“A nessuno interessa fermare l’economia della droga e il traffico di stupefacenti, perché la ricchezza che questa produce viene distribuita, in gran parte, nei Paesi del primo mondo”. È così che Anabel Hernández, giornalista investigativa messicana, spiega il ruolo del narcotraffico sulla scacchiera internazionale ai microfoni della RSI nella cornice del festival internazionale “Endorfine”.
Pochi giorni fa Donald Trump, presidente statunitense, ha però fatto colpire un’imbarcazione che stava probabilmente trasportando della droga, dando il via a una già preannunciata guerra contro i cartelli. “Noi sappiamo che Donald Trump è un personaggio molto controverso”, dichiara al Telegiornale Hernández, ma “per quanto riguarda l’accusa secondo cui il Governo messicano ha un legame inaccettabile con i cartelli della droga, questo è un fatto vero”. Per questo motivo la giornalista parla del Paese come di una “narcocrazia”, ovvero di un Paese in cui “senatori, deputati, governatori e la Presidenza della Repubblica sono contaminati dal legame che esiste con la criminalità organizzata”, principalmente con “il cartello di Sinaloa e con il Cártel Jalisco Nueva Generación”.
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Anabel Hernández è una scrittrice e giornalista investigativa messicana che, da oltre 20 anni, si dedica al racconto dei cartelli messicani, in particolare quello di Sinaloa, considerato l’organizzazione criminale più potente al mondo. Con le sue indagini Hernández ha svelato il profondo rapporto tra i governi messicani e i narcos.
Nonostante ciò, una narcocrazia non si può combattere “con un intervento militare”, ma in una “ottica mondiale”, poiché “il Messico rappresenta un nodo criminale che sta influenzando tutto il pianeta”. Si parla del “cartello di Sinaloa che, almeno dal 2013, è attivo nel 60% delle aree del pianeta”.

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La doppia morale occidentale
La politica europea ha un ruolo fondamentale in questo senso. “Io penso ci sia una doppia morale”, perché “in realtà nessuno vuole arrivare al cuore di questo tema, che è il riciclaggio”. I Paesi europei si iniziano a preoccupare “quando questo denaro criminale comincia a produrre violenza”, ma buona parte “della stabilità economica che hanno tutte queste potenze del mondo proviene da quei soldi sporchi”, che se non rientrassero “in circolazione legale, il benessere di questo continente non sarebbe tale”. Hernández sostiene che anche la Svizzera funge da piattaforma per il riciclaggio di denaro sporco così come altri Paesi europei.

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I nuovi traffici: pedopornografia, traffico sessuale di donne e traffico di organi
La giornalista d’inchiesta si spinge anche a dire che, oggi, il traffico di stupefacenti è uno degli affari “più innocenti” del cartello di Sinaloa. Al momento, infatti, il gruppo “si occupa della pedopornografia, del traffico sessuale di donne e di traffico di organi”. I narcos si muovono “ovunque ci sia un affare”, in quanto essi rappresentano “l’espressione più brutale del capitalismo”. “Non importa cosa sia la merce”, ma “se esiste un consumatore”, esiste il mercato in cui muoversi. La pedopornografia, il traffico sessuale e di organi esiste perché “ci sono i consumatori”, che non sono “in Messico, ma in altre diverse parti del pianeta.
C’è quindi bisogno di “consapevolezza”. Se “si vuole consumare droga”, bisogna sapere che “quel grammo di cocaina che si è consumato oggi”, aiuta anche “a violentare un bambino o a trafficarlo nel modo più terribile che si può immaginare”. L’unica guerra che si può fare al momento contro i narcos “sono due: contro il riciclaggio di denaro e contro i consumatori, facendo sensibilizzazione”.

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Legalizzazione delle sostanze stupefacenti: “Ora non è la soluzione”
Secondo Hernández la legalizzazione oggi “non è la soluzione”. In California e in Colorado “si è deciso di legalizzare la marijuana”, hanno pensato “il problema è risolto”, perché “con le industrie legali della marijuana la gente può consumare e con i guadagni si riscuote una tassa, che si può distribuire”. Cosa hanno però fatto “il cartello di Sinaloa con i cinesi? Hanno smesso di produrre in Messico e si sono spostati in California, erodendo parti di territorio per creare delle piantagioni di marijuana”.
Se esiste la marijuana legale, riferisce la giornalista, “c’è bisogno anche di quella illegale, perché questa sarà sempre meno costosa”. “Ovunque si legalizzi la droga ci sarà sempre una parte dell’organizzazione che potrà produrla meno cara”, e “ci sarà sempre un mercato che preferirà pagare meno per i suoi vizi”.

Combattere il narcotraffico legalizzando la droga? Anabel Hernández non è d’accordo
RSI New Articles 23.09.2025, 19:35
Origini, storia e sviluppo del cartello di Sinaloa
Il cartello di Sinaloa, conosciuto anche come cartello del Pacifico, è un’organizzazione criminale messicana con centro operativo nello Stato del Sinaloa. Il gruppo estende la propria influenza e i suoi traffici su tutti e cinque i continenti, specializzandosi nel traffico di droga, soprattutto di marijuana, eroina, cocaina e metanfetamina.
Le origini del cartello di Sinaloa risalgono ai primi decenni del Novecento, quando nella regione cominciarono a emergere le prime forme di criminalità organizzata. I primi gruppi si stabilirono in una zona ricca di coltivazioni di marijuana e di oppio, chiamata il “Triangolo Dorato”, situata tra gli Stati di Durango, Chihuahua e il già citato Sinaloa. Proprio in queste aree, dagli anni ‘20 in avanti, gli immigrati cinesi vennero spodestati dai produttori e dai trafficanti locali nel traffico di oppio ed eroina verso gli Stati Uniti.
Negli anni ‘90, dopo l’arresto di Miguel Ángel Félix Gallardo, il potente cartello di Guadalajara venne frammentato e i territori da esso controllati ripartiti a tavolino. Questa ripartizione non durò a lungo, poiché in quel periodo il cartello di Sinaloa, controllato da El Chapo Guzmàn, El Mayo Zambada ed El Güero Palma Salazar, si impose sullo scenario criminale (assieme al cartello di Tijauna e a quello di Juárez).
Secondo le inchieste giornalistiche condotte da Anabel Hernández, nel nuovo secolo Vicente Fox, presidente messicano dal 2000 al 2006, ha cambiato le carte in gioco. I presidenti precedenti avevano, infatti, dato impunità indistinta a tutti i cartelli, mentre Fox ha deciso di lottare contro tutti i gruppi criminali e di sostenere quello di Sinaloa. In questo modo il gruppo del Pacifico è diventato predominante, anche in ambito politico. Nell’ultimo periodo il cartello ha ricevuto diversi colpi, soprattutto a causa degli arresti di El Chapo Guzmàn e Zambada ma, grazie al loro sistema famigliare e sociale, sono ritenuti, ancora oggi, una delle organizzazioni più potenti al mondo.

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