Territorio e tradizioni

Il Natale di una volta nella Svizzera italiana

Dalla carne in tavola al ceppo nel focolare: memorie e usanze delle festività nel nostro territorio

  • Oggi, 09:00
ceppo di natale
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Di: Patrizia Rennis 

Nella Svizzera italiana di un tempo, il Natale rappresentava un momento di straordinaria importanza, caratterizzato da tradizioni uniche e significative. Questa festa era una ricorrenza centrale nella vita sociale e familiare. Come raccontano le testimonianze raccolte nella trasmissione Zolle del 1° gennaio 2004.

Un tempo, nella Svizzera italiana, il Natale era vissuto come un giorno davvero eccezionale rispetto alla quotidianità, una festa di abbondanza. Non a caso il Natale veniva definito ul dì da mangia carne, a indicare una giornata in cui le regole alimentari ordinarie venivano sospese. Lo raccontano le testimonianze raccolte nella trasmissione Zolle del 1° gennaio 2004.

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Dai “belegott” di Coldrerio ai “sciurin” di Olivone

RSI Archivi 01.01.2004, 16:57

L’eccezionalità della carne

Il Natale era conosciuto come “ul dì da mangia carne”, ovvero il giorno in cui si mangiava carne. Un nome che sottolinea l’eccezionalità della festa, durante la quale le regole alimentari quotidiane venivano sospese. Il pranzo natalizio era più ricco persino di quello domenicale, con la presenza eccezionale della carne, un alimento raro nella dieta di tutti i giorni.
Il pollo era considerato il piatto principale, assieme al bollito. La presenza di due carni diverse costituiva, già di per sé, uno strappo alle regole e un segno evidente di festa. In queste occasioni facevano la loro comparsa anche sapori speciali, come quello della mostarda dolce. E sulla tavola, appariva anche il panettone, che costituiva un vero simbolo di ricchezza e di festività.

Arance e mandarini come regali

La mattina del giorno di Natale i bambini trovavano sul davanzale i doni lasciati dal Gesù bambino, dopo aver preparato, la sera precedente, un piatto con farina, pane e crusca per il suo asinello. I regali erano semplici: arance e mandarini, che si vedevano quasi esclusivamente in quei giorni dell’anno, una manciata spagnolette, delle calze di lana o delle pantofole e i più fortunati ricevevano una bambola.

Il ceppo di Natale e il rientro dei propri cari

Nella Svizzera italiana le festività natalizie segnavano anche il ritorno degli emigranti, che rientravano a casa il giorno della Vigilia di Natale dopo mesi di lavoro, spesso in Svizzera interna. Il loro arrivo era accolto con un grande fuoco nel focolare, alimentato da un ceppo messo da parte con largo anticipo, e una pentola in cui bollivano pollo o altre carni lesse per ottenere un buon brodo. 

Tra le usanze più antiche della Svizzera italiana c’era quella di andare a cercare un ceppo particolarmente bello. Questo ceppo aveva una valenza magica, lo si lasciava bruciare e alla fine la cenere veniva sparpagliata nei campi per far sì che il raccolto fosse particolarmente abbondante. Oggi la tradizione del ceppo di Natale è ormai scomparsa, ma rivive simbolicamente nel tipico dolce natalizio “bûche de Noël”

Franco Lurà

Dopo la messa di mezzanotte, la famiglia si riuniva attorno al fuoco per consumare insieme il brodo caldo, condividendo racconti e notizie.

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Il pranzo di Natale, oggi e ieri

RSI Archivi 22.12.1976, 09:00

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