Nella serata di sabato un portavoce dell’esercito israeliano ha dichiarato a Reuters che Israele ha autorizzato la ripresa dei lanci di aiuti umanitari dal cielo su Gaza. L’esercito ha annunciato anche diverse misure per alleviare la crisi umanitaria, oltre alla desalinizzazione per creare fino a 20’000 metri cubi d’acqua potabile, fornendo le linee elettriche dal territorio israeliano. Saranno istituiti corridoi umanitari per consentire la circolazione sicura dei convogli delle Nazioni Unite che consegnano aiuti alla popolazione di Gaza e pause umanitarie in aree densamente popolate. Dal canto suo il ministro degli Esteri di Israele, Gideon Sa’ar, ha annunciato al ministero degli Esteri italiano che l’esercito israeliano attuerà un cessate il fuoco umanitario a partire da domenica mattina e fino a sera in diversi centri abitati di Gaza, tra cui la Striscia settentrionale.
L’apertura israeliana giunge in un contesto umanitario che Regno Unito, Francia e Germania hanno definito “spaventoso” e, nel tentativo di portare sollievo ai gazawi, hanno annunciato un piano congiunto per la distribuzione aerea di aiuti nella Striscia, in partnership con Paesi come la Giordania e col benestare di Israele. Un tentativo “disperato” affermano fonti britanniche alla BBC, e un’iniziativa che in ogni caso non convince l’ONU, secondo cui paracadutare i beni di prima necessità rappresenta un sistema “inefficiente e costoso”. E un modo per “distrarre” l’attenzione dal vero problema: “L’inazione” di Israele che dovrebbe “togliere l’assedio, aprire i cancelli e garantire spostamenti sicuri e un accesso dignitoso agli aiuti”. “Trasportare i beni è molto più facile, più efficace, più veloce, più economico e più sicuro”, ha spiegato il commissario dell’Unrwa Philippe Lazzarini.
Ma per Israele, rappresenta il modo in cui Hamas si appropria degli aiuti senza lasciare nulla alla popolazione civile. Una narrazione di cui tuttavia non ci sarebbe riscontro: a sostenerlo è il Nyt citando due alti ufficiali militari israeliani e altri due israeliani coinvolti nella vicenda, secondo cui lo Stato ebraico non ha prove di alcun presunto sistematico saccheggio degli aiuti dell’ONU da parte dei miliziani palestinesi, argomento principale utilizzato per giustificare la creazione della controversa Gaza Humanitarian Foundation. E anche l’agenzia governativa statunitense Usaid non ha trovato alcuna prova di tali furti sistematici, dopo aver analizzato 156 casi di saccheggio o smarrimento di forniture finanziate dagli USA.
In ogni caso, Israele ha dichiarato tramite il suo organismo militare Cogat che i camion di beni continuano ad arrivare a Gaza - ieri ne sono entrati circa 90, carichi di cibo. E ha addossato la responsabilità della carestia all’ONU, accusata di inefficienza nella distribuzione, dato che “centinaia di pallet di aiuti delle Nazioni Unite sono ancora in attesa di raccolta e distribuzione”.
Mentre prosegue il rimpallo di accuse, il cibo e i beni essenziali restano per settimane sotto il sole cocente, finendo drammaticamente per deteriorarsi. Tanto che l’Idf ha distrutto decine di migliaia di aiuti umanitari, tra cui ingenti quantità di cibo destinato ai residenti di Gaza, dopo essere scaduti perché rimasti fermi troppo a lungo sul lato palestinese del valico di Kerem Shalom. “Abbiamo seppellito tutto e li abbiamo persino bruciati”, ha raccontato una fonte israeliana all’emittente pubblica Kan. “Ancora oggi ci sono migliaia di pacchi in attesa al sole e, se non verranno trasferiti a Gaza saremo costretti a distruggerli”.
Mentre regna il caos sugli aiuti e proseguono i bombardamenti su tutta la Striscia, a Gaza si continua a morire e il bilancio delle vittime sfiora ormai i 60’000 morti dall’inizio della guerra. La tregua resta lontana, lo testimoniano le ultime dichiarazioni del presidente statunitense Donald Trump che si è scagliato contro Hamas accusandolo di “non volere realmente” un accordo per il cessate il fuoco e lo scambio di ostaggi e prigionieri. “Dichiarazioni particolarmente sorprendenti, soprattutto perché arrivano in un momento in cui erano stati compiuti progressi su alcuni dossier negoziali”, ha commentato il funzionario di Hamas Taher al-Nunu, che si è detto ugualmente stupito della decisione di Israele e USA di ritirare le loro squadre negoziali da Doha.
La Flotilla ci riprova, l’Idf la blocca
Nella serata di sabato l’imbarcazione Handala, 37ma missione in 18 anni della Freedom Flotilla, si è avvicinata alle acque di Gaza facendo scattare il blocco della sicurezza marittima israeliano. Le immagini in diretta hanno mostrato i soldati salire a bordo e identificare i presenti. “L’Idf impone il blocco della sicurezza marittima sulla Striscia di Gaza ed è preparata ad affrontare una serie di scenari”, ha affermato l’esercito.
A bordo i 21 attivisti di 10 nazionalità dell’ong pro-palestinese, hanno aspettato l’inesorabile intercettazione e arresto da parte dell’Idf, trappola nella quale si infilano volontariamente e da soli, facendo - qui il j’accuse dell’Ong - quello che “dovrebbe fare la comunità internazionale”. I 21 attivisti annunciano che, quando scatterà l’arresto, faranno collettivamente uno sciopero della fame, non solo per protestare contro Israele e il “genocidio” di Gaza, ma diretto “ai governi del mondo che hanno mancato di difendere il diritto internazionale”, che “hanno abbandonato i palestinesi” e “deluso l’umanità”, chiedendo che siano “dichiarato responsabili”, come recita un drammatico post dello stesso equipaggio della Handala pubblicato sui social network. L’Handala chiede ai governi dei 10 paesi di provenienza “protezione e un salvacondotto per i loro cittadini a bordo”, che “stanno facendo ciò che dovrebbero fare i governi”, cioè: portare aiuti umanitari a “rompere l’assedio illegale di Israele su Gaza”.
A bordo ci sono anche lo skipper italiano Tony La Piccirella, barese, e il blogger siciliano Antonio Mazzeo. “Se ci fermeranno - aveva detto La Piccirella, raggiunto telefonicamente dall’ANSA - sarà perché i governi non hanno protetto la missione e hanno consentito un’azione illegale in acque internazionali in violazione di tutti i diritti e delle leggi internazionali. Se ci porteranno a Ashdod sarà contro la nostra volontà, saremo sequestrati, con l’Idf che prenderà il controllo dell’imbarcazione in forma militare armata”.
Ex peschereccio norvegese, la Handala è partita il 13 luglio da Siracusa, facendo tappa il 18 a Gallipoli, in Puglia, dove ha imbarcato anche due attivisti francesi con un carico simbolico di cibo, medicinali oltre a latte in polvere e giocattoli per i bambini di Gaza. La barca ha superato nel pomeriggio il punto il cui lo scorso 9 giugno fu intercettata e portata al porto israeliano di Ashdod la missione precedente della Flotilla, la barca a vela Madleen con a bordo l’europarlamentare Rima Hassan e, soprattutto l’attivista climatica svedese Greta Thunberg, definita “antisemita” dal ministro della Difesa israeliano, Israel Katz. “Noi - dice La Piccirella - abbiamo solo certezza delle nostre intenzioni. Siamo in 21: ci sono medici, infermieri, giornalisti, attivisti per i diritti umani. E’ un gruppo vario, con persone che provengono anche da Stati Uniti, Canada, Francia e Tunisia”.

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