A un anno dal crollo mortale alla stazione di Novi Sad, costato la vita a 16 persone, la rabbia contro il potere serbo non si è ancora spenta. Cittadini e studenti continuano a mobilitarsi chiedendo nuove elezioni e un cambiamento politico.
La contestazione resta quindi viva: radunati davanti al Parlamento serbo, uomini e donne reclamano elezioni legislative anticipate. Per molti, quella tragedia resta il simbolo di una corruzione che mina a fondo gli appalti pubblici. Al centro della mobilitazione c’è Diana Hrka, madre di una delle vittime, che da due settimane porta avanti uno sciopero della fame. “Non lo faccio solo per me e mio figlio, ma per tutte le persone della Serbia. Lo faccio per i nostri figli, per il nostro futuro. Per la mia Serbia (...). Non ho paura di nulla. Se morirò, morirò da eroe, non da codarda”, ha dichiarato al telegiornale 19:30 della RTS.
Una mobilitazione studentesca
Per cogliere lo stato del clima politico, i colleghi della RTS si sono recati a Mionica, regione rurale a un’ora da Belgrado. In vista delle elezioni locali, due schieramenti si fronteggiano sulla piazza principale: da un lato l’opposizione, tra musica e pasticcini, dall’altro i sostenitori del partito al potere, l’SNS, dove l’immagine del presidente Aleksandar Vučić è ovunque e l’accoglienza ai giornalisti piuttosto gelida. “Per favore... Non vi parleremo. Non insistete...”, dice uno di loro avvicinandosi le telecamere della RTS.

Diana Hrka
Sotto pressione, il governo assiste alla crescita della mobilitazione dei suoi principali oppositori: gli studenti. Da un anno, questi giovani cercano di portare le loro rivendicazioni fuori dai campus per raggiungere anche le zone rurali. “È importante, perché qui la gente vive in una sorta di deserto informativo. Non è molto informata, ma deve sapere cosa succede nella capitale”, spiega lo studente Mihajlo Milovanovic.
Assumersi le responsabilità
La loro azione di giornata consiste nel porta a porta, per incoraggiare gli abitanti a votare, possibilmente contro il partito di maggioranza. Un approccio che talvolta si scontra con il fatalismo, come nel caso di Radenko Vujić, pensionato che vive con pochi capi di bestiame. “Mi piacerebbe cambiare il partito di maggioranza e chi governa, ma non possiamo farci nulla. E poi, chi verrebbe dopo? Chi?”, afferma. E aggiunge: “Qui la corruzione è tanta. Tutti lo sanno, ma tutti chiudono gli occhi. Sa, le cose non cambiano così facilmente. La mia generazione non farà nulla. Sono i giovani a dover cambiare le cose.”
Per incarnare questo cambiamento, gli studenti stanno preparando una lista di candidati per le prossime elezioni legislative. I nomi, per ora, restano segreti, ma la preside della Facoltà di Scienze Politiche di Belgrado, Maja Kovačević, crede nel loro potenziale. “Gli studenti godono di simpatia. Le persone che entreranno in questa lista devono ora assumersi le loro responsabilità e iniziare a parlare dei cambiamenti che intendono portare. Servono figure di riferimento”, afferma.
Nel frattempo, il movimento intende mantenere alta la pressione con ogni mezzo. Negli ultimi mesi, le manifestazioni dei due schieramenti si sono moltiplicate, soprattutto a Belgrado. Dieci giorni fa, migliaia di persone scese in piazza contro la corruzione si sono ritrovate faccia a faccia con un numero equivalente di sostenitori del governo, in un clima di forte tensione.

La Serbia e le proteste dei giovani
Prima Ora 10.11.2025, 18:00








