Territorio e tradizioni

La farina bóna

Da prodotto dimenticato a eccellenza ticinese da salvaguardare

  • 1 settembre 2022, 11:26
Farina Bona posta sopra al mais appena tostato

Nella foto una confezione di Farina Bona posta sopra al mais appena tostato.

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Di: Alice Tognacci

La farina bóna è un prodotto tradizionale della Valle Onsernone, una delle più povere e impervie del Canton Ticino, a pochi chilometri da Locarno.

Si tratta di una farina di mais già “cotta” perché, a differenza delle altre farine, è ottenuta da chicchi di mais – lo stesso utilizzato per la produzione di polenta, proveniente dal Piano di Magadino – precedentemente tostati. Questo rende il prodotto molto profumato, con forti sentori di “pop corn”, dalla consistenza quasi impalpabile, dato che, una volta tostata, la granella di mais viene macinata molto finemente, grazie all’impiego di macine lisce, come quelle presenti nel mulino di Vergeletto un paesino di quaranta anime in piena valle, tuttora attivo nella produzione di farina bóna.

In passato questa farina era parte integrante e preziosa della quotidianità degli onsernonesi, sia da un punto di vista alimentare, sia da un punto di vista sociale, perché, economicamente, teneva viva l’attività della comunità. Purtroppo, i cambiamenti delle abitudini alimentari del secondo dopoguerra ne hanno fortemente ridotto l’uso e, con la morte della mugnaia di paese Annunziata Terribilini (1883-1958) detta “Nunzia”, alla fine degli anni ‘60 del Novecento la produzione è stata totalmente abbandonata.

La riscoperta

È grazie al restauro del mulino di Loco, realizzato dal Museo Onsernonese nel 1991, e a una serie di iniziative di ricerca, che la farina bona è tornata alla mente degli onsernonesi e si è ripartiti con la produzione.
La passione e la voglia di riscatto di un territorio, ha spinto Ilario Garbani, docente di professione, a coinvolgere l’Istituto scolastico di Isorno, avviando non solo ricerche storiche, ma arricchendo il sapere legato alla produzione di questa eccellenza culinaria tutta ticinese.

Come ogni prodotto culinario della tradizione che si rispetti, anche la farina bóna è un tesoro che porta con sé saperi popolari, storie, esperienze, volti, mani, un territorio e intrecci di vite…

Ilario Garbani ci ha aperto le porte del mulino storico di Vergeletto e del suo laboratorio, per raccontarci, con passione, la farina bona, la Valle Onsernone e la storia di “Nunzia”, detentrice del sapere popolare di un tempo, arrivato fino ai giorni nostri.

Farina bóna

RSI Food 01.09.2022, 11:16

La farina bòna in cucina, ieri e oggi

Come ci racconta lo stesso Ilario – oggi impegnato totalmente nella produzione e vendita di farina bona diventata anche Presidio Slow Food nel 2008:
Una delle domande più frequenti che gli vengono poste ai mercati è: come utilizzo la farina bona in cucina?

In passato la si mangiava mescolata ad acqua o latte (freddo o caldo), con mirtilli, fragole o vino, in minestra chiamata “poltina”, ma anche in un insolito zabaione. Oggi, invece, a livello commerciale è impiegata nella preparazione di gelati, birra, grissini e biscotti, così come sottoforma di crema da spalmare (come fosse crema di nocciole), tagliatelle, i ravioli, yoghurt e il liquore “farinign” prodotto a Intragna; mentre a livello casalingo, può essere benissimo sostituita a ¼ della farina che si usa abitualmente per fare torte, späzli, pasta fresca, biscotti, panature aromatiche, come addensante di salse, o per fare un sablée, per biscottini friabilissimi dal gusto inconfondibile!
Una cosa Ilario la specifica sempre: la farina bona, essendo già tostata e quindi “cotta”, è possibile mangiarla al naturale semplicemente spolverandola sopra frutta o gelato, in modo da gustarla nella sua purezza.
Chef e cuochi del territorio amano tantissimo la farina bona, eccovi qualche idea in cucina direttamente dal nostro archivio ricette:

Dalla segale alla paglia da intreccio

Ilario Garbani ci ha raccontato quanto l’attività dell’intreccio della paglia in Onsernone sia stata importante in passato, per poi cadere in disuso. Questa storia è raccontata molto bene nel museo etnografico a Loco, l’altro paese, insieme a Vergeletto, attivo nella produzione di farina bòna con il suo mulino di paese.

E, parlando di paglia da intreccio, da Loco arriva un’iniziativa davvero interessante, raccontata ai microfoni di Rete Uno, alla trasmissione Millevoci, sempre da Ilario: la produzione di cannucce di paglia. Un progetto, questo, tutto onsernonese, significativo su più fronti: sia da un punto di vista ambientale, perché la sostituzione delle cannucce di plastica con quelle di paglia sarebbe un altro passo verso il bene del nostro Pianeta, sia per un’ulteriore iniziativa atta a risvegliare i saperi di un territorio che altrimenti andrebbero persi.
Per approfondire e ascoltare un altro racconto dalle terre della farina bòna, vi riproponiamo la puntata di Millevoci.

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