Società

La Svizzera e il microdosing

Il microdosaggio di sostanze psichedeliche è sempre più in voga, sebbene non sia ancora legale. Ciò che invece è legale è la psicoterapia assistita con queste sostanze, come spiega il dottor Gabriel Thorens dell’Ospedale Universitario di Ginevra

  • 27 settembre, 07:44
  • 27 settembre, 10:28
Microdosing  Foto Karolina Kamboopics.jpg
  • Foto Karolina Kamboopics
Di: Virginia d’Umas 

James Fadiman, psicologo e scrittore americano, conosciuto come il “Padre del Microdosing” per le sue esplorazioni pionieristiche e gli studi scientifici in tale ambito, descrive il microdosaggio come “l’assunzione regolare di una piccola quantità di una sostanza psichedelica”, più comunemente LSD o psilocibina (una triptammina psichedelica presente in alcuni funghi allucinogeni), per migliorare le funzioni cognitive, promuovere il benessere mentale ed emotivo, aumentare l’energia fisica, rimanere più concentrati e trattare la depressione, l’ansia e le dipendenze.

L’attuale popolarità del microdosing può essere fatta risalire a un libro molto conosciuto fra i cosiddetti microdosers e ricercatori appassionati, “The Psychedelic Explorers Guide”, dello stesso James Fadiman. Questa è stata di fatto la prima pubblicazione a descrivere dettagliatamente il microdosaggio. Qui Fadiman illustra i presunti benefici di una pratica regolare, con la raccomandazione di seguire un protocollo da lui ideato con le linee guida per le dosi appropriate, “The Fadiman Protocol”.

Parlando nello specifico di dosaggio, per stabilire la quantità esatta che costituisce una microdose si deve tener conto della tipologia di sostanza usata, dei diversi metodi di preparazione (ad esempio, funghi essiccati o freschi) e della risposta individuale ad una data sostanza: la risposta soggettiva può variare in base a diversi fattori e variabili da prendere in considerazione.

La definizione più comunemente riportata nella comunità scientifica è che una microdose è una dose compresa tra circa un decimo e un ventesimo di una tipica dose psichedelica/ricreativa, si tratta di una quantità sub-percepibile che non interferisce con le funzioni quotidiane e non causa alterazioni della percezione o allucinazioni.

La nascita del microdosing

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  • Foto Marek Piwnicki

Anche se non si conoscono le origini esatte del microdosaggio, sappiamo che molte culture tradizionali hanno da sempre incorporato l’uso di piante psichedeliche in molti aspetti della vita quotidiana.

Queste sostanze venivano utilizzate come catalizzatori di esperienze religiose, durante rituali ma anche a dosi più basse come afrodisiaci, per ridurre la fame, ispirare coraggio, annullare il dolore e trattare disturbi come la gotta per ottenere benefici terapeutici.

La pratica moderna del microdosaggio è di fatto un fenomeno piuttosto recente. Albert Hofmann, il grande chimico svizzero scopritore dell’LSD, menzionò di sfuggita l’uso di dosi molto basse di LSD (25 microgrammi) durante un’intervista del 1976; Stanislav Grof, psichiatra e ricercatore da cinquant’anni degli stati di coscienza non ordinari, sviluppò la psicoterapia transpersonale come forma di terapia psichedelica assistita che prevedeva l’uso di piccole quantità di LSD. Ad ogni modo non ci sono state ricerche formali sul microdosaggio prima della proibizione della ricerca psichedelica nel 1966.

Da anni ormai, la ricerca ha ripreso il suo corso e ad oggi ci sono diverse reviews e studi sul microdosaggio con psichedelici (principalmente LSD e psilocibina) e sono state condotte una serie di interviste con microdosers i quali hanno riportato risultati generalmente positivi, tra cui un miglioramento dell’umore, dei livelli di energia e della cognizione, una riduzione delle emozioni negative e una maggiore apertura mentale e creatività.

Serve però precisare che nonostante i dati raccolti attraverso tali studi, ad oggi i dati non sono ancora del tutto esaustivi in termini quantitativi e sufficienti per la valutazione del profilo sicurezza/efficacia per tutte le categorie di persone analizzate.

Come ricorda lo psichiatra James Rucker, “vero è che non conosciamo ancora gli effetti a lungo termine del microdosing perché sono necessarie ancora molte ricerche”.

Un po ‘di scienza… 

Connessioni neuronali  Foto Bl∡ke .jpg
  • Foto Bl∡ke

La psilocibina, è una molecola che si lega ai recettori della serotonina che sappiamo essere l’ormone del buon umore e della felicità, ma non solo, la serotonina gioca anche un ruolo importante nella capacità di apprendimento e memoria. Questo perché molecole come la serotonina, ovvero neurotrasmettitori, permettono la comunicazione in tutto il cervello e nel corpo: i nostri neuroni, come si dice in gergo scientifico, “sparano” continuamente e usano i neurotrasmettitori come percorsi, possiamo dire metaforicamente che i neurotrasmettitori sono le strade e i neuroni sono i veicoli.

La psilocibina crea nuove strade secondarie che conducono a destinazioni completamente inesplorate, oppure può collegare altri percorsi o ancora può rimodellare gli schemi di pensiero seguendo nuovi modelli e ri-cablando la nostra mente, influenzando così la neuroplasticità, ossia la capacità del nostro cervello di cambiare, e la neurogenesi, ovvero il processo attraverso il quale vengono generati nuovi neuroni. Le sostanze che agiscono su determinati recettori della serotonina influenzano anche l’amigdala, l’ippocampo e la corteccia prefrontale: queste tre strutture cerebrali svolgono un ruolo fondamentale nell’elaborazione delle emozioni, della paura, nell’apprendimento e nella memoria, per cui l’attivazione di queste aree può influenzare le nostre risposte alle situazioni di stress e può essere di supporto nell’elaborazione di eventi traumatici come PTSD (disturbo post-traumatico da stress). Nello specifico la psilocibina permette di processare le proprie emozioni riducendo l’attività dell’amigdala e attivando così un processo di self-healing, permettendo di accedere al proprio subconscio. La psilocibina sembra anche diminuire le connessioni fra aree del cervello preposte alla pianificazione e al processo decisionale, questo può aiutare a gestire situazioni di ansia generalizzata.

Inoltre, questo e altri psichedelici stimolano la sintesi di una proteina chiamata BDNF, o abrineurina, che garantisce la funzionalità delle cellule cerebrali esistenti e permette la produzione di nuove cellule.

Infine, c’è anche la connessione fra psilocibina e DMN (sistema della condizione di default), ovvero una rete neurale distribuita in diverse regioni, che viene attivata durante le ore di riposo e passive. Diversi studi evidenziano come si verifichi una diminuzione nell’attività del DMN durante l’uso di psilocibina che, rallentando le

connessioni in questi circuiti, può supportare persone che soffrono di condizioni come la depressione.

Ma il microdosaggio è legale in Svizzera?

Il microdosaggio è legale in Svizzera  Foto Sora Shimazaki.jpg
  • Foto Sora Shimazaki

L’uso di tutti gli psichedelici e analoghi per il microdosing sono illegali in Svizzera, dunque la pratica del microdosaggio ad oggi è una pratica illegale, fatta eccezione per l’amanita muscaria che risulta legale ma che non è gestita come medicina o integratore: questo vuol dire che non la si può commercializzare né definire come un fungo medicinale.

Ciò che invece è legale in Svizzera e viene praticato, tra l’altro, all’Ospedale Universitario di Ginevra, è il trattamento con dosi psichedeliche. I pazienti vengono quindi trattati con dosi di psichedelici e utilizzando la psicoterapia assistita da psichedelici, in altre parole le persone assumono una dose di psichedelici, vivono un’esperienza psichedelica rimanendo in un ambiente di ambulatorio, quindi sorvegliate da un operatore sanitario durante l’intera esperienza e poi il giorno dopo tornano per discutere di ciò che hanno vissuto e per sottoporsi a un’integrazione psicoterapeutica. In totale questo tipo di terapia dura un anno e prevede l’assunzione massima di 3 dosi di psichedelici ripartite in questo lasso di tempo.

In questo caso è la legge svizzera che consente al medico di richiedere all’UFSP (Ufficio Federale della Sanità Pubblica) un’autorizzazione individuale per determinati pazienti con condizioni specifiche, per poter somministrare un trattamento psichedelico. Queste condizioni specifiche sono patologie psichiatriche resistenti, quindi perché l’UFSP dia l’autorizzazione, il paziente deve aver già ricevuto molti trattamenti, se non tutti i trattamenti disponibili per trattare una determinata patologia.

Classicamente, le indicazioni sono la depressione resistente con o senza dipendenza, sintomi ansiosi gravi, gravi disturbi da stress post-traumatico e disturbi ossessivi.

Attualmente le patologie che sono controindicate a questa terapia sono patologie come la psicosi, la schizofrenia e i disturbi bipolari, per i quali non si dispone ancora di dati e si teme che questo trattamento possa peggiorare i sintomi piuttosto che migliorarli.

“Le persone trattate con la psilocibina rimangono in ambulatorio tra le 6 e le 8 ore, mentre per l’LSD la durata d’azione è tra le 8 e le 10 ore. Durante questo periodo la persona non è mai sola,” ha detto Gabriel Thorens, psichiatra del reparto di tossicologia e responsabile del programma di psicoterapia assistita con psichedelici all’Ospedale Universitario di Ginevra.

Il dottor Thorens lavora nel dipartimento di dipendenze da oltre 20 anni e da 4 anni si dedica anche al programma sopracitato.

Psicoterapia assistita con psichedelici

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Gabriel Thorens

  • Foto Servizio Comunicazione HUG

Sebbene la psicoterapia con psichedelici stia ancora attraversando una fase clinica, “la tendenza generale è un miglioramento abbastanza netto dei sintomi depressivi nelle persone che vengono per la depressione,” ha detto il dottor Thorens.

Aggiungendo: “Quello che dovete sapere è che non si tratta di un farmaco miracoloso quindi ciò che funziona per la maggior parte delle persone, non per forza funziona per tutti. Quindi nel trattamento ci saranno anche persone resistenti. Attualmente ci sono più studi sul dosaggio psichedelico, per cui abbiamo deciso di iniziare a utilizzare trattamenti con dosi più elevate, perché se riusciamo a dimostrare che le dosi elevate sono efficaci, sarà più facile dimostrare il contrario”.

Un trattamento con LSD costa un po’ meno di un trattamento psichedelico con psilocibina, ma bisogna sapere che sebbene l’accompagnamento psico-terapeutico sia coperto dalla cassa malati svizzera, il medicamento stesso non lo è, in quanto non è ancora registrato.

Un trattamento con LSD costa circa 100 franchi a seduta e la psilocibina può costare tra i 300 e i 500 franchi.

“Attualmente stiamo lavorando con Matthias Liechti, professore di farmacologia all’università di Basilea ed è lui che ci assicura di fornire una molecola controllata.

Questo è il grande vantaggio rispetto ai trattamenti non ufficiali, in quanto noi sappiamo da dove viene la molecola e quale sia la dose esatta. Perché se non è un farmaco registrato, significa che non c’è il diritto di commercio, ma il nostro prodotto è fatto da una farmacia in Svizzera, con tutti i necessari controlli di qualità”, ha detto il dottore di Ginevra.

Non si sa ancora in quale forma e quanto tempo ci vorrà, ma un giorno si avranno molecole con un’indicazione e con dosi ufficiali che saranno registrate come un antidepressivo o un neurolettico.

“Quindi credo che in futuro, sarà difficile dire in quanto tempo perché si tratta di un processo lungo, ma dovremmo avere farmaci ufficiali registrati anche per il microdosaggio. Precisamente, se gli studi sul microdosaggio dimostreranno che sono altamente efficaci nel trattamento della depressione, è abbastanza probabile che ci saranno farmaci ufficiali di piccole dosi di psilocibina per curare la depressione. Ecco, questo potrebbe essere il futuro se gli studi ne dimostrano l’efficacia”, ha concluso il dottor Thorens.  

I benefici del microdosing secondo Francesca

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  • Foto Francesca

Seppur ancora illegale in Svizzera, per mancanza di ufficialità, il microdosaggio è diventato sempre più popolare anche in Ticino, come ci racconta Francesca, sostenitrice di questa tendenza venuta dall’America.

“Il mio percorso nel mondo psichedelico è stato quello di un vero e proprio flow state: mi ci sono avvicinata dopo aver avuto incontri speciali e significativi che hanno acceso in me più scintille, mi hanno spronata a voler approfondire questo magico mondo guidata dalla mia innata attitudine esplorativa e curiosità. Inoltre, appassionata di spiritualità e in un mio percorso esplorativo da 10 anni, ho percepito nel profondo che questa pratica potesse fornirmi ulteriori strumenti di introspezione e guarigione”, ha dichiarato la coach olistica Francesca ai microfoni della RSI.

La giovane donna residente in Ticino ha un background scientifico e si definisce una farmacista atipica nonché consulente specializzata in integrazione nutraceutica personalizzata. Il suo passato da ricercatrice in biologia molecolare è una delle ragioni per cui è sempre rimasta connessa al mondo della ricerca scientifica e degli studi clinici in diversi ambiti di suo interesse fra cui epigenetica, nutraceutica, longevity, scienza psichedelica e cannabis medicinale, altro dominio di suo interesse anche per lavoro. Lo scorso anno, Francesca, ha inoltre ricoperto il ruolo di Medical Science Liaison and Patients Access Manager e grazie a questa esperienza ha iniziato ad esplorare il mondo delle piante medicinali più da vicino. Da qui la sua passione per gli psichedelici a uso terapeutico in setting controllato e il microdosing che l’hanno guidata verso un profondo viaggio di scoperta interiore e di guarigione.

Di natura inquisitoria, la coach olistica, ha sempre nutrito rispetto nei confronti di tali sostanze e si è documentata grazie a ricercatori ed esperti nell’ambito, prima di iniziare le sue prime esperienze in setting controllato durante cerimonie di Ayahuasca e non a scopo ricreativo, ma per andare alla ricerca di sé e per guarire da traumi passati.

Importantissimo ricordare che il microdosing non è per tutti, come in tutte le pratiche ci sono delle categorie a rischio, come ad esempio i minorenni, le donne incinte, le persone bipolari, schizofreniche o psicotiche, le persone che assumono litio, tramadolo e altri farmaci e molte altre.

“Ciò che mi ha avvicinata a questa pratica è stato il desiderio di supportare al meglio la mia relazione corpo-mente-spirito dopo mesi difficili e sofferti, dove per la prima volta in vita mia ho persino sperimentato l’insonnia, che mi ha portata a sviluppare sintomi destabilizzanti come irritabilità, nervosismo, agitazione, dolori fisici oltre che emotivi: il mio umore aveva semplicemente toccato il fondo”, ha detto Francesca.

La ragazza, a detta sua, cercava un rimedio naturale che potesse supportarla in un percorso di riconnessione e dopo ricerche approfondite ha scoperto che il microdosing con amanita muscaria avrebbe fatto al caso suo: è così iniziato il suo viaggio alla scoperta di un ritrovato benessere psico-fisico attraverso un protocollo intuitivo e personalizzato in base alle sue esigenze.

Ovviamente Francesca sottolinea il fatto che ognuno di noi è diverso e unico e ogni trattamento va personalizzato dopo aver considerato molti fattori, dunque ciò che va bene per lei può non funzionare per altre persone e viceversa. “Come anticipato sono una farmacista atipica e nonostante riconosca i benefici di molti farmaci della medicina convenzionale sono consapevole di come questi farmaci vadano ad agire sulla sintomatologia senza peraltro andare alla radice del problema, motivo per cui mi sono sempre affidata alla medicina naturale e sciamanica. Il microdosing non è una pillola magica che risolve tutti i problemi, è però uno strumento potentissimo che aiuta in modi diversi ad entrare in profonda connessione con la propria voce interiore, con la propria saggezza e a migliorare il processo evolutivo e di guarigione”, ha concluso la coach olistica.

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Il viaggio della pianta sacra

Laser 09.08.2022, 09:00

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