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La più grande inchiesta nella storia degli USA

Il giornalista investigativo della CBS Scott MacFarlane spiega l'impatto sul sistema giudiziario dell'assalto di un anno fa al Campidoglio

  • 06.01.2022, 08:45
  • 20.11.2024, 18:54
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Intervista a Scott MacFarlane

RSI Info 06.01.2022, 10:00

Di: Massimiliano Herber (con Gaspard Kuehn/RTS) 

Sotto la cupola del Congresso Scott MacFarlane snocciola dati, sentenze, aneddoti sul dopo 6 gennaio 2021. Questo giornalista investigativo di recente passato alla CBS è una sorta di bignami di tutti i procedimenti giudiziari seguiti all’assalto a Capitol Hill di un anno fa.

Quando lo incontriamo, la Corte Federale di Washington DC ha appena incriminato 31 membri delle milizie dei Proud Boys e degli Oath Keepers per “cospirazione e aver coordinato atti di terrorismo domestico”. Per questo cronista giudiziario sono proprio questi i casi a meritare più attenzione.

“Vi sono circa 700 persone incriminate, ma solo per una cinquantina vi è già una sentenza. I casi di cospirazione – spiega MacFarlane – sono quelli più gravi: sono gli accusati di sedizione, e si possono contare a dozzine. Le aggressioni alla polizia, invece, quei feroci combattimenti corpo a corpo stile Games of Thrones sono finora circa duecento. Ma ogni giorno emergono nuovi casi, anche quelli per reati importanti. Scott non ha dubbi: “Questa è la più grande inchiesta nella storia degli Stati Uniti, e siamo solo all’inizio. Vi sono all’incirca settecento imputati, a un anno dai fatti, e potrebbero essercene ancora almeno altre due centinaia”.

Il giornalista investigativo di CBS Scott MacFarlane.

Il giornalista investigativo di CBS Scott MacFarlane.

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D. Cosa ha significato per il sistema giudiziario americano?

Scott MacFarlane: “È uno sforzo senza precedenti. Sono coinvolti quasi tutti gli uffici dell’FBI. Gli indagati vengono da praticamente tutti gli Stati e la corte dove avvengono i processi è il Tribunale federale vicino al Capitol Hill. Ed è inutile dire che non si è abituati ad avere 700 casi da istruire. Di solito ce ne saranno 200 l’anno… quindi stanno cercando rinforzi, personale, procuratori, avvocati”.

D. Vuol dire che l’indagine sul 6 gennaio sta sovraccaricando il sistema penale?

SM: “Gli inquirenti non lo ammetteranno, ma sì… E l’agenda è già piena. È difficile trovare date per i processi. Stanno ancora aggiornando i processi, almeno fino all'autunno del 2022. E ce ne saranno anche dopo”.

D. Come hanno lavorato gli inquirenti? Hanno scandagliato tutte le immagini girate, tutte quelle postate sui social media? Parrebbe che i protagonisti dell’attacco hanno lasciato online un sacco di prove…

SM: “Per gli inquirenti è stata un’enorme fortuna e un problema gigantesco. C’è una valanga di immagini, di prove, di possibili documenti per l’accusa da portare a un eventuale processo. Una quantità senza precedenti. Ma questo per i procuratori significa un lavoro enorme, devono prepararle per la corte, per gli avvocati difensori… e questa quantità di materiale implica una dilatazione dei tempi di inchiesta e procedurali”.

D. Che strategia adottano le persone incriminate? Ammettono le loro responsabilità o anche dinanzi al Giudice sono battagliere?

SM: “Nel sistema di giustizia penale federale, quasi tutti gli imputati accettano un patteggiamento, raramente vanno a processo. Richiede troppi soldi e troppo tempo. Questa volta potrà essere diverso. Ci sono tre livelli di incriminati: quelli presenti al Campidoglio ma senza commettere violenze o particolari infrazioni, accusati di reati minori, la pena varia da settimane a mesi, ma potrebbero anche non andare nemmeno in carcere. C’è un secondo livello: quelli accusati di aggressione o di essere entrati al Senato o alla Camera dovranno farsi un po’ di prigione, la pena varia dai tre ai cinque anni [n.d.r.: come il cosiddetto sciamano di QAnon che ha patteggiato una condanna di 41 mesi di carcere]. E poi ci sono i reati più gravi: cospirazione, aggressioni grave, attacco alle forze dell’ordine e nessuno di questi casi finora è arrivato davanti a un giudice. Non sappiamo cosa accadrà, non c’è stata ancora una condanna. Il primo caso verrà giudicato ad aprile”.

Jacob Chansley, lo sciamano di QAnon all’udienza del 17.11.21.

Jacob Chansley, lo sciamano di QAnon all’udienza del 17.11.21.

  • Art Lien @courtartist

D. Chi è già stato sentito ed ha subito una condanna che atteggiamento ha avuto nei confronti della Corte?

SM: “Gli indagati esprimono rimorso, ma non prima di conoscere la possibile pena dinanzi al giudice. E poi cercano di collaborare e patteggiare. E molti di loro danno la stessa giustificazione: mi son lasciato trasportare, è stato un momento di follia, di frenesia”.

D. A giudicare da quanto abbiamo sentito e visto quel giorno online, molti erano convinti di essere dalla buona parte della storia, seguivano il loro Presidente. Quali sono le responsabilità penali di Donald Trump?

SM: “Questa domanda permea ogni passo del procedimento. Anche se a novembre un giudice federale ha stabilito che Donald Trump con il raduno convocato davanti alla Casa Bianca può sì aver aizzato la folla ed è dunque in parte responsabile, ma tutti i manifestanti indagati sono persone adulte, responsabili dei propri atti e non è un’attenuante dire di aver fatto quel che chiedeva il presidente…”

D. Ma è possibile che l’ex presidente venga lui stesso incriminato? O è difficile dimostrare la responsabilità diretta?

SM: “Non c’è ancora una risposta chiara. Ci vuole ancora tanto tempo prima della conclusione dell’indagine e prima di allora qualcuno, al Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti, dovrà spiegare perché è possibile o non è possibile perseguire penalmente Donald Trump. È una questione costituzionale complessa, secondo molti analisti, anche se poi è chiaro a tutti che il 6 gennaio i manifestanti sono andati al Campidoglio perché era quello che Trump aveva detto”.

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