La mattina di sabato 13 marzo, i cittadini di Gabès, sud-est della Tunisia, sono stati svegliati da un forte allarme e dalla presenza di una colonna di fumo nero proveniente dalla zona industriale. L’esplosione di una cisterna di asfalto ha provocato l’incendio di una fabbrica ed è costata la vita a sei persone. La paura si è diffusa in città: poco lontano dalle fiamme si trova il Gruppo Chimico Tunisino (GCT), che produce tonnellate di nitrato d’ammonio, la sostanza all’origine dell’esplosione del porto di Beirut.
Dopo l’incendio, l’associazione locale Stop Pollution ed altre 29 organizzazioni hanno indetto una manifestazione intitolata “nheb n3ich” – voglio vivere, in dialetto tunisino – proprio di fronte alla sede del Gruppo Chimico Tunisino. I giovani militanti per i diritti ambientali hanno imbrattato di rosso la facciata del GCT e disegnato, simbolicamente, maschere a gas. Proprio oggi 19 marzo – la giornata mondiale di azione per il clima – tornano in piazza i giovani attivisti del movimento Friday for Future: uno sciopero globale per chiedere “l’azzeramento delle emissioni di gas serra”.
Arianna Poletti