Società

Metropoli viventi

Le città odierne rivelano un metabolismo inefficiente. Ispirandoci alle piante, possiamo trasformarle in ecosistemi sostenibili

  • Un'ora fa
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Di: Il giardini di Albert/Mat 

Le grandi metropoli, con il loro traffico e l’inquinamento, sembrano l’antitesi di un organismo vivente. Eppure, osservandole con occhi diversi, emerge un’analogia sorprendente: le città possono essere considerate come esseri viventi, dotati di un metabolismo che consuma risorse e produce scarti. Questa prospettiva sta aprendo nuove strade per ripensare lo sviluppo urbano in chiave sostenibile.

Intervistato da Alessandra Bonzi ne Il giardino di Albert, Gabriele Manoli, direttore del laboratorio sui sistemi urbani e ambientali dell’EPFL, ci spiega che: «Il termine metabolismo urbano indica tutti quei flussi di materia ed energia che permettono a una città di funzionare e di crescere. È proprio come un organismo vivente che utilizza e trasforma il cibo per produrre energia». In quest’ottica, le strade diventano vasi sanguigni e l’inquinamento gli scarti metabolici.

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Città viventi

Il giardino di Albert 06.12.2025, 18:00

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  • Alessandra Bonzi

Questa analogia ha solide basi scientifiche. Manoli sottolinea che «il punto chiave qui è considerare le città come sistemi complessi, composti da molte parti che interagiscono fra di loro su varie scale». Studiare le città come sistemi complessi consente di individuare leggi universali che accomunano realtà urbane diverse.

Il botanico Stefano Mancuso, nel saggio Fito Polis, porta l’analogia oltre, invitandoci a immaginare «una città come un enorme essere vivente, che ha necessità di assorbire risorse, utilizzarle ed eliminare scarti». La differenza è che gli organismi naturali hanno evoluto sistemi efficienti, mentre «le nostre città hanno invece un metabolismo» molto meno ottimizzato. Da qui derivano molti problemi ambientali. Mancuso, al microfono di Alessandra Bonzi, afferma provocatoriamente che, se fosse un organismo, «sarebbe un essere vivente enorme, una specie di mostro che vive su una collina dei propri scarti».

Eppure la vita urbana offre vantaggi innegabili. «La vita in città garantisce alla nostra specie un aumento di funzionalità in moltissimi ambiti, dal consumo energetico ai trasporti, dalla scuola alla sanità», ricorda Mancuso. La sfida è massimizzare questi benefici riducendo gli impatti negativi. Secondo Manoli, «la vera sfida oggi è proprio quella di capire come massimizzare i benefici della densità urbana minimizzando gli impatti negativi».

Una direzione promettente è ispirarsi alle piante. «Se le nostre città cominciassero ad assomigliare un po’ di più a una pianta invece che a un animale», osserva Mancuso, «questo vorrebbe dire che tutte le necessità della città si possono trovare un po’ dappertutto». È il principio della “città dei 15 minuti”, un modello multicentrico in cui ogni quartiere offre servizi essenziali a distanza pedonale.

Perché proprio le piante? «Perché le piante rappresentano l’esempio stesso di resistenza. Sono qui da 400 milioni di anni, adattandosi a innumerevoli cambiamenti», spiega Mancuso. In un’epoca di crisi climatica, la resilienza vegetale diventa un modello prezioso. Una proposta concreta è piantare massicciamente alberi nelle aree urbane e periurbane: «Si potrebbero piantare agevolmente 300 miliardi di alberi» intorno alle città, con benefici enormi contro l’effetto isola di calore. «Non c’è un’altra maniera: soltanto riempiendole di alberi», ribadisce Mancuso.

L’idea di città verdi non è più un sogno, ma una necessità. «Noi possiamo tranquillamente avere tutti i vantaggi di una città, però creando città che mantengano rapporti fra esseri viventi simili a quelli naturali», conclude Mancuso. Ripensare le metropoli come organismi viventi, ispirandosi all’efficienza delle piante, può trasformare i “mostri” urbani in ecosistemi sostenibili e resilienti.

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