Ci sono dai 20 ai 30 chilometri di mezzi pesanti in colonna, in questi giorni, alle dogane di Ucraina e Polonia. Code che ricordano il grande esodo nel febbraio del 2022, quando milioni di ucraini fuggirono dopo l’invasione del loro Paese da parte dei russi. Ora però ci sono decine di migliaia di autocarri. Gli autisti ucraini possono transitare col contagocce e attendono in media una settimana. E a rallentarli così vistosamente sono gli autotrasportatori polacchi, che li accusano di concorrenza sleale e bloccano i tre valichi principali fra i due Paesi.
All’origine della ritorsione, la richiesta di ripristinare i permessi d’ingresso nell’Unione Europea per i camionisti ucraini: un sistema che l’UE aveva sospeso dopo l’invasione russa. “Chiediamo che il sistema dei permessi venga reintrodotto di nuovo per i trasporti commerciali”, afferma un imprenditore in piena protesta, spiegando che all’inizio del conflitto, “Polonia e UE avevano deciso di sospenderlo” ma, spiega “stavamo seguendo il nostro cuore”. E “nessuno aveva pensato che ci sarebbero state simili conseguenze per le nostre ditte”. In quasi due anni, infatti, il mercato polacco è stato invaso dagli autotrasportatori ucraini, con tariffe molto più a buon mercato. I camionisti polacchi denunciano quindi pesanti perdite finanziarie.
SEIDISERA del 19.11.23 - Il servizio di Pierre Ograbek
RSI Info 19.11.2023, 19:17
Contenuto audio
Venerdì scorso i presidenti delle associazioni degli autotrasportatori dell’Europa centrale si sono rivolti ai rispettivi ministri dei trasporti e alla Commissione UE. L’allentamento delle norme di accesso al territorio dell’Unione “danneggia la competitività degli operatori del trasporto stradale dell’UE”, sostengono in una dichiarazione congiunta, invitando quindi le autorità a valutare la possibilità di “porre fine all’attuale accordo” fra UE e Ucraina o di “apportarvi modifiche significative”.
Si sono già svolti alcuni colloqui, nel tentativo di comporre il conflitto, fra le associazioni degli autotrasportatori, i rappresentanti della Commissione UE e quelli dei governi di Polonia e Ucraina. Ma le parti, finora, non sono ancora riuscite a raggiungere un accordo. I picchetti dei manifestanti alla frontiera, quindi, rimangono. E col passare del tempo i nervi sono sempre più a fior di pelle.