Ritratti e storie

Micocene: l’unica azienda ticinese a coltivare funghi commestibili 

Passione e innovazione hanno spinto Geremia e Alan a commerciare i loro funghi coltivati interamente all’interno di apposite strutture

  • 10 novembre, 07:00
  • 10 novembre, 08:47
  • FOOD
Alan Oggier e Geremia Losa, Micocene funghi 

Alan Oggier e Geremia Losa, Micocene funghi 

  • © Micocene funghi 
Di: Emma Berger 

Nell’ultimo anno e mezzo, nei menù di diversi ristoranti gourmet ticinesi, sono iniziati a spuntare alcuni piatti a base o con all’interno un prodotto all’apparenza semplice ma denominato in modo curioso. Stiamo parlando dei “funghi Micocene” che non sono dei semplici funghi raccolti in natura, bensì coltivati in sale di fruttificazione in Valle Maggia e seguiti durante l’intero processo di crescita: dalle spore fino al prodotto finale. Abbiamo voluto contattare gli ideatori di Micocene per approfondire la loro attività, per informare chi, come noi, è incappato una volta in un loro piatto ma anche per chi non ne ha mai sentito parlare e vuole sapere cosa vuol dire coltivare dei funghi all’interno di apposite strutture. 

Le potenzialità dei funghi

Dietro alla ditta Micocene ci sono Alan Oggier e Geremia Losa, due ragazzi entusiasti e preparati che hanno deciso quasi due anni fa di rendere la loro passione per il mondo dei funghi un lavoro, iniziando a vendere quelli che coltivavano. Hanno una formazione scientifica: Alan in biotecnologia e Geremia in biogeoscienze e tutti e due sono stati coinvolti durante gli studi in lavori sui funghi e sui lieviti. «Grazie allo studio e all’approccio accademico abbiamo capito l’applicabilità e il potere dell’organismo dei funghi. Siamo voluti tornare in Ticino, coscienti che quello dei funghi era ancora un universo piuttosto inesplorato. Volevamo essere dei pionieri, non solo nel produrre funghi ma anche nel sensibilizzare le persone in merito alla loro applicabilità».  
Le potenzialità dei funghi, infatti, sono molto estese: questi non si limitano soltanto all’uso gastronomico, ma possono essere utilizzati come complementi naturali partendo dai loro estratti e come biomateriali partendo dal loro micelio.  

Dopo anni di esperimenti e ricerche personali, nel dicembre del 2021 Geremia e Alan hanno quindi deciso di crearsi un mestiere iniziando a produrre funghi, venderli e studiarli in modo più approfondito.  

Il processo di crescita del fungo

Ci facciamo spiegare da loro cosa significa in concreto coltivare funghi e come mai sono gli unici nel loro genere in Ticino.  
«Per far partire la crescita di un fungo ci sono diversi modi: partendo dalle spore o dal micelio. Noi lavoriamo principalmente con le spore, che sono le cellule riproduttrici del fungo. Dopo la sua fruttificazione il fungo, infatti, si apre e il suo cappello le libera. Dalle spore si sviluppano i miceli (le reti di filamenti che costituiscono il corpo del fungo), che vengono in seguito inoculati in un substrato, composto per esempio da legno o altri materiali organici.  
La fase successiva e finale è quella che si chiama “fruttificazione”, che consiste nella crescita dei veri e propri corpi fruttiferi del micelio, resa possibile tagliando i sacchi di coltivazione e posizionandoli in sale di coltura. Le tempistiche di questa fase cambiano a seconda della varietà e l’intero processo varia dai due ai cinque mesi.  
Per avere la garanzia che le varietà siano redditizie anche in ambienti controllati, Geremia e Alan si rivolgono a delle banche genetiche «può succedere di prelevare in natura dei pezzi di funghi, ma non è detto che ci diano un’adeguata fruttificazione ogni volta.» Elemento fondamentale, ovviamente, è avere un ambiente pulito e sterile, dal momento che ogni contaminazione può ostacolare la coltivazione. 

La maggior parte delle aziende che coltivano funghi partono dalla fase di fruttificazione, commissionando il lavoro di laboratorio e quello della moltiplicazione ad altre ditte europee. «Noi siamo gli unici in Ticino ad occuparci dell’intero processo: è un lavoro che richiede molta tecnica e programmazione, ma in questo modo minimizziamo i costi e abbiamo il totale controllo delle nostre varietà». 

Un altro aspetto importantissimo e alla base della funghicoltura è quello di riprodurre la nicchia ecologica del fungo in ambienti controllati, adattando il substrato e le temperature in base alle sue condizioni di crescita naturali. Ci sono funghi che amano climi tropicali e altri invece quelli più freddi; quindi, le temperature vengono regolate in base alle loro esigenze. «Per essere più sostenibili, sia a livello ecologico sia a livello economico, sfruttiamo comunque le temperature esterne ai locali di produzione. Così facendo seguiamo una certa stagionalità anche per i funghi.»  

Pioppino - Micocene funghi

il fungo Pioppino

  • © Micocene funghi 

La Gemma Biosuisse e la sostenibilità della funghicoltura

A proposito di sostenibilità, Micocene ha da poco ottenuto la gemma Biosuisse, che ha certificato la loro funghicoltura come biologica. «La gemma è arrivata senza che facessimo particolari adattamenti nella nostra coltivazione. Il materiale di base per far crescere il fungo è il legno, che non è un materiale agricolo e che quindi non ha bisogno di particolari prodotti chimici per essere più produttivo. Il fungo è un prodotto biologico per natura, alla base del ciclo naturale; quindi, non è necessario stimolare la sua crescita con prodotti chimici». Ci sono molti elementi che indicano un basso impatto ecologico della loro funghicoltura, come il fatto che per produrre i funghi si parte da materiali di scarto, che l’acqua necessaria durante il processo non è eccessiva e che il prodotto finale è un ingrediente con alti contenuti nutritivi ma che non utilizza uno spazio esteso per crescere. Tuttavia, i ragazzi pongono l’accento sul fatto che classificare i prodotti su una “scala di sostenibilità” sia delicato e non sempre corretto, perché ci sono molti fattori da prendere in considerazione. 

Alcune delle loro varietà e le loro rispettive caratteristiche

Le varietà che al momento sono in commercio sono sei, anche se in laboratorio ne hanno una ventina, utilizzate per esperimenti o per ottenere degli estratti naturali a uso personale. Tra quelli in commercio ci sono anche ibridi creati da terzi, come il Ploroto Perla nera che è un incrocio tra il cardoncello- che gli dà la forma – e il Ploroto classico, che influenza la consistenza.  

I sapori e le testure dei funghi sono influenzati dalle condizioni climatiche che preferiscono, ad esempio quelli che amano il freddo hanno un gusto più rude e legnoso. Quelli amanti di climi caldi, come ad esempio il fungo Djamor, possono assumere sapore di pesce.  

Fungo Djamor - Micocene

Il fungo Djamor

  • © Micocene funghi 

Una varietà decisamente scenica visivamente è la Criniera di leone, un fungo che si sviluppa in un cespuglio composto da molti aculei sottili. Non è solo bello ma anche molto profumato e dal sapore intenso e umami; viene infatti utilizzato spesso in piatti come sostituto della carne. In casi rari, lo possiamo trovare anche nei nostri boschi, ma con il tempo e con il cambiamento climatico i suoi esemplari sono diminuiti. 

 Il fungo Criniera di leone - Micocene funghi 

Il fungo Criniera di leone

  • ©Micocene funghi 

… e i porcini? 
In molti di voi si saranno chiesti a questo punto se funghi molto apprezzati come i porcini e i gallinacci possono essere coltivati in laboratorio, ma la risposta non è così semplice. 
«Ci chiedono spesso se possiamo coltivarli in ambienti controllati, ma questo è impossibile, dal momento che appartengono alla famiglia dei micorrizici, un gruppo di funghi che lavora in simbiosi con le radici delle piante. Sarebbe quindi infattibile farli crescere senza questa loro parte fondamentale».  
Geremia e Alan, invece, lavorano con i saprofiti, il cui nutrimento è legno e foglie e che quindi sono facili da coltivare.  

Se è vero quindi che tutti i funghi coltivati in laboratorio si possono trovare in natura, non è vero il contrario: non tutti i funghi che si trovano in natura possono crescere nelle sale di fruttificazione. Casi a sé sono invece gli ibridi, che non sopravvivono necessariamente in natura perché sono nati in ambienti controllati come risultato di incroci e selezioni.   

La collaborazione con gli chef e la sensibilizzazione  

Malgrado abbiano iniziato la loro produzione solo due anni fa, si sono fatti velocemente conoscere da ristoranti e clienti privati. «Andavamo da ristoratore a ristoratore con un cesto dei nostri funghi da far provare gratuitamente, e quasi tutti ci richiamavano perché li avevano apprezzati. Da lì c’è stato un passa-parola. Spesso nell’ambito della ristorazione gourmet i cuochi si visitano a vicenda: questo ci ha permesso di farci conoscere e apprezzare sempre di più».

Per quanto riguarda la vendita, al momento si occupano di quella di funghi commestibili, ma uno dei progetti futuri è espandere il commercio anche, ad esempio, a integratori alimentari o altri prodotti che permettono di approfittare dei numerosi benefici dei funghi. Ma Alan e Geremia non si limitano alla vendita, hanno anche organizzato dei pomeriggi didattici nelle scuole elementari con l’obbiettivo di introdurre il fungo come organismo e mostrare ai bambini la loro importanza nel bosco, con anche parti pratiche dove i bambini preparano il loro sacchetto inoculato con il fungo per farlo crescere direttamente in classe. 

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  • FOOD

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