Approfondimento

Troppi pochi programmi di deradicalizzazione

La Svizzera, secondo diversi esperti, ha un’offerta insufficiente in questo campo, una situazione che rappresenta un rischio per la società

  • Oggi, 05:28
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Non è chiaro per quanto tempo gli ex combattenti dell'IS, compresi quelli partiti dalla Svizzera, resteranno nelle carceri curde in Siria

  • Keystone
Di: Sibilla Bondolfi (SRF)/sf 

Quando un’avvocata ha cercato un programma di deradicalizzazione per un ex simpatizzante dello Stato Islamico (IS), ha dovuto constatare che ne esistevano pochi in Svizzera. L’offerta è molto marginale al di fuori delle carceri.

Mirjam Eser Davolio, dell’Istituto per la diversità e l’integrazione sociale della Scuola universitaria di scienze applicate di Zurigo (ZHAW), lo conferma ai microfoni della SRF: “In Svizzera siamo un po’ deboli per quanto riguarda le offerte di deradicalizzazione”, con i Cantoni che esiterebbero a proporne.

Anche la Rete integrata svizzera per la sicurezza e il Centro svizzero di competenze in materia d’esecuzione di sanzioni penali mettono l’accento sulla necessità di maggiori misure.

Programmi di deradicalizzazione insufficienti (Rendez-vous, SRF, 10.06.2025)

L’avvocata ha risolto il problema ingaggiando una psicoterapeuta e un assistente sociale per il suo cliente. Per Ahmed Ajil, criminologo e ricercatore sul terrorismo dell’Università di Lucerna, questo può essere sufficiente, a seconda del caso: “Anche se mancano effettivamente offerte specifiche per le persone con affinità con l’IS, le offerte esistenti di psicoterapeuti, assistenti sociali e spirituali possono coprire buona parte dei casi”. Dato che ci sono poche persone interessate in Svizzera, ci si può anche chiedere se valga davvero la pena creare un’offerta specifica.

Il teologo musulmano Kerem Adıgüzel vede le cose diversamente: “È possibile che i consulenti spirituali possano offrire un certo supporto in singoli casi, ma in generale non sono il punto di riferimento adatto per la deradicalizzazione. Molti di loro non sono specializzati in questo ambito”.

Tutti gli esperti interpellati da SRF concordano sul fatto che un approccio interdisciplinare sia il più promettente, ovvero una collaborazione tra esperti di jihadismo, terapeuti, assistenti sociali e consulenti spirituali.

Il ritorno dei combattenti dell’IS

Con la fine del regime di Assad e la fine degli aiuti statunitensi, non è ancora chiaro per quanto tempo le forze curde potranno tenere sotto controllo prigioni e campi dove sono incarcerati i sostenitori dell’IS in Siria.

C’è quindi la possibilità che chi è partito per combattere torni nel Paese d’origine, Svizzera compresa. La Confederazione sarebbe solo parzialmente pronta a una simile eventualità secondo Eser Davolio: “I detenuti radicalizzati sono certamente distribuiti in diverse strutture carcerarie e tenuti sotto osservazione.” Ma finora non esistono programmi di disimpegno o deradicalizzazione nelle carceri. L’avvocata ritiene necessari programmi specifici per gli ex combattenti, soprattutto alla fine della pena detentiva. “Sono persone oggetto di una forte esclusione e stigmatizzazione. Sono spesso molto sole, e l’isolamento è un fattore a rischio della radicalizzazione”, sarebbe quindi importante aiutarli reinserirle in un contesto sociale e lavorativo.

Un punto di vista condiviso da Mallory Schneuwly Purdie, del Centro svizzero Islam e società dell’Università di Friburgo. La Svizzera è meglio preparata a un ritorno dei combattenti dell’IS rispetto a 5 anni fa, ma la gestione di queste persone sarebbe impegnativa: “Queste persone hanno vissuto per anni in campi e prigioni curde. Sono arrabbiati con le autorità svizzere perché non hanno fatto nulla per loro”. La mancanza di programmi specifici di deradicalizzazione rappresenta un rischio per la loro salute mentale e per la sicurezza della società.

22:03

Le donne di Tehran

Laser 18.06.2025, 09:00

  • Keystone
  • Emanuele Valenti e Claudio Enrico Maggiolini
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