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Parlare con i morti grazie all’intelligenza artificiale

Uno spot virale di 2wai, nuova app americana, riaccende il fenomeno dei griefbot. Tra simulazioni sempre più realistiche e “business dell’aldilà”, abbiamo chiesto a un’esperta quali siano i possibili risvolti psicologici

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L’algoritmo apprende dalle tracce digitali del defunto e costruisce un personaggio che imita voce, stile linguistico e alcuni tratti di personalità

L’algoritmo apprende dalle tracce digitali del defunto e costruisce un personaggio che imita voce, stile linguistico e alcuni tratti di personalità

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Di: Giorgia Fontana 

Ti piacerebbe continuare a parlare con un tuo caro scomparso? È esattamente ciò che promette 2wai, una nuova app americana basata sull’intelligenza artificiale. Nel filmato promozionale, visto oltre 40 milioni di volte, una donna incinta dialoga tramite smartphone con l’avatar della madre defunta. Il tempo scorre: il bambino nasce, cresce, diventa adulto e, a sua volta, continua a interagire con la “nonna digitale”, che invece rimane sempre uguale sullo schermo. Secondo l’azienda, basterebbero tre minuti di video per generare una riproduzione in grado di sostenere conversazioni naturali e credibili.

Questa promessa si inserisce nella categoria dei cosiddetti griefbot, ovvero simulazioni basate sui dati digitali del defunto: messaggi, foto, video, audio, mail, ricerche online. L’algoritmo apprende da queste tracce e costruisce un personaggio che imita voce, stile linguistico e alcuni tratti di personalità.

L’idea di continuare a dialogare con chi non c’è più, però, non nasce con l’intelligenza artificiale: “Ultimamente si sente parlare delle cabine del vento e da secoli esiste la medianità” ci spiega la psicologa e psicoterapeuta Vanessa Dolci Macconi. “Queste pratiche non desacralizzano la morte, ma cercano di darle un significato”.

Con le app basate su IA, però, è la tecnologia a farsi carico di una parte del lutto e, per la psicoterapeuta, esiste il rischio concreto di un’interferenza nel processo di elaborazione: “Per quanto la persona possa essere consapevole che l’avatar è un’illusione nel tempo potrebbe crearsi una rottura tra realtà ed emozione. Questo può generare confusione, perché non si saprà più riconoscere cosa è vero e cosa fantasia”. A questo si aggiunge, a suo avviso, il pericolo della dipendenza emotiva. Benefici? “Non ne vedo se non nel breve termine: un sollievo nell’immediatezza che però dura pochissimo e rischia di creare dipendenza”, avverte Dolci Macconi.

Accanto ai nodi psicologici, il caso 2wai solleva anche interrogativi etici e commerciali. Il lutto è un terreno sensibile e l’idea di trasformare pochi minuti di video in una sorta di “fantasma conversazionale” pone domande su consenso e uso dei dati. Inoltre l’app prevede abbonamenti e funzioni premium: per alcuni questo modello rischia di tradursi in una mercificazione del ricordo, con la possibilità di mantenere attivo un avatar di un proprio caro solo finché si paga un servizio.

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Economia: C'è una bolla dell'intelligenza artificiale?

SEIDISERA 20.11.2025, 18:00

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