In una settimana di dialoghi a In altre parole, Colin Porlezza – professore associato di giornalismo digitale all’USI – ha messo a fuoco un paesaggio mediatico che muta veloce, ma in cui alcuni punti fermi restano. Il primo riguarda l’intelligenza artificiale in redazione. Se ne parla moltissimo, ma «viene utilizzata sì in tutte le fasi della produzione giornalistica, però soprattutto per compiti “invisibili” al pubblico: trascrizioni, correzioni, suggerimenti di titoli»; l’idea che “i robot” stiano già scrivendo le notizie «resta marginale».
Non è (solo) una questione di potenza tecnologica, quanto di cultura professionale e fiducia. «Quando l’IA entra nel nucleo creativo – scrivere testi, fare servizi – i giornalisti diventano molto più critici», anche perché un abuso rischia di erodere la credibilità presso il pubblico, «fortemente scettico» sull’uso dell’IA nel giornalismo. La dinamica dell’adozione però non è uniforme: «Più le redazioni sono grandi, più l’IA viene usata», mentre «nelle piccole redazioni quasi il 20% non la usa in modo continuo», ampliando il divario tra chi ha risorse e chi no. Da qui un’indicazione pratica: servono «regole e linee guida per un uso responsabile».
Dalla produzione delle notizie, lo sguardo si sposta all’intrattenimento. Netflix – emblema del binge watching – ha rimesso in discussione il rilascio “a blocco” degli episodi, tornando in molti casi alla cadenza settimanale. Una scelta che «dilata l’attenzione nel tempo e riduce il “churn”», la cancellazione rapida degli abbonamenti dopo la visione delle serie di punta. In questo riassetto pesa anche l’estetica della nostalgia: prodotti capaci di parlare a più generazioni, come Stranger Things, «funzionano perché permettono ai quaranta-cinquantenni di ritrovare tracce degli anni ’80 e ai più giovani di scoprirle».
Eppure, nell’epoca degli schermi, riaffiorano pratiche analogiche. Giochi da tavolo e di ruolo non sono soltanto revival: «possono essere visti come una sorta di resistenza simbolica all’onnipresenza del digitale», una scelta consapevole del «tangibile» e del «condividere una storia seduti attorno a un tavolo». Il successo dei giochi cooperativi e dei game café mostra che il pubblico cerca esperienze sociali, non soltanto contenuti: «i giochi sono pratiche collettive» che «generano comunità concrete».
Questa esigenza di immersione condivisa spiega anche la forza dei mondi narrativi che si espandono su più piattaforme. La parola chiave è transmedialità: «non si tratta più di adattare una storia, ma di costruire un universo che si espande con film, serie, libri, videogiochi», dove «ogni medium aggiunge qualcosa di unico». Il pubblico diventa “cacciatore di indizi”, scegliendo percorsi, scoprendo tasselli e, spesso, partecipando alla co‑creazione: fan fiction e produzioni amatoriali ampliano l’universo, tra opportunità e limiti dei diritti d’autore. Ma l’espansione ha un rischio: «troppe estensioni, troppi spin‑off possono saturare e indebolire la storia principale».
Il filo rosso che unisce informazione e intrattenimento è infine quello delle emozioni. Non sono un orpello, ma «parte centrale del modo in cui comprendiamo e ricordiamo le notizie». Il giornalismo può usarle «ancorandole ai dati verificati», perché «emozione e rigore non si escludono». È anche una risposta all’ecosistema digitale – social costruiti sull’engagement – e alle aspettative dei più giovani, che cercano «rilevanza, autenticità e sì, anche divertimento». In questo contesto l’IA fa da controcanto: mentre automatismi e generatori linguistici avanzano, «i giornalisti valorizzano ciò che li distingue: giudizio umano, creatività, sensibilità». Nessuna macchina può «uscire dalla redazione e capire davvero come si sente una vittima» né restituire l’imprevedibilità delle reazioni umane.
Tra algoritmo ed emozione, la posta in gioco è duplice: proteggere la fiducia e coltivare l’esperienza. L’IA è uno strumento, non un destino; i formati cambiano, ma il bisogno di storie – e di chi le sa raccontare con cura – resta il nostro modo più umano di fare ordine nel mondo.
Colin Porlezza al microfono di Andrea Fazioli
Contenuto audio
L’applicazione dell’AI in ambito giornalistico (1./5)
In altre parole 08.12.2025, 08:18
Netflix: nostalgia e nuove strategie di visione (2./5)
In altre parole 09.12.2025, 08:18
Intrattenimento ludico che cambia? (3./5)
In altre parole 10.12.2025, 08:18
Oggi come vengono raccontate le storie? (4./5)
In altre parole 11.12.2025, 08:18
Qual è il confine fra “informare” e “intrattenere” (5./5)
In altre parole 12.12.2025, 08:18





