È il più grande scandalo di corruzione che ha coinvolto il governo della premier Yulia Svyrydenko e del presidente Volodymr Zelensky, quello che sta facendo tremare i palazzi del potere a Kiev. Due ministri, quella dell’Energia Svitlana Hrynchuk e quello della Giustizia German Galushchenko, sono stati costretti a farsi da parte dopo essere finiti nei radar del NABU, l’Ufficio nazionale anticorruzione, che da tempo stava indagando su appalti truccati nel settore energetico. Al centro dell’inchiesta anche Timur Mindich, fuggito nel frattempo all’estero, oligarca e amico di lunga data del presidente, sin dai tempi in cui Zelensky era un cabarettista e aveva fondato all’inizio degli anni Duemila la casa di produzione televisiva Kvartal 95.
Le autorità anticorruzione ucraine, NABU e SAP, la Procura speciale anticorruzione, hanno specificato di aver smantellato una presunta organizzazione criminale, composta da funzionari dell’amministrazione e politici, nella cosiddetta Operazione Mida, indagine durata 15 mesi che ha svelato le manipolazioni all’interno di Energoatom, la società statale ucraina per l’energia nucleare, per ottenere tangenti pari al 10-15% del valore dei contratti. Gli investigatori hanno sostenuto che la rete abbia riciclato circa 100 milioni di dollari.
Pressione su Zelensky
Al di là dei dettagli, per volume non certo secondari, è però la questione politica che sta mettendo in allarme la Bankova, la sede del capo dello Stato nel cuore della capitale. Anche se non chiamato direttamente in causa, Zelensky è infatti finito sotto pressione, visto che il nuovo caso è solo l’ultimo di una serie che a corrente alternata ha colpito negli ultimi anni il governo, l’amministrazione e i settori economici e industriali, in primis quello militare: anche Oleksiy Reznikov, solo per citare uno dei nomi più noti, ministro della Difesa sino al 2023, era stato costretto alle dimissioni dopo ripetuti scandali che avevano interessato le forze armate. La corruzione è rimasta in sostanza un problema irrisolto in Ucraina, dove oligarchia e clientelismo sono sempre stati assi portanti di un sistema, comune per altro a tutte le nazioni dell’ex Unione Sovietica, difficile se non impossibile da smantellare totalmente. Anche il conflitto con la Russia, nonostante l’accentuazione dei controlli, chiesta soprattutto dagli alleati occidentali, USA e Unione Europea, non ha fatto perdere le cattive abitudini: il Paese è attualmente al 105esimo posto al mondo nella classifica stilata da Transparency International e ha perso una posizione rispetto all’anno precedente.
Duello interno
L’effetto dell’Operazione Mida non è quindi solo giudiziario, bensì politico e si inserisce nel duello interno che è venuto in questi mesi in superficie, ma che in realtà è sempre stato sottotraccia: da una parte il presidente e il suo cerchio magico, che nel corso degli anni ha perso qualche pezzo; dall’altra gli altri poteri forti, sia quelli interni, come quello capitanato dall’ex presidente Petro Poroshenko, che quelli più legati ai circoli occidentali, statunitensi ed europei. Gli organi giudiziari e anticorruzione ucraini sono ridiventati ancora strumento per la battaglia politica, seguendo una tradizione ben consolidata. Nello specifico la vicenda era esplosa già la scorsa estate quando Zelensky e il parlamento di Kiev avevano tentato con una legge ad hoc di ridurre l’indipendenza di Nabu e Sap, sottoponendoli alla supervisione del procuratore generale dell’Ucraina, a sua volta nominato dal presidente. I rumors che le inchieste anticorruzione potessero prima o poi toccare la Bankova erano aumentati e indotto Zelensky a forzare il gioco, fermato però sia dalle proteste di piazza, con le più grandi manifestazioni dall’inizio della guerra, sia soprattutto dalle reazioni dure di USA e UE, che a partire dal cambio di regime a Kiev nel 2014 avevano insistito per la creazione dei due organi indipendenti.
La resa dei conti?
Non è ancora chiaro quanto lo scandalo di Energoatom possa incidere sulla stabilità del governo e del presidente, quello che è certo è che comunque arriva in un momento molto delicato nel corso del conflitto, con le truppe di Kiev in grave difficoltà sul fronte orientale del Donbass e su quello meridionale di Zaporizhia. A causa del fattuale disimpegno statunitense ed europeo, senza prospettive di cambiamento all’orizzonte, l’avanzata russa intacca non solo le difese ucraine sul terreno, ma l’immagine del presidente, che appare sempre più indebolita. Stretto nella morsa fra Vladimir Putin e Donald Trump, ormai incalzato da NABU e SAP, Volodymyr Zelensky dovrà affrontare l’inverno più difficile della sua presidenza, diventata a rischio proprio a causa della giustizia selettiva, quella che elimina gli avversari politici mettendoli dietro le sbarre. Non è una novità: il presidente Victor Yanukovich nel 2011 aveva fatto condannare Yulia Tymoshenko, ex premier ed eroina della rivoluzione arancione del 2004, per abuso di potere; Poroshenko è stato accusato di alto tradimento appena Zelensky è arrivato alla Bankova e solo lo scoppio della guerra nel 2022 ha interrotto i procedimenti giudiziari; adesso è il presidente in carica che può venir preso di mira direttamente, con effetti che potranno forse ribaltare ancora una volta gli equilibri a Kiev.

Ucraina: sospeso per corruzione il ministro della Giustizia
Telegiornale 12.11.2025, 12:30







