Approfondimento

Lucens, l’incidente nucleare svizzero dimenticato

Il 21 gennaio 1969 la centrale nucleare sperimentale nel canton Vaud subisce quello che è considerato uno dei venti incidenti nucleari più gravi al mondo, rimasto a lungo sepolto

  • Un'ora fa
  • Un'ora fa
L'entrata della centrale nucleare fotografata nel 1989

L'entrata della centrale nucleare fotografata nel 1989

  • Keystone
Di: Sophie Iselin (RTS)/sf 

È una storia sepolta e quasi dimenticata: il 21 gennaio 1969, la centrale nucleare sperimentale di Lucens, vetrina del “nucleare made in Switzerland”, subisce un grave incidente. Fusione parziale del nocciolo, esplosioni, contaminazione. Il giorno dopo, il comunicato ufficiale parla di “incidente tecnico” e di situazione “sotto controllo, senza pericolo per la popolazione”.

Per quattro anni, il team della centrale si è impegnato a decontaminare la caverna che ospitava il reattore con mezzi più che limitati. Vengono evacuati 230 fusti radioattivi, la galleria viene bonificata e il sito denuclearizzato. Poi la vicenda è stata sepolta sotto il cemento. Si rassicura, si volta pagina.

Si è dovuto aspettare il 2009 perché il consigliere federale Moritz Leuenberger ammetta che “la reale portata è stata nascosta”.

Le foto d'archivio della centrale

Dagli archivi alla discarica

Questa storia avrebbe potuto restare sepolta. Ma di recente, due scatoloni di archivi sono stati recuperati in una discarica vicino a Lucens. “Scatoloni piuttosto sporchi, contenuto alla rinfusa… Non avevamo idea di cosa fosse successo”, riassume l’archivista Anne-Lise Veya. Al loro interno, le tracce delle preoccupazioni della popolazione e dei primi movimenti antinucleari in Svizzera romanda.

È proprio da questi scatoloni che Sophie Iselin, giornalista della RTS, ha ricostruito il filo di questa amnesia collettiva. Per lei, questa vicenda ha un’eco personale: è originaria della regione e nella sua famiglia la valle della Broye veniva chiamata “la valle della morte”.

E mezzo secolo dopo, i fili si ricongiungono in modo inatteso. Sophie scopre che sua madre Pierrette condivide i pasti in una casa di riposo con Jean-Paul Buclin, direttore operativo della centrale il giorno dell’incidente. Lui accetta di raccontare come, dopo l’accaduto, la comunicazione sia completamente sfuggita di mano e come le autorità abbiano preso il controllo, gestendo le informazioni.

Un’altra scoperta sorprendente: Sophie apprende che il padre di una collega della RTS era operatore al reattore. André Durussel ha partecipato allo smantellamento, poi ha cercato le parole per dire ciò che non si poteva esprimere altrimenti, tramite la poesia. “Ed ecco che, prima della Candelora, in una sera grigia del 21 gennaio a Lucens, è morto il reattore”, scrive ad esempio.

Un sito trasformato

Queste testimonianze portano Sophie sul sito dell’ex centrale, oggi trasformato in deposito e rifugio per i beni culturali vodesi. Qui segue la procedura di prelievo effettuata due volte al mese dalle autorità svizzere per misurare i livelli di isotopi radioattivi nei dintorni della centrale. Perché nel 2012, quarant’anni dopo l’incidente, del trizio radioattivo è riaffiorato dalla roccia. Lucens rifiuta di restare sepolta. Ma per quanto tempo ancora? Oggi, per ragioni di bilancio, questi controlli potrebbero essere abbandonati.

Sorveglianza della radioattività a Lucens in forse (La Matinale, RTS, 19.12.2025)

L’Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP) sta infatti valutando questa possibilità nell’ambito delle misure di risparmio. L’attuale monitoraggio deriva da un episodio avvenuto nel 2012, quando del trizio, un isotopo radioattivo, era riaffiorato nelle acque del sito. Questa ricomparsa si spiega con il fatto che una parte del combustibile non aveva potuto essere rimosso durante l’incidente del 1969.

“Nel 2012, abbiamo registrato un valore che era quindici volte più alto di quello dei dieci anni precedenti”, spiega Sibylle Astier, responsabile della radioprotezione presso l’UFSP. L’ufficio aveva quindi deciso di monitorare sistematicamente i valori fino al 2030.

Da allora, non sono stati rilevati valori elevati. “Siamo sicuri di una cosa, ed è che si è trattato di un evento puntuale”, precisa Astier. Tuttavia, non esclude che possano verificarsi altri episodi simili.

Risparmi controversi

La sospensione di questo monitoraggio permetterebbe di risparmiare alcune decine di migliaia di franchi all’anno. L’UFSP giustifica la decisione sottolineando che, anche nei picchi del 2012, i valori erano ben al di sotto delle soglie legali.

Questa prospettiva di interruzione anticipata suscita l’opposizione dei movimenti antinucleari. “Non siamo stati lontani da una delle peggiori potenziali catastrofi nucleari della storia”, sottolinea ai microfoni di RTS Ilias Panchard, consigliere comunale ecologista a Losanna e presidente dell’associazione Sortir du nucléaire.

Secondo lui, questa decisione va contro il principio di precauzione svizzero. “Abbiamo una responsabilità nei confronti delle generazioni future”, afferma.

Questa discussione emerge mentre la questione del nucleare riemerge in Svizzera. Il consigliere federale Albert Rösti ha recentemente ribadito che non si potrà fare a meno di questa energia per evitare una carenza di elettricità.

50:54
Il fungo atomico sopra Nagasaki

Quando la conoscenza incontra la fantasia

Tracce 17.12.2025, 14:05

  • reuters
  • Sarah Tognola
rsi_social_trademark_WA 1.png

Entra nel canale WhatsApp RSI Info

Iscriviti per non perdere le notizie e i nostri contributi più rilevanti

Ti potrebbe interessare