Che cosa significa davvero invecchiare? È possibile rallentare i meccanismi che ci portano ad accumulare anni e fragilità? In un dialogo con due scienziati di primo piano – il professor Alessandro Cellerino, fisiologo della Scuola Normale Superiore di Pisa e Leibniz Chair all’Istituto per l’Invecchiamento di Jena, e il professor Nicola Vannini, ricercatore al Ludwig Institute for Cancer Research dell’Università di Losanna e da poco ordinario all’Università di Friburgo – esploreremo le strategie per vivere più a lungo e, soprattutto, meglio.
Tutti gli esseri viventi invecchiano, ma possiamo rallentare questo processo o addirittura invertirlo? Possiamo, cioè, ringiovanire? È giusto considerare l’invecchiamento come una sorta di malattia, come qualcosa da curare? E qual è il segreto di una longevità in salute?
«L’invecchiamento di per sé non viene considerato una malattia. Però una serie di sintomi pressoché ubiquitari dell’invecchiamento lo sono. Quindi diciamo che siamo in una situazione di confine in cui l’invecchiamento di per sé non è considerato una patologia, ma tutta una serie di sue manifestazioni lo sono. Per vivere in modo longevo e in salute occorrono pochi ma determinanti accorgimenti. Prima di tutto non fumare, perché il fumo da solo accorcia mediamente l’aspettativa di vita di quasi dieci anni. Il secondo è fare attività fisica. Quale attività fisica? Quella che uno preferisce. L’attività fisica migliore è quella che quell’individuo fa volentieri. Il terzo è l’alimentazione. Cibi ultra processati, cibi industriali che quindi vanno incontro a processi fisico-chimici molto complessi, per capirci merendine e quant’altro, riducono sensibilmente l’aspettativa di vita, mentre i cibi che hanno maggiore effetto positivo sono legumi, cereali integrali, noci, mandorle, nocciole».
Prof. Alessandro Cellerino, fisiologo della Scuola Normale Superiore di Pisa
Il professor Garattini oggi ha 96 anni e non si risparmia, continua a divulgare il messaggio a cui tiene di più, quello sulla prevenzione:
«Il Prof. Garattini è la dimostrazione di che cos’è l’età biologica, nel senso che la sua età biologica è ovviamente molto minore della sua età anagrafica perché ha una lucidità impressionante. È stato estremamente chiaro e io condivido tutto quello che ha detto. La domanda veramente che rimane è: da dove cominciamo? Nel senso che il professor Garattini ha tracciato con molta chiarezza la strada per ottimizzare il nostro stato di salute. Il problema è che è difficilmente applicabile all’intera popolazione. Quello che dobbiamo cercare di fare è promuovere la salute dell’intera popolazione. Al momento tutte queste tecniche di longevità sono accessibili a poche persone. Quindi secondo me la domanda che come esperti ci dovremmo fare è: qual è la singola cosa più importante più facilmente implementabile per cominciare a spostare l’equilibrio verso una maggiore salute?»
Prof. Alessandro Cellerino, fisiologo della Scuola Normale Superiore di Pisa
Se ci guardiamo attorno vediamo persone che, pur avendo la stessa età, hanno qualità di vita e capacità fisiche e neurologiche molto diverse. L’età cronologica sono gli anni passati dalla nostra nascita, l’età biologica è diversa, ci dice lo stato del nostro fisico e delle nostre capacità. Conoscerla può aiutare a migliorare la qualità di vita di una persona, perché sappiamo su cosa agire. Ormai sono numerosi gli studi che lo dicono. I geni sono importanti, sì, ma altrettanto importante è l’ambiente, il nostro stile di vita e i cambiamenti verso uno stile di vita più sano, anche in età avanzata, che portano comunque benefici significativi sulla longevità. E la ricerca scientifica continua ad avanzare:
«Sono stati pubblicati recentemente degli studi che hanno dimostrato che se si ringiovanisce il sistema immunitario è possibile avere un miglioramento a livello globale dell’organismo. Le cellule immunitarie, il sangue, viaggiano in tutto l’organismo, quindi sono a contatto con tutti gli organi e possono influenzare lo stato infiammatorio, per esempio, di una persona. E questi cambiamenti hanno un impatto sull’età biologica della persona. Quindi se riusciamo in qualche maniera a ringiovanire il sistema immunitario, si ha un impatto generale sull’invecchiamento di una persona. Questo è veramente uno degli aspetti di cui ci occupiamo nel mio laboratorio, nel senso che abbiamo individuato alcune strategie che interferiscono con il metabolismo cellulare e che permettono quindi di stare bene più a lungo, in senso lato di ringiovanire».
Prof. Nicola Vannini, ricercatore al Ludwig Institute for Cancer Research dell’Università di Losanna
Studiare i processi di invecchiamento richiede anni. È facile intuire perché i ricercatori invecchiano con le loro ricerche, ma una soluzione è quella di trovare modelli animali che possano riprodurre gli stessi processi in tempi molto più brevi:
«La mia ricerca degli ultimi vent’anni si è concentrata su un modello animale che è un piccolo pesciolino africano che vive nelle pozze temporanee che si formano durante la stagione delle piogge. Questi pesci muoiono alla fine della stagione delle piogge per mancanza d’acqua e quindi per poter sopravvivere hanno sviluppato un ciclo vitale rapidissimo. Crescono in maniera rapidissima, ma pagano questa crescita così rapida con un invecchiamento altrettanto rapido. È come se il loro orologio girasse in maniera accelerata. Però la cosa fondamentale è che i sintomi del loro invecchiamento sono molto simili ai nostri. Per esempio sviluppano placche dell’aorta, sviluppano neurodegenerazione, infiammazione, perdita di massa muscolare e quindi ci permettono di studiare in tempi compressi possibili interventi, per esempio farmaci o interventi di tipo nutrizionale per andare a migliorare queste condizioni».
Prof. Alessandro Cellerino, fisiologo della Scuola Normale Superiore di Pisa
Alla ricerca della longevità
Il giardino di Albert 24.05.2025, 18:00
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