È iniziata quasi per caso e, col tempo, è diventata una vera e propria moda molto diffusa in tutto il Brasile. La febbre per le bambole reborn è venuta alla luce quest’anno a seguito di una serie di reportage giornalistici su casi di donne che portavano le loro bambole in ospedali e pronto soccorso, simulando si trattasse di bambini veri e propri.
Il caso più eclatante è stato quello di una coppia di influencer solita creare video di finzione che mettono in scena situazioni di vita quotidiana con le loro “bambine”. La vicenda ha suscitato un ampio dibattito pubblico, al punto da generare interpellanze parlamentari. In alcuni casi, come a San Paolo, è stato persino promulgato un divieto per questa pratica, con multe salate per chi non lo rispetta.
I reborn, va detto, non sono semplici bambole e, in alcuni casi, la verosimiglianza con bambini in carne e ossa è impressionante. Gli esemplari più costosi, venduti a prezzi che possono arrivare fino a 1’500-2’000 franchi, sono realizzati in silicone morbido, un materiale trattato per risultare il più simile possibile alla pelle umana.
Hanno guance facili da palpare, capelli realizzati con pelo di pecora e, in alcuni casi, sono attrezzati con motori interni in grado di simulare il pianto o il bisbiglio tipico dei bimbi che dormono.
Per due mesi Falò ha seguito gli incontri della comunità reborn: un centinaio di “mamme” e attivisti di un movimento molto presente sui social e che conta decine di migliaia di aderenti in tutto il Brasile. Si riuniscono in parchi, piazze e centri commerciali; alcune organizzano anche feste private per celebrare il compleanno della loro “bambina”.
Molte di loro spiegano che avere un bambino reborn è un’esperienza terapeutica, utile per superare il lutto di una perdita, la frustrazione di una donna che non ha potuto avere figli o la solitudine di una nonna con figli e nipoti lontani.
Secondo la psichiatra Patricia Abrão, è molto difficile generalizzare una diagnosi su questo tipo di comportamento: uno specialista in salute mentale deve analizzare ogni singolo caso per discernere tra un approccio ludico e una possibile patologia che richiederebbe un trattamento. “Molto dipende dall’intensità del rapporto con la bambola - spiega la specialista - e da quanto sia radicata la convinzione che si tratti di un figlio vero e proprio”.
Una cosa è certa: la moda è destinata a continuare, alimentata anche da influencer molto attive sui social, alcune delle quali arrivano a contare fino a due milioni di follower. Ana Pietra Galvani è una di loro: il suo profilo su TikTok è seguitissimo ed è diventato un veicolo ideale per vendere le sue creazioni.
“La gente mi segue perché diffondo un messaggio genuino. Amo quello che faccio, sono diventata creatrice di bambole reborn dopo averne collezionate molte: è una passione che coltivo fin da bambina”, racconta. Il periodo natalizio è particolarmente propizio, perché al pubblico adulto si aggiungono molti bambini che chiedono queste bambole come regalo.





