Grande aspettativa da parte soprattutto dei padroni di casa brasiliani, cautela tra gli addetti ai lavori, timori generalizzati per i problemi organizzativi e per una possibile impasse nelle negoziazioni fra le parti. La COP30 di Belem, che parte lunedì nella città amazzonica situata nel nord del Brasile, ha avuto un antipasto sostanzioso nel vertice dei leader voluto fortemente dall’anfitrione Lula da Silva.
Nonostante gli sforzi degli organizzatori a pesare sono state soprattutto le assenze, dimostrazione tangibile di quanta sia divisiva oggi a livello globale la ricerca di strategie per la lotta ai cambiamenti climatici. Ad accompagnare Lula solo una ventina di capi di Stato e di governo, parecchi meno rispetto all’apertura della Cop29 a Baku, moltissimi meno se si guarda alla Conferenza del 2023 svoltasi in Egitto. Spicca fra tutte l’assenza ampiamente annunciata del presidente americano Donald Trump, con lui gli Stati Uniti sono usciti dall’accordo di Parigi e sono alla testa dei paesi scettici proprio sugli effetti del riscaldamento globale. Non si sono fatti vedere nemmeno il presidente argentino Milei, la premier italiana Giorgia Meloni (al suo posto il ministro degli esteri Tajani), il leader cinese Xi Jinping e l’indiano Modri.
A fianco di Lula c’erano i leader europei più impegnati sulla questione climatica, il francese Macron, il tedesco Mertz e il britannico Starmer, oltre a Ursula Von der Leyen per la UE e il segretario generale dell’Onu Guterres. Dal palco Lula ha invitato i presenti a fare un passo decisivo nel cammino graduale verso l’abbandono dei combustibili fossili, in sala si sono sentiti dei mugugni da parte degli ambientalisti brasiliani che hanno fortemente criticato la recente decisione del suo governo di autorizzare l’esplorazione petrolifera offshore nella foce del Rio delle Amazzoni.
Le contraddizioni, del resto, saranno un leitmotiv di questa Cop30. La stessa scelta della sede è stata fortemente criticata nei mesi precedenti perché la città di Belem è sprovvista della struttura logistica e alberghiera per ospitare un evento di portata globale. I prezzi dei pochi hotel a disposizioni sono saliti alle stelle e gli organizzatori della Conferenza sono stati costretti a far arrivare due grandi navi da crociera per poter accogliere le delegazioni.
Lula ha lanciato un ambizioso piano per proteggere le foreste tropicali del Pianeta (TFFF la sigla in inglese), diversi leader hanno apprezzato l’idea, ma finora solo Indonesia, Francia, Norvegia e Portogallo hanno assicurato che doneranno dei fondi. Tra i negoziatori e gli sherpa in arrivo in Brasile c’è un certo scetticismo sulla possibilità di arrivare ad un consenso sulle prossime mete. Questo il parere anche di Marcio Astrini, segretario dell’Osservatorio del Clima, la rete che riunisce diverse associazioni e ONG ambientaliste brasiliane. “La Cop29 – ha detto al telegiornale della RSI - a Baku è stata molto dura, con un clima ostile e forti divisioni tra le delegazioni. Oggi il Mondo è ancora più diviso, con conflitti armati e guerre commerciali e tariffarie. Sarà difficile trovare la quadratura del cerchio perché ogni paese deve fare i conti con questi scenari e con il peso molto forte del nuovo protezionismo degli USA”.
Nella Blue Zone che riunisce gli accreditati alla Cop, intanto, è nata una prima protesta collettiva per i prezzi esorbitanti di spuntini, caffè e bibite al bar. Non ci sono dispenser d’acqua, le bottigliette in vendita costano l’equivalente di cinque franchi e sono di plastica non riciclabile. Non il massimo per un vertice che si pone l’obbiettivo molto ambizioso di salvare il Pianeta.








