutto i cicli del passato, ma sappiamo che hanno avuto il coraggio di provarci. E questo, già di per sé, è un gesto rivoluzionario.
Capricci dei bimbi, cosa fare?
Prima Ora 10.11.2025, 18:00




