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Prezzi fuori controllo, l’Iran torna in piazza

Il rial perde valore, i listini cambiano in poche ore e il mercato nero dei medicinali si espande: la rabbia corre tra Teheran, Isfahan e Shiraz

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I manifestanti marciano nel centro di Teheran, in Iran, lunedì 29 dicembre 2025.
04:35

Il carovita fa scendere gli iraniani in piazza

SEIDISERA 30.12.2025, 18:00

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Di: SEIDISERA-Chiara Savi/sdr 

Negli scorsi giorni in alcune delle principali città iraniane, a partire da Teheran, sono tornate in strada manifestazioni legate al peggioramento delle condizioni economiche. Si tratta di proteste considerate significative anche perché, per dimensioni e diffusione, rappresentano le prime mobilitazioni di rilievo dopo l’ondata del 2022, quando decine di migliaia di persone scesero in piazza in seguito alla morte di Mahsa Amini, arrestata dalla polizia morale per il velo ritenuto indossato in modo non conforme. Questa volta, però, la scintilla non è stata una questione di diritti civili o di libertà personali: al centro delle contestazioni c’è la crisi del costo della vita, alimentata da un’inflazione che molti iraniani percepiscono ormai fuori controllo.

Dai bazar alle piazze, la protesta si allarga

Le prime iniziative sarebbero partite domenica, con la mobilitazione di commercianti e negozianti a Teheran. Il giorno successivo la protesta si sarebbe estesa ad altre città, tra cui Isfahan e Shiraz. In diversi casi, secondo le ricostruzioni raccolte sul posto, le forze dell’ordine sarebbero intervenute per disperdere i partecipanti, anche con l’uso di gas lacrimogeni. Le modalità della mobilitazione hanno combinato slogan di critica verso il governo e una forma di serrata: in alcune aree, infatti, molte attività hanno abbassato le saracinesche, trasformando la protesta in qualcosa di simile a uno sciopero.

Da Teheran, una testimone – che ha chiesto di restare anonima – racconta che il malcontento è esploso soprattutto tra gli operatori del bazar, tradizionalmente considerato non solo un centro commerciale nevralgico ma anche un termometro politico e sociale del Paese. A loro si sarebbero uniti anche alcuni esercenti di centri commerciali. Secondo la testimone, la richiesta principale riguarda la necessità che le autorità intervengano sulla stabilità del cambio: l’andamento della valuta, spiega, rende impossibile pianificare qualsiasi attività, perché i prezzi cambiano nel giro di poche ore. In un simile contesto, chi commercia si trova spesso a dover pagare molto di più per la merce già ordinata o in arrivo, con rincari improvvisi anche del 30-40%. E il problema, aggiunge, è che i venditori non riescono poi a scaricare questi aumenti sul prezzo finale con la stessa rapidità, finendo schiacciati tra costi in salita e un potere d’acquisto dei clienti in caduta.

Un uomo osserva i cartellini della merce al bazar

Un uomo osserva i cartellini della merce al bazar

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Inflazione e rial in caduta: il costo della vita fuori scala

Le cause della crisi sono molteplici e si intrecciano da anni. Le sanzioni legate al programma nucleare iraniano continuano a pesare sull’economia, comprimendo commercio e investimenti e aggravando la fragilità del sistema finanziario. A questo, secondo diversi osservatori, si sarebbero aggiunti gli effetti indiretti degli attacchi israeliani dello scorso giugno, che avrebbero contribuito a un clima di incertezza e a ulteriori contraccolpi economici e psicologici. Il risultato è un forte deprezzamento del rial, la moneta nazionale, che alimenta l’inflazione e rende più costose le importazioni, a partire da beni essenziali e materie prime.

Le ripercussioni si sentono ogni giorno, sia per chi vende sia per chi compra. Fare la spesa, in molti casi, è diventato un esercizio di rinunce: prodotti che pochi mesi fa erano accessibili oggi hanno prezzi proibitivi. La testimone racconta che negli ultimi mesi l’inflazione si sarebbe attestata intorno al 40%, con punte ancora più alte per alcuni generi alimentari, arrivando anche al 50%. In particolare, alcuni beni di base – come latte e derivati – avrebbero visto raddoppiare i prezzi nel giro di circa sei mesi, con aumenti percepiti come “drastici” da ampie fasce della popolazione. A rendere più evidente la crisi è il confronto con gli stipendi: per un impiegato del settore pubblico, dice, acquistare un chilo di carne può equivalere a spendere circa un quindicesimo del salario mensile, un rapporto che fotografa la contrazione del potere d’acquisto.

Quando poi si entra nel campo della salute, la situazione si fa ancora più delicata. La testimone sostiene che molti iraniani, sempre più spesso, siano costretti a rivolgersi al mercato nero, soprattutto per i farmaci, e che anche lì i prezzi siano schizzati alle stelle. Se su alcuni alimenti – osserva – si può tentare di “tirare avanti” sostituendo la carne con alternative più economiche, la malattia non lascia margini di scelta: chi ha bisogno di medicinali non può semplicemente rinunciare. Proprio per questo, afferma, capita di pagare cifre enormi per reperire ciò che serve fuori dai canali ufficiali, con un’ulteriore incertezza: non sempre si ha la garanzia dell’autenticità o della qualità del prodotto acquistato illegalmente.

Il Governo prova a mandare le proteste in vacanza

Sul piano politico, il presidente della Repubblica islamica Masoud Pezeshkian ha commentato le proteste definendo, via social, le rivendicazioni dei negozianti come legittime. Ha inoltre fatto sapere di aver già discusso con i ministri competenti misure per rafforzare il potere d’acquisto degli iraniani e ha annunciato la nomina di un nuovo presidente della Banca centrale, segnale della volontà di intervenire almeno sulla gestione economico-finanziaria.

Resta però difficile prevedere quale direzione prenderanno le contestazioni. Da un lato, la protesta appare radicata in problemi strutturali e in una percezione diffusa di instabilità; dall’altro, le autorità sembrano intenzionate a disinnescare la tensione anche con strumenti di breve periodo. La stessa testimone racconta che il governo avrebbe deciso di introdurre vacanze “a sorpresa”, dichiarando una giornata festiva non prevista e motivandola ufficialmente con il freddo e con difficoltà legate all’energia e al riscaldamento. A questa pausa si aggiungerebbe poi una ricorrenza religiosa nel fine settimana, con l’effetto di creare, di fatto, una sequenza di circa cinque giorni di stop: un modo, secondo chi osserva la situazione, per ridurre l’impatto di eventuali nuove mobilitazioni e spezzare il ritmo delle proteste.

In un Paese dove economia e politica sono sempre più intrecciate, la vera domanda è se gli annunci di intervento basteranno a fermare un malcontento che nasce dai prezzi, ma che rischia rapidamente di trasformarsi in una critica più ampia alla capacità dello Stato di garantire stabilità e prospettive.

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Ripristinate le sanzioni contro l'Iran

Telegiornale 27.09.2025, 12:30

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