Curiosità e trend

Il ritorno del grano saraceno

Versatile e resistente, questo antico alimento torna protagonista come risposta ai cambiamenti ambientali: dalla biodiversità alla tavola, ecco perché è uno dei cibi del domani

  • Oggi, 11:30
farina di grano saraceno
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Di: Alice Tognacci 

Nel futuro, mangeremo meno carne, più legumi e… più grano saraceno?
Annoverato tra i 30 Future Food da inserire nel piatto secondo una ricerca dedicata ai cibi del domani condotta dal WWF Svizzera e la ZHAW, il grano saraceno si sta ritagliando un ruolo sempre più importante non solo sulle nostre tavole, ma anche nei nostri campi.

Frugale, resistente e nutriente, potrebbe diventare una delle colture chiave per un’agricoltura più sostenibile e resiliente ai cambiamenti climatici.
E se pensate che sia una moda importata da qualche tendenza salutista internazionale, sappiate che stiamo parlando di una pianta antica — e profondamente radicata anche nella storia alimentare della Svizzera italiana.

Un “non cereale” antico più attuale che mai

Nonostante il nome, il grano saraceno non è un cereale, bensì è un cosiddetto “pseudocereale”: appartiene infatti alla famiglia delle Poligonacee, come l’acetosa o il rabarbaro. Questo significa che ha caratteristiche botaniche e agronomiche del tutto diverse dai “veri” cereali, ma anche alcune interessanti virtù nutrizionali, oltre ad essere privo di glutine.
Originario del Tibet, del Nepal e del Sichuan, il grano saraceno è stato introdotto in Europa nel XV secolo dai popoli nomadi asiatici — mongoli e saraceni — da cui, probabilmente, prende il nome.

Sull’origine del nome c’è anche un’altra versione: questo pseudocereale avrebbe chicchi “scuri come i saraceni”.

In Svizzera si è diffuso rapidamente, in particolare nelle vallate alpine - in Valposchiavo si attestano le prime colture agli inizi del 1600 - per poi quasi scomparire nel secondo dopoguerra. Ma oggi, proprio in quelle stesse valli, torna a farsi vedere.

Lo sapevi che…?

Il grano saraceno un tempo era diffuso soprattutto in Valposchiavo e in alcune zone del Ticino, ma oggi è una coltura meno comune. La sua produttività è inferiore rispetto ad altre piante alimentari e la maturazione dei suoi chicchi avviene in modo irregolare. Nonostante questi aspetti, si rivela particolarmente adatto a terreni poveri o marginali, dove altre colture faticano a svilupparsi.

In passato la farina ottenuta da questi chicchi scuri, dal sapore leggermente acre, un tempo era considerata una farina poco pregiata; oggi, invece, la polenta addizionata con una certa percentuale di farina di grano saraceno (una volta risorsa di chi non poteva permettersi la farina di granturco) è ritenuta più saporita e raffinata.

Un alleato per l’agricoltura del futuro

Lo sa bene il Politecnico di Zurigo (ETH), che ha avviato uno studio su oltre 100 varietà di grano saraceno. L’obiettivo è valutarne la resa, le caratteristiche e la loro adattabilità a condizioni diverse. Il perché è presto detto: questa coltura fiorisce in estate con fiori bianchi e rosa, cresce bene in alta quota, richiede pochissima irrigazione ed è poco esigente in termini di fertilizzanti o pesticidi.
Il grano saraceno si inserisce dunque perfettamente in un’agricoltura che guarda alla biodiversità: arricchisce il paesaggio, nutre gli impollinatori durante i mesi estivi e contribuisce alla salute del suolo. E mentre altre colture soffrono l’inaridimento dei terreni, lui prospera anche in condizioni difficili, diventando così una soluzione anche al problema della siccità.

Alcuni dati:

- Cresce velocemente e fiorisce in tempi brevi: in 10-12 settimane il grano saraceno è pronto per il raccolto.
- Si presta molto bene ai principi dell’agricoltura biologica.
- È una pianta mellifera molto amata dalle api, dunque è una risorsa preziosa per gli insetti impollinatori.
- La Svizzera importa ancora oltre 200 tonnellate di grano saraceno all’anno.
- La varietà tartara (Fagopyrum tataricum) è ancora più resistente e rustica e prospera fino a ben oltre i 1000 metri di altitudine.
- Può essere coltivato anche come seconda coltura dopo la segale.

Dalla ricerca alla rinascita contadina

Oggi in Svizzera si coltivano circa 100 ettari di grano saraceno, ma il potenziale è molto più ampio. Lo dimostra, tra gli altri, il lavoro del pastificio di Davide Fisler a Poschiavo, quinta generazione di una famiglia che da oltre un secolo produce pizzoccheri. Come raccontano nella presentazione della loro azienda, un tempo importavano il grano saraceno dalla Cina e dall’Europa dell’Est. Oggi, grazie alla ripresa della coltivazione locale, possono confezionare pizzoccheri quasi esclusivamente con materia prima svizzera. Nel 2003, infatti, è stato lanciato un progetto - chiamato “Dal campo alla tavola” - di reintroduzione della coltivazione in Valposchiavo (e nella vicina Valtellina).

Un cerchio che si chiude: dalla coltivazione sui terrazzamenti alpini, alla pastificazione, fino al piatto. E se la tradizione guarda al passato, la scienza guarda avanti: la ricerca dell’ETH punta a ridurre il gap genetico tra il grano saraceno e le altre colture più selezionate, cercando varietà più stabili e produttive.

22:29

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Super food? Sì, ma con i piedi per terra

Il grano saraceno è oggi al centro dell’attenzione anche per i suoi benefici nutrizionali. È naturalmente privo di glutine, ricco di fibre, magnesio, flavonoidi come la rutina, e ha un buon profilo aminoacidico, con lisina, spesso carente nei cereali tradizionali.
Diversi studi suggeriscono che il consumo di grano saraceno può aiutare a regolare la glicemia, abbassare i livelli di colesterolo e sostenere la salute cardiovascolare.

Il suo profilo aromatico interessante - ha un sapore di nocciola con una nota leggermente amara sul finale - e la sua versatilità lo rende un ingrediente facile da accogliere in cucina. Disponibile tutto l’anno, i fiocchi di grano saraceno sono ideali per porridge a colazione, mentre i chicchi interi sono adatti per polpette o insalate “di riso” alternative. La sua cottura richiede 15–20 minuti. La farina di grano saraceno ha un colore scuro ed è adatta a realizzare pasta fresca come i pizzoccheri, crêpes o prodotti da forno senza glutine.

Naturalmente, non è un alimento miracoloso, ma si inserisce perfettamente nella logica di un’alimentazione varia, locale, vegetale e sostenibile. In un’epoca in cui ci interroghiamo sempre di più su che agricoltura vogliamo e che cibo vogliamo portare in tavola, il grano saraceno offre una risposta semplice ma potente. È antico, ma attualissimo. È frugale, ma ricco. È locale, ma globale.
E forse è proprio per questo che, più che una moda da “super food”, sembra una scelta di buon senso.

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