Charlie Hebdo, 10 anni dopo

Il 7 gennaio del 2015 due terroristi decimarono la redazione di Parigi: fu un attentato politico che tuttavia non uccise lo spirito del periodico satirico - Vi raccontiamo quei momenti e cosa successe dopo

  • 3 gennaio, 05:29
  • 16 gennaio, 16:24
Indice
Prologo

La banalità del male

Le sirene. Tre colpi di kalashnikov, che spaccano i timpani e fanno gelare il sangue. Altri spari. Urla di dolore. Il poliziotto, Ahmed Merabet, è steso al suolo sul marciapiede del Boulevard Richard Lenoir a Parigi, è ferito, inerme. Chiede pietà. Qualche passo veloce e uno dei due incappucciati gli è addosso. Il colpo, a freddo, alla testa, per rubargli la vita. Pietà l’è morta. Di Merabet, nella memoria collettiva, rimarrà quello scatto finito in prima pagina: lui che si volta verso il suo assassino… le mani alzate in segno di resa… il fucile d’assalto puntato… la banalità del male.

Capitolo uno

Quel maledetto 7 gennaio

Il nastro si riavvolge. La lunga scia di sangue, registrata nel video che fa il giro del mondo quel maledetto 7 gennaio 2015, parte poco lontano, dalla redazione del settimanale satirico Charlie Hebdo, in rue Nicolas-Appert, vicino alla Bastiglia, nell’XI arrondissement. Qui i due incappucciati, vestiti di nero (come se appartenessero alle forze speciali), hanno appena fatto irruzione e compiuto una strage. “Allah akbar”, urlano. E aprono il fuoco sui presenti, come ritorsione per la pubblicazione delle vignette su Maometto, da loro ritenute offensive. Vignette che erano state pubblicate una prima volta nel 2005 dal quotidiano danese Jyllands-Posten; Charlie Hebdo le aveva riprese.

Charlie (fondato nel 1970) è diventato famoso per l’irriverenza delle sue vignette, che non fanno sconti a nessuno, né alla politica né alla religione. Come simbolo di irriverenza e libertà di espressione... diventa un obiettivo. Accusato da una parte del mondo musulmano di “blasfemia”, finisce nel mirino degli integralisti. “Abbiamo ucciso Charlie Hebdo”, urlano per strada i due incappucciati dopo la strage.

01:49

08.01.2015: Charlie Hebdo, la storia del periodico satirico

RSI Info 08.01.2015, 21:17

L’attentato contro Charlie è una delle tante tappe sul percorso del terrore tracciato dall’integralismo di matrice islamica dopo gli attentati alle Torri gemelle di New York del 2001. Prima di questa, tra le altre stragi ricordiamo quelle di Madrid (11 marzo 2004, 192 morti e oltre 2’000 feriti, con le bombe fatte esplodere nelle stazioni di Atocha, El Pozo, Santa Eugenia), Londra (7 luglio 2005, 52 morti in quattro attentati suicidi in tre stazioni della metro e su un autobus, attentati attribuiti a gruppi legati ad al Qaeda come rappresaglia agli interventi in Iraq e Afghanistan dei britannici) e Bruxelles (nel 2014, un ex militare francese, legato ai jihadisti in Siria, uccide a colpi di kalashnikov quattro persone al museo ebraico).

Altri attentati, altrettanto sanguinari, seguiranno.

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Si arriva quindi al 7 gennaio 2015, a Parigi. Sotto i proiettili degli integralisti, sapremo alla fine, cadono 12 persone, otto tra giornalisti e disegnatori, un ospite del giornale, un addetto alla manutenzione dell’edificio e due agenti (uno è proprio Ahmed Merabet, che i due terroristi incappucciati incroceranno sulla loro strada mentre sono in fuga dopo l’attentato).

Tra le vittime il direttore Stéphane Charbonnier (detto Charb) e diversi collaboratori storici del periodico (Cabu, Tignous, Georges Wolinski, Philippe Honoré) che stavano lavorando nella sede del giornale, già bersaglio di un attacco con bombe molotov nella notte tra il 1 e il 2 novembre 2011 (quel 2 novembre Charlie avrebbe messo in copertina una vignetta con Maometto).

Capitolo due

La fuga dei terroristi

Dopo l’attentato e l’assassinio a sangue freddo del poliziotto Ahmed Merabet, i due incappucciati, i fratelli franco algerini Saïd e Chérif Kouachi (sedicenti appartenenti alla cellula yemenita di Al Qaeda), proseguono la fuga a bordo di una piccola utilitaria nera, che poi abbandonano, impadronendosi di un’altra automobile.

Mentre viene lanciato “l’allarme attentato” nell’Île-de-France, scatta anche la caccia all’uomo ma i due fratelli, nel frattempo, sono riusciti a far perdere le loro tracce. Si sono diretti verso i boschi del nord della Francia, al confine con il Belgio, si saprà poi.

02:32

Dall'archivio: 08.01.2015: Charlie Hebdo, caccia ai killer

RSI Info 08.01.2015, 14:04

Il 9 gennaio ricompaiono vicino a Parigi, nel dipartimento di Seine-et-Marne, dove, a un certo punto, decidono di entrare in una tipografia nella zona industriale di Dammartin-en-Goële, in Rue Clément Ader. Non sanno che all’interno c’è una persona, un grafico, che riesce ad avvertire la polizia inviando un messaggio con il telefono cellulare. Poi viene preso in ostaggio ma ora le forze speciali sanno dove si nascondono i due terroristi, così circondano in forze la tipografia, in assetto da guerra. Il cerchio si chiude.

Capitolo tre

L’inferno dell’Hyper Cacher 

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Intanto, sempre il 9 gennaio, un complice dei Kouachi, Amedy Coulibaly, che rivendica di far parte dello Stato Islamico, dopo aver ucciso il giorno prima una poliziotta (Clarissa Jean-Philippe, 26 anni), si barrica in un supermercato kosher in Avenue de la Porte de Vincennes, nel XX arrondissement di Parigi. Qui prende in ostaggio diverse persone (ne ucciderà quattro, tutti cittadini francesi di religione ebraica). 

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Siamo arrivati al pomeriggio del 9 gennaio. Verso le 17.00 le forze speciali francesi entrano in azione nella tipografia di Dammartin-en-Goële e pochi minuti dopo, alle 17:12, nel supermercato per liberare gli ostaggi.

I fratelli Kouachi da una parte e Coulibaly dall’altra cadono sotto i colpi delle teste di cuoio.

Le immagini registrate nei video mostrano i movimenti dei gruppi di decine di agenti che entrano in azione mentre si sentono detonazioni e il crepitio delle armi automatiche. Più avanti si saprà che i tre terroristi avevano pianificato l’azione con altri complici, nel frattempo fuggiti verso la Siria.

Capitolo quattro

La marcia di solidarietà

Il massacro a sangue freddo di così tante persone innocenti (nella redazione del settimanale, per le strade di Parigi, nel supermercato), rendono sgomenti. La società civile reagisce.

L’11 gennaio, riunite sotto lo slogan Je suis Charlie (“Io sono Charlie”), due milioni di persone partecipano a una marcia a Parigi per dimostrare solidarietà alle vittime ma anche per la libertà di stampa e di espressione. Presenti anche 50 capi di Stato di tutto il mondo. In testa al corteo i leader europei. Tra gli altri sono presenti anche il premier israeliano Benjamin Netanyahu e il presidente palestinese Mahmoud Abbas.

Il 14 gennaio, il numero di Charlie Hebdo ultimato dai superstiti della redazione, ospitati nella sede di Libération, viene tradotto in 16 lingue e va esaurito con una tiratura mondiale di 5 milioni di copie. 

Capitolo cinque

Il ricordo del caporedattore

“È stato un attentato politico ma i terroristi non hanno ucciso Charlie Hebdo”, ribadisce a Parigi, dove lo incontriamo, il caporedattore Gérard Biard, scortato dalla polizia, sfuggito all’attentato perché quel 7 gennaio era a Londra. 

“Stiamo facendo in modo che il lavoro di chi è stato ucciso 10 anni fa continui: questo è il nostro impegno”, aggiunge ai nostri microfoni,

Il diritto alla caricatura e il diritto al blasfemo, intanto, sono messi in discussione. Dopo una polemica, nel 2019 The New York Times ha deciso di non pubblicare più caricature. Lo scorso anno la Danimarca ha reintrodotto il reato di blasfemia. Charlie Hebdo continua a difendere la libertà e laicità di pensiero, nonostante le minacce continuino, anche di morte. I collaboratori però sono costretti a lavorare in una redazione segreta, che assomiglia a un bunker, protetta da 85 agenti di polizia e sei porte blindate.

23:45

Charlie Hebdo non è stato ucciso, l'intervista completa al caporedattore Gérard Biard

Laser 06.01.2025, 09:00

  • keystone
03:03

L'intervista al caporedattore di Charlie Hebdo

Telegiornale 07.01.2025, 20:00

Capitolo sei

L’inizio di una stagione di terrore per la Francia

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L’attentato a Charlie Hebdo del 7 gennaio 2015 apre una stagione di terrore per la Francia. Il Paese, sconvolto, non può ancora sapere che è solo il primo passo di una discesa verso gli inferi. Si ripiomba nell’incubo meno di un anno dopo, prima a causa delle stragi del 13 novembre 2015 (130 morti) - con le esplosioni vicino allo Stade de France e le sparatorie in diversi luoghi pubblici di Parigi, la più sanguinosa alla sala per concerti del Bataclan - e in seguito, il 14 luglio 2016, con l’attentato sulla Promenade des Anglais di Nizza (86 morti).

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Il 2 settembre 2020 inizia il processo per la strage a Charlie Hebdo, l’iter si concluderà con 14 condanne: tra le principali quelle contro Peter Cherif (accusato di essere coinvolto nella pianificazione dell’attentato e condannato all’ergastolo), contro Ali Riza Polat (dichiarato “colpevole di complicità” con i killer, 30 anni di carcere), contro Hayat Boumeddiene, (compagna di Coulibaly, condannata a 30 anni in contumacia).

03:05

Dall'archivio: Radiogiornale 18.30 del 15.11.2015: Parigi, la prima giornata di lutto nazionale, reportage dell’inviata Lucia Mottini

Scelti per voi 18.11.2015, 17:46

  • Keystone
02:38

Charlie Hebdo, oggi il processo

Telegiornale 02.09.2020, 22:00

Conclusione

Charlie Hebdo non è stato ucciso

L’attentato contro Charlie Hebdo rappresenta un fatto inedito e ha cambiato tutto, ha reso Charlie Hebdo un simbolo della libertà di espressione e della lotta al terrorismo.

Oggi, 10 anni dopo, tornando sulle tracce dell’orrore, ripercorriamo una storia che parla delle vittime di un attentato, dell’irriverenza di una rivista satirica ma anche di libertà di espressione…. che non si è spenta, nonostante il crepitio dei fucili d’assalto.

A cura di:Massimiliano Angeli, contenuti giornalisticiSamanta Martinoli, elaborazioni graficheRSI Info, produzione

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