Dal weekend scorso in Francia è vietato fumare su spiagge, nei parchi pubblici e entro 10 metri da scuole, piscine e biblioteche, per proteggere i bambini dal fumo passivo. La nuova norma prevede multe fino a 700 euro e rientra nel piano “generazione senza tabacco” entro il 2032. Il caso francese riflette un trend globale: sempre più Paesi introducono divieti severi contro il fumo nei luoghi pubblici. Ma com’è cambiata nel tempo la normativa nel mondo?
Quando fumare era “trendy”
Il fumo di tabacco è stato per secoli una pratica socialmente accettata e, in molte epoche storiche, persino incoraggiata. Fino alla seconda metà del Novecento, le sigarette erano considerate simbolo di eleganza, virilità o emancipazione, spesso promosse anche attraverso pubblicità mirate. Tuttavia, a partire dagli anni ‘50, la ricerca medica ha iniziato a dimostrare con crescente chiarezza gli effetti nocivi del fumo sulla salute umana, in particolare il legame tra il consumo di tabacco e malattie come il cancro ai polmoni, le patologie cardiovascolari e i disturbi respiratori cronici. Questa crescente consapevolezza scientifica ha innescato un processo di revisione delle politiche pubbliche a livello globale, volto a ridurre il fumo attivo e passivo attraverso leggi sempre più restrittive.
Marketing del tabacco
Il primo grande passo in questa direzione si deve al “Surgeon General’s Report” pubblicato negli Stati Uniti nel 1964, in cui si stabiliva un chiaro nesso causale tra fumo e malattie gravi. Da quel momento, diversi Paesi hanno cominciato a imporre obblighi di etichettatura sanitaria sui pacchetti di sigarette, divieti pubblicitari e restrizioni al consumo nei luoghi pubblici. Nel corso dei decenni successivi, queste misure si sono fatte via via più severe, includendo il divieto di fumo in spazi chiusi, mezzi di trasporto pubblici, luoghi di lavoro e, in alcuni casi, anche all’aperto. Le motivazioni alla base di questi divieti non sono solo sanitarie, ma anche economiche e sociali. I costi associati al trattamento delle malattie correlate al fumo, così come quelli derivanti dalla perdita di produttività lavorativa, rappresentano infatti un peso enorme per i sistemi sanitari nazionali.
La svolta “proibizionista” a cavallo del millennio
A livello globale, la Convenzione quadro dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) per la lotta al tabacco, adottata nel 2003, ha segnato un momento decisivo nella lotta contro il tabagismo. Firmata da oltre 180 Paesi, promuove politiche integrate per la riduzione dell’offerta e della domanda di prodotti del tabacco, raccomandando tra l’altro l’aumento della tassazione, il bando delle pubblicità, il confezionamento anonimo dei prodotti e l’introduzione di divieti di fumo nei luoghi pubblici. Paesi come l’Irlanda, la Norvegia e il Regno Unito sono stati pionieri nel vietare completamente il fumo in tutti i locali pubblici chiusi già nei primi anni 2000.

Locandina di una campagna anti-fumo in California nel 1998
Nonostante i progressi ottenuti, il fumo resta la principale causa di morte evitabile nel mondo. Le industrie del tabacco, sebbene sottoposte a crescenti restrizioni, continuano a promuovere i propri prodotti, spesso concentrandosi su mercati più vulnerabili nei Paesi a basso reddito. Per questo, gli esperti sottolineano la necessità di strategie globali coordinate, che includano interventi educativi, supporto alla disassuefazione, regolamentazione efficace e monitoraggio continuo dei comportamenti di consumo. I divieti di fumo, in questo contesto, sono uno strumento essenziale, ma devono essere accompagnati da politiche integrate e sostenute nel tempo.
L’ultimo rapporto dell’OMS
Il report sul tema del tabagismo nel mondo pubblicato una settimana fa dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e intitolato “WHO report on the global tobacco epidemic 2025” insiste anche sull’importanza crescente degli spazi all’aperto liberi dal fumo, come uno degli strumenti chiave per proteggere la salute pubblica e ridurre l’esposizione al fumo passivo, soprattutto tra i minori.
Secondo l’OMS, la creazione di aree esterne completamente smoke-free è una strategia raccomandata non solo per motivi sanitari, ma anche per la denormalizzazione del fumo e ridurre l’accessibilità visiva del gesto di fumare nei contesti sociali. Questo include parchi, aree giochi, spiagge, stadi, fermate dei mezzi pubblici, ingressi di edifici pubblici e aree scolastiche.
Sono 79 (su 195) i Paesi che proteggono efficacemente dal fumo passivo con qualche forma di divieto di fumo all’aperto, riferisce il rapporto, ma con livelli di applicazione e completezza molto variabili. In alcuni casi si tratta di divieti totali in tutti i luoghi pubblici aperti, in altri solo in aree specifiche (es. nei pressi di scuole o ospedali). Ad essere adeguatamente protetti dal fumo, secondo l’OMS, è il 41% dei Paesi, e il 33% della popolazione.
La situazione in Svizzera riflette la struttura federale, in cui i Cantoni hanno competenze autonome in materia sanitaria. Fino al 2009, non esisteva una normativa nazionale vincolante ma con la Legge federale sulla protezione contro il fumo passivo, entrata in vigore il 1° maggio 2010, si è introdotto il divieto di fumare in tutti i luoghi pubblici chiusi e nei luoghi di lavoro accessibili al pubblico. Tuttavia, la legge lascia margini di flessibilità ai Cantoni, molti dei quali hanno adottato regole più severe, vietando ad esempio le “fumoirs” o le aree riservate ai fumatori.

In un ristorante a Bellinzona nel 2004
Il Canton Ticino è stato il primo ad approvare per via referendaria una legge antifumo già nel 2007, diventando un modello seguito da altre regioni. Più recentemente, nel 2022, la popolazione svizzera ha approvato in votazione popolare l’iniziativa “Giovani senza tabacco”, che vieta qualsiasi pubblicità di prodotti del tabacco accessibile ai minori, rafforzando così le misure di prevenzione.
A livello globale, tra i Paesi più restrittivi in materia di fumo all’aperto spiccano Australia, Nuova Zelanda e Singapore, che vietano il fumo in parchi, spiagge, fermate del trasporto pubblico e nei pressi di scuole e ospedali, spesso prevedendo zone fumatori isolate e ben segnalate.

Progressi nella creazione di ambienti protetti dal fumo passivo
In Canada, molte province applicano restrizioni simili, e alcune città sono andate oltre vietando il fumo anche sui marciapiedi pubblici. L’Uruguay rappresenta un caso esemplare in America Latina, grazie a politiche integrate che comprendono anche spazi aperti smoke-free. In tutti questi casi, i divieti non si limitano alle sigarette tradizionali ma includono spesso anche sigarette elettroniche e prodotti alternativi. Infine arriviamo al caso più estremo: il Bhutan, a partire dal 2011, è l’unico Stati del mondo ad aver completamente bandito la vendita e la pratica di fumare il tabacco.

Notiziario
Notiziario 29.06.2025, 22:00
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