Religioni e guerre

Dio lo vuole? La religione fra potere e violenza

Tra fede e fanatismo, come l’uso politico della religione continua ad alimentare guerre, odio e giustificazioni morali per l’ingiustificabile

  • Ieri, 14:00
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  • Keystone
Di: Marco Vannini, filosofo

Dando al mondo intero la notizia del bombardamento appena compiuto sull’Iran – proditoriamente, senza alcuna dichiarazione di guerra, come ormai oggi si fa - il presidente degli Stati Uniti ha esordito dichiarando il suo amore per Dio, la cui benedizione invocò subito dopo sul suo Paese, sul suo esercito, su Israele, su tutto il Medio Oriente. Considerando il fatto che, contestualmente, continuava ad approvare e sostenere attivamente la riduzione alla fame degli abitanti della striscia di Gaza, qualcuno avrà pensato che Trump stesse consapevolmente mentendo e che quel richiamo a Dio fosse fatto solo ad uso dell’opinione pubblica americana. Questa opinione potrebbe essere sostenuta dal convincimento, di stile vetero-marxista, che l’economia sia la chiave di tutto, il vero motore dell’uomo e della storia, per cui, anche in questa vicenda, contino soltanto gli interessi delle grandi potenze economiche e finanziarie, da quelle che guardano al petrolio a quelle speculative di tipo immobiliare (ricordando magari che l’immobiliarista Trump voleva trasformare la striscia di Gaza in una nuova Costa Azzurra).

Senza negare del tutto i moventi economici, riteniamo però che farne l’elemento principale della tragedia palestinese e medio-orientale in generale sia sbagliato, e che il ruolo determinante lo giochino invece i fattori religiosi, per cui, di conseguenza, la dichiarazione trumpiana che abbiamo ricordato all’inizio possa essere sostanzialmente sincera. Dicendo questo, non è però che la cosa divenga più bella, ma casomai il contrario, perché ciò significa che le parti in causa, e dunque non solo il presidente degli Stati Uniti, sono vittima di una concezione religiosa estremamente negativa - quella per cui già il poeta latino Lucrezio, ricordando il sacrificio della fanciulla Ifigenia, figlia di Agamennone, richiesto dal dio perché le navi greche potessero salpare per Troia, scriveva il celebre verso: tantum religio potuit suadere malorum, ovvero «fino a tal punto di male ha condotto la religione». Ora non c’è più la religione classica, quella dei greci e dei romani, e le parti in guerra in Palestina e dintorni sono ispirate dalle religioni a fondamento biblico, le tre cosiddette monoteistiche: ebraismo, cristianesimo e islamismo, ma le cose non sono cambiate. Il cristianesimo non è direttamente coinvolto sul campo di battaglia, ma è presente, in modo assolutamente determinante, perché gli Stati Uniti si considerano il nuovo Israele, un «Paese sotto Dio», che è né più né meno che quello della Bibbia ebraica. All’origine delle colonie americane poi separatesi dalla madrepatria, la Gran Bretagna, c’è infatti il protestantesimo più rigoroso, con la sua fede assoluta nella Sacra Scrittura, presa spesso alla lettera – sola Scriptura, ricordiamolo, è la formulazione luterana – ed ancora oggi le tendenze fondamentalistiche sono ben radicate negli Stati Uniti. Ad esempio, in un bel film di qualche anno fa, Mississipi burning, una delle protagoniste spiega il razzismo dei bianchi con l’educazione ricevuta, tutta biblica, che insisteva sui versetti Genesi 9, 25-27, nei quali Noè benedice Sem e Jafet e maledice Cam, che dovrà essere il servo dei suoi fratelli: la soggezione dei neri viene così fondata sulla indiscutibile parola di Dio, e chi la contesta è un ateo spregevole. Oppure pensiamo alle fantasie che costituiscono il Libro di Mormon, con il racconto, al limite del ridicolo, delle tribù di Israele approdate in America prima di Colombo, e resta quasi impossibile capire come un ingegnere di Salt-Lake City (la città mormone, capitale dello Utah) possa oggi credere vere queste fanfaluche - eppure è così. Il fatto è che l’ influenza illuminante della cultura storica è quasi totalmente assente negli Stati Uniti, mentre, per contro, notevolissimo il potere, non solo economico, ma anche e soprattutto culturale, della numerosissima comunità ebraica e della sua associazione, la AJC (American Jewish Committee), tale da condizionare, secondo alcuni analisti, tutta la politica del Paese.

Non meraviglia affatto, dunque, che Trump possa muoversi seguendo la stessa ispirazione che nutre il popolo di Israele, secondo la quale Dio gli ha promesso quella terra, che non a caso è per eccellenza la «terra promessa», la «terra santa», esortandolo a liberarla dai precedenti abitanti, eliminandoli, se necessario, fino allo sterminio totale, come si legge nell’impressionante passo del Deuteronomio 20, 10-14.

Questa concezione biblica di Dio, non a caso definito sabaoth, ovvero «degli eserciti», passa anche nell’islamismo. Quando Maometto conquistò Medina e i Qurayzah, la tribù ebraica che abitava la città, rifiutò di riconoscere in lui il profeta annunciato nelle Scritture, il biografo arabo Ibn Ishaq racconta che, fatte scavare nel mercato delle fosse e fatti chiamare i maschi, man mano che gli venivano portati a gruppi, seicento o settecento in tutto, Maometto stesso tagliava loro la testa facendola cadere nella fossa. Le donne e i bambini furono ridotti in schiavitù e venduti per acquistare cavalli ed armi, mentre Maometto prese come schiava Rayhana, moglie di un decapitato. Comportamenti del genere sui vinti ad opera dei vincitori ci sono sempre stati, ma quello che va sottolineato è che il massacro degli ebrei di Medina venne giustificato dicendo che essi furono trattati precisamente come i loro antenati avevano trattato gli altri e che Maometto aveva agito come «braccio di Dio», esattamente come Mosè o Giosuè. Non v’è da meravigliarsi, dunque, che, anche in casi recenti il cosiddetto integralismo islamico abbia potuto esercitare una spietatezza davvero feroce nei confronti dei nemici, quando considerati «infedeli».

Sincerità vuole si riconosca che anche la cristianità, nei secoli, non è stata affatto esente da questo tipo di comportamento, assai poco evangelico. Senza risalire fino alle sempre citate crociate e tornando agli Stati Uniti, ricordiamo che lo sterminio dei nativi americani fu sempre ampiamente giustificato tenendo per così dire la Bibbia in mano: caso emblematico quello del famigerato generale Custer, che poi trovò la morte al Little Big Horn ad opera dei Sioux.

Queste osservazioni sono del tutto ovvie, ma possono sempre servire a far riflettere su come debba essere oggi - se deve esservi – un’educazione religiosa pubblica.

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L'Iran secondo Khamenei

SEIDISERA 26.06.2025, 18:00

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