Analisi

Svizzera: chi arriva e chi riparte

Chi sono i circa 90’000 stranieri che ogni anno lasciano la Confederazione? Il fenomeno della migrazione di ritorno in dati

  • Oggi, 05:33
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Tra il 2013 e il 2022, in Svizzera sono arrivate in media 155'000 persone all’anno dall’estero

  • Keystone
Di: Pauline Turuban (SWI swissinfo.ch)/sf 

La Svizzera è indiscutibilmente una terra d’immigrazione. Nel decennio 2013-2022, l’immigrazione netta (la differenza tra immigrazione ed emigrazione) è stata in media di 66’000 persone all’anno. Questo saldo migratorio ha contribuito nella misura dell’85% all’aumento della popolazione residente nella Confederazione, rileva un’analisi di swissinfo.ch.

Nel 2023, l’inclusione in queste statistiche di oltre 50’000 rifugiati ucraini arrivati in Svizzera ha contribuito a portare il saldo migratorio a livelli storici: oltre 148’000 persone di nazionalità straniera in più, pari a una crescita demografica record. Secondo dati ancora provvisori, nel 2024 il saldo è sceso a circa 95’000 persone.

Questo importante fenomeno immigratorio si riflette nella diversità della popolazione del Paese, composta per oltre il 30% da persone immigrate di prima generazione. La Svizzera è tra le nazioni in cui questa percentuale è più alta. Complessivamente oltre il 40% della popolazione ha un passato migratorio.

Questa situazione solleva molte questioni sociali. Se l’UDC si distingue per la sua lotta contro un’immigrazione incontrollata, il tema, come in altri Stati, suscita tensione e va oltre le file del partito.

Decine di migliaia di emigrati ogni anno

Tutto ciò contribuisce a occultare un’altra realtà parallela: quella delle decine di migliaia di stranieri che lasciano ogni anno la Confederazione, sia deliberatamente che in modo più o meno forzato. La sociologa Liliana Azevedo, ricercatrice associata presso il Centro svizzero di ricerca sulla migrazione NCCR – on the move e l’Osservatorio portoghese dell’emigrazione a Lisbona, sottolinea che spesso si tende a dimenticare che le persone che emigrano non sempre si stabiliscono.

Tra il 2013 e il 2022, la Svizzera ha visto arrivare in media 155’000 persone straniere all’anno. Allo stesso tempo, hanno lasciato il Paese in media 90’000 persone, pari a circa il 60% dell’immigrazione.

Il loro numero è aumentato in modo più moderato, ma più costante, rispetto a quello delle immigrazioni dall’inizio degli anni Duemila. Nel 2024, oltre 95’000 persone sono emigrate dalla Svizzera, un numero leggermente superiore rispetto all’anno precedente.

Migrazione di ritorno superiore alla media europea

Come in altri Paesi europei, anche in Svizzera si è constatato che dalla guerra in Ucraina il tasso di migrazione di ritorno è sceso. Questo si spiega soprattutto con la forte proporzione di persone rifugiate provenienti da questo Stato che non possono tornare a casa. Nel 2023, il tasso era di circa 40 emigrazioni ogni 100 immigrazioni, per poi risalire a 50 ogni 100 nel 2024.

Ma se si considerano i dati del 2021, 2022 o 2023 (l’ultimo anno per il quale sono disponibili i dati europei), la Confederazione è tra i Paesi che registrano il maggior numero di partenze rispetto agli arrivi.

La metà riparte entro 5 anni dall’arrivo

Il tasso di migrazione di ritorno da solo non consente analisi approfondite, poiché le persone che immigrano in Svizzera non sono necessariamente le stesse che la lasciano.

L’Ufficio federale di statistica (UST) fornisce anche dati longitudinali, che permettono di saperne di più sui percorsi migratori. Queste statistiche seguono un gruppo di individui arrivati nel Paese nello stesso anno e permettono di osservare le loro traiettorie migratorie e i loro cambiamenti di statuto.

Come si osserva in altri Paesi, i dati mostrano che il tasso di partenza delle persone immigrate è più elevato nei primi anni dopo il loro arrivo. Dei 200’000 stranieri arrivati in Svizzera nel 2011 (tutti gli statuti inclusi), la metà aveva già lasciato il Paese cinque anni dopo e quasi il 60% dopo undici anni. La maggior parte delle partenze è avvenuta nei primi due anni.

L’UST ha fornito a swissinfo.ch le statistiche relative a tutti gli stranieri immigrati in Svizzera tra il 2014 e il 2023, in totale 1,85 milioni di persone nel corso del decennio, incluse quelle appena arrivate e compresi i rifugiati ucraini. Alla fine del 2023, 800’000 persone erano ripartite, ossia oltre il 40% del totale.

Quando si chiede alle persone immigrate nate all’estero quanto tempo pensano di trascorrere in Svizzera, la maggior parte di loro afferma di voler rimanere a lungo termine. Nel 2021, quasi due terzi hanno dichiarato di voler restare per tutta la vita e il 9% per almeno cinque anni. Le persone che avevano intenzione di partire prima erano una piccola minoranza, mentre un quarto era indeciso.

Come spiegare questo divario? Ogni decisione di migrare è unica e dipende da molti fattori, ma è possibile avanzare alcune ipotesi.

Pochi permessi di soggiorno permanenti

Il tipo di permesso di residenza è un fattore determinante per la durata del soggiorno. La maggior parte delle persone immigrate in Svizzera ottiene un permesso B o L.

Quest’ultimo, previsto per un soggiorno massimo di un anno, è il più precario. Nel 2011 circa un terzo delle persone immigrate in Svizzera aveva questo permesso. Più del 70% di loro è effettivamente ripartito.

Il permesso di soggiorno B rinnovabile annualmente, il più comune, riguardava più di una persona immigrata su due. Quasi la metà di loro ha lasciato il territorio.

Tra tutte le persone giunte in Svizzera nel 2011, undici anni dopo solo una minoranza aveva consolidato il proprio diritto a rimanere nel Paese: il 30% aveva ottenuto un permesso di domicilio C, il 4% aveva ottenuto la cittadinanza svizzera.

“Il lavoro lega le persone alla Svizzera”

L’ottenimento e il tipo di permesso di soggiorno sono spesso legati all’occupazione. “Il lavoro è ciò che lega le persone alla Svizzera”, osserva Liliana Azevedo.

Insieme alle ragioni familiari, il lavoro è spesso citato come uno dei principali motivi di migrazione, sia che si tratti di venire in Svizzera o di lasciarla. Sempre più persone affermano di voler lasciare il Paese una volta raggiunta la pensione, una scelta che può essere motivata da ragioni economiche.

Il successo o il fallimento dell’integrazione professionale svolge un ruolo cruciale nella traiettoria migratoria, e rappresenta una sfida ancora più grande per le popolazioni che non padroneggiano una delle principali lingue nazionali o le cui qualifiche non sono riconosciute. “La disoccupazione, i lavori precari o poco qualificati sono tutti ostacoli a restare più di qualche anno”, spiega Azevedo.

Molte persone vengono in Svizzera anche per un’esperienza professionale o accademica, ma spesso non si legano al Paese e lo lasciano facilmente per proseguire la loro carriera altrove.

La libera circolazione delle persone in Europa, entrata in vigore nel 2002, non solo ha stimolato l’immigrazione in Svizzera, ma ha anche favorito un approccio più internazionale al lavoro e, oggi, “i percorsi professionali sono sempre più caratterizzati da molteplici mobilità”, sottolinea Azevedo.

La migrazione di ritorno più forte è quella portoghese

Secondo le statistiche, la durata del soggiorno in Svizzera varia a seconda delle comunità. A lungo termine, uno studio del NCCR – On the move, condotto su persone immigrate nel 1998, mostra che dopo 23 anni, chi era originario di Stati ad alto reddito extraeuropei (con Giappone e Stati Uniti in testa) avevano lasciato il Paese in maggior numero, con tassi di partenza superiori all’80%. Le persone provenienti dalla ex Jugoslavia e dallo Sri Lanka, generalmente per motivi di ricongiungimento familiare, sono invece in gran parte rimaste.

Il ritmo delle partenze dei cittadini dell’UE ha subito un’accelerazione dopo l’introduzione della libera circolazione. Come per l’immigrazione, le persone provenienti dall’UE (in primo luogo i cittadini di Germania, Portogallo, Italia e Francia) sono quelle che lasciano più spesso la Svizzera.

La popolazione portoghese è quella con il più alto tasso di migrazione di ritorno, con 83 emigrazioni ogni 100 immigrazioni nel 2023. Il saldo migratorio della popolazione portoghese è tornato leggermente positivo in quell’anno, dopo sei anni consecutivi in cui le emigrazioni hanno superato le immigrazioni.

Le statistiche fornite a swissinfo.ch dall’UST confermano che si tratta essenzialmente di migrazioni per rientrare nel Paese d’origine. Circa i tre quarti dei cittadini tedeschi, francesi e italiani che hanno lasciato la Svizzera nel 2023 sono tornati nella loro patria.

Guardando un po’ più da vicino i dati dell’immigrazione e dell’emigrazione degli italiani, si nota che nell’ultimo decennio le partenze rappresentano circa la metà degli arrivi. Una tendenza che si ritrova anche negli altri Stati limitrofi.

La percentuale dei rientri in patria è ancora più alta per la comunità portoghese: quasi l’87% delle emigrazioni di ritorno sono avvenute verso il Portogallo.

Ciò è anche legato all’età in cui si verificano le emigrazioni. Le persone che lasciano la Svizzera in età di pensionamento tendono a tornare più spesso nel loro Paese d’origine rispetto a chi è più giovane, più propenso a spostarsi tra diverse nazioni.

La popolazione portoghese tende a emigrare in età più avanzata rispetto ad altre. Quasi il 60% dei portoghesi che hanno lasciato la Svizzera lo ha fatto dopo i 40 anni, e più di un quarto dopo i 60 anni. In confronto, la maggior parte delle emigrazioni per le altre nazionalità si è verificata tra i 20 e i 40 anni.

La nostalgia di casa

Secondo uno studio dell’Università di Neuchâtel pubblicato nel 2023, “l’ideologia del ritorno” è ancora fortemente radicata nella comunità portoghese. Rispetto agli altri gruppi stranieri studiati, i portoghesi sono i più legati al loro Paese d’origine e si sentono meno parte della Svizzera. In generale, la nostalgia di casa è citata come un fattore decisivo nel 7% dei casi, indipendentemente dalla nazionalità.

L’immagine dei lavoratori poco qualificati della seconda metà del XX secolo, che emigravano in massa con l’obiettivo di lavorare e risparmiare per tornare nel Paese, senza intenzione di integrarsi, è stata a lungo attribuita dapprima principalmente agli italiani e in un secondo tempo ai portoghesi. Questa immagine corrisponde a una realtà, ma è anche dovuta al permesso di soggiorno stagionale, l’unico a cui potevano aspirare fino a un certo periodo, che doveva venire rinnovato di anno in anno e consentiva di restare in Svizzera solo per un certo numero di mesi.

Oggi, l’immigrazione portoghese non si limita più a questo, soprattutto dopo la grave crisi economica che il Portogallo ha attraversato all’inizio degli anni 2010. Il tasso di disoccupazione, allora molto elevato, ha spinto una nuova ondata di persone a partire. Nonostante fossero ben qualificate, alcune hanno avuto difficoltà a trovare un lavoro che fosse all’altezza dei loro diplomi.

Questo alimenta la sensazione di essere solo di passaggio e idealizza un ritorno alle radici. La specialista della migrazione portoghese Liliana Azevedo afferma che, dopo la crisi, la situazione socio-economica e l’immagine del Portogallo sono cambiate. Lo Stato portoghese ha persino trasformato il ritorno al Paese dei suoi cittadini in un programma politico.

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