In Cina si sta diffondendo la pratica di rivedere o parlare con i defunti attraverso l’intelligenza artificiale. Diverse aziende danno la possibilità di conversare con gli avatar dei propri cari scomparsi grazie ai modelli linguistici di grandi dimensioni, quelli cioè alla base delle applicazioni di intelligenza artificiale generativa. Ad aprire la strada è stata la startup “SuperBrain”, che ai clienti chiede foto, vocali e video per catturare la voce e le espressioni facciali della persona scomparsa. Con tutti questi elementi viene creato un avatar digitale.
L’offerta di prodotti varia da semplici clip audio, video, a chatbot interattivi e costa da un minimo di poche decine a quasi 14’000 dollari. Una delle principali imprese di pompe funebri cinesi ha invece creato un servizio in cui i morti potranno apparire sotto forma di avatar ai loro stessi funerali. Secondo alcune stime, in Cina il settore potrebbe arrivare a valere oltre 1.,5 miliardi di dollari entro il 2026.
Il successo dell’industria non dipende solo dall’avanzamento tecnologico cinese, ma anche da alcuni suoi aspetti culturali. I defunti restano infatti parte integrante della vita delle famiglie. Ogni anno ci sono varie ricorrenze i cui morti non vengono solo commemorati, ma gli si fanno anche numerose offerte di cibo o di soldi finti che vengono bruciati. Non solo, in tante case - soprattutto nelle zone meno urbane - si continua a riservare una stanza agli antenati.
Lo sviluppo del settore genera tuttavia anche preoccupazione. C’è chi ritiene che un eccessivo affidamento a queste entità digitali possa ostacolare l’elaborazione del lutto e creare dipendenza. Non a caso il governo cinese starebbe già lavorando a una proposta di legge per regolare le applicazioni.
Intelligenza artificiale, la questione umana
SEIDISERA 25.10.2024, 18:32
Contenuto audio
Le implicazioni per questo tipo di tecnologie le ha commentate alla RSI il professore Marco Fasoli che insegna filosofia e intelligenza artificiale all’Università La Sapienza di Roma.
Questo mix tra intelligenza artificiale basata su reti neurali, che sono sistemi sostanzialmente statistici, e la quantità di dati che noi produciamo ogni giorno, rischia di essere utilizzata in modi molto complessi e molto delicati. “Perché - riferisce il docente - sostanzialmente noi ogni volta che comunichiamo attraverso i social creiamo dei dati e diamo delle informazioni ad alcune aziende o comunque ai dispositivi digitali. Queste informazioni possono essere poi elaborate sostanzialmente anche per ricreare in qualche modo la nostra personalità e il nostro modo di conversare. Quindi possiamo andare a ricreare potenzialmente dei modi di interazione di defunti, ma possiamo farlo anche con i soggetti attualmente viventi. Tutto sta nell’avere sufficienti dati per allenare un sistema di rete neurale, un sistema di intelligenza artificiale che è capace di estrarre da questi dati alcuni valori in grado poi di implementare un modo di comunicazione simile a quello del soggetto”.
Se questo può aiutare nell’elaborazione del lutto od ostacolarla, per il professore è molto soggettivo, dipende da persona a persona. “Non credo - riferisce Fasoli - che in questo caso particolare ci sia un valore morale intrinseco, però sicuramente ci mostra la complessità delle tecnologie digitali e il momento cruciale in cui stiamo vivendo”.
Bisogna rendersi conto - chiosa - del fatto che le macchine sono in grado di comunicare in maniera molto simile agli esseri umani. “Questo è da un lato sicuramente un grandissimo risultato dal punto di vista scientifico e tecnologico, conclude l’intervistato, però ci pone delle sfide che sono anche molto difficili da percepire e che si stanno proprio delineando in questi in questi anni”.