Cultura e spettacoli

“Togliersi il fardello del segreto, vi dà un potere”

L’artista Elena Di Cioccio racconta la sua vita con l’HIV e smonta, sul palco e nella vita, i pregiudizi con l’ironia

  • Un'ora fa
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Elena Di Cioccio e la convivenza con l'HIV

Prima Ora 01.12.2025, 18:00

Di: Prima Ora-Francesca Campagiorni-Giovanni Marci/Spi 

“Ciao a tutti! Mi chiamo Elena Di Cioccio, ho 50 anni e da 23 sono sieropositiva... Ho l’HIV, sono una di quelli con l’alone viola”. Inizia con un estratto da un suo monologo, l’intervista che Prima Ora ha fatto all’attrice, conduttrice televisiva e autrice del libro “Cattivo sangue”, in occasione dell’odierna Giornata mondiale contro l’AIDS. Con il suo umorismo dissacrante (molti la ricordano come inviata delle Iene su Italia 1), Di Cioccio sarà al Lux di Massagno, giovedì 4 dicembre, con lo spettacolo ProPositiva 2.0, evento che celebra i 40 anni di Zona Protetta.

Uno spettacolo per smontare lo stigma e la disinformazione, ma anche affrontare un tema difficile come l’HIV: “L’imbarazzo - ha detto al microfono della RSI - io lo considero una sorta di zaino: è uno zaino che tu, se vuoi, ti tieni sulle spalle, oppure lo puoi mettere sul tavolo e qualcuno se lo dovrà pur prendere. Ed è proprio la materia del comico questa, no? Smontare con la goliardia tutto quello che può sembrare difficile”.

“Sono una persona sieropositiva in trattamento con antiretrovirali e sto benissimo, non ho nessuna difficoltà”, afferma Di Cioccio. “La mia difficoltà era proprio non poter vivere la mia vita al 100% e quindi sul palco porto le dinamiche che mi sono accadute negli anni”.

Dopo aver reso pubblica la sua condizione nel libro, l’artista ha deciso di raccontarsi sul palco: “Questo spettacolo è una stand-up comedy proprio su tutte le domande che mi fanno su questo argomento. Per me è semplicemente la mia vita e come comica porto sul palco la mia vita: parlo di dieta, di cane, di relazioni, di sesso, ma lo racconto anche dal punto di vista di una persona a cui fanno sempre domande raggelanti”.

Lo spettacolo parte dal giorno dopo il suo coming out: “Racconto tutte le cose che mi hanno scritto, le cose che mi hanno chiesto, i pregiudizi. Il pregiudizio è qualcosa che prima subivo, adesso lo cavalco e mi fa sempre molto ridere”.

Di Cioccio riconosce che il suo spettacolo può avere un impatto educativo: “Non porto nessun messaggio, è che il messaggio arriva da solo. Se tu hai dei pregiudizi, esci dallo spettacolo che dici: ‘Ma non avevo mai pensato a tutte queste cose, ma soprattutto non avevo mai pensato che magari la mia informazione è rimasta ferma agli anni ‘80’”.

Nel monologo sottolinea l’importanza di aggiornarsi: “Oggi molti non sanno che il protocollo U=U (cioè, “Undetectable = Untransmittable”, in italiano “Non rilevabile = Non trasmissibile”, ndr), che io racconto sul palco in maniera molto divertente, è un protocollo internazionale. Quindi la persona sieropositiva non è più infettiva, non ti può più far paura come succedeva un tempo”.

La retorica non è nel suo registro e su un aspetto tiene a essere chiara: “Io non sono uno sportello informativo. Io penso a vivere al meglio la mia vita e portare l’esempio di quello che sono. Una persona felice, realizzata, che sta bene fisicamente, emotivamente e psicologicamente. Togliersi il fardello del segreto, qualunque esso sia, vi dà un potere, una carica, che neanche vi immaginate”.

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