Nella capitale libica Tripoli da alcuni giorni è riesplosa la violenza tra gruppi armati rivali, che si contendono aree della città ma anche il potere. Un primo elemento di crisi è stato l’uccisione di Abdel Ghani al-Kekli (noto anche come Ghnewa), leader di un potente gruppo armato. Nella capitale libica, come nel resto del Paese, le milizie la fanno da padrone, si spartiscono zone di influenza, appalti e poltrone... e appoggiano uomini politici.
Ghnewa ostacolava il governo del premier Abdul Hamid Dbeibeh. Quest’ultimo, di fronte al vuoto di potere creatosi, ha cercato di riprendere il controllo su alcuni settori. Ora sono in particolare due bande, Al-Rada e la 444a brigata di fanteria, che si stanno affrontando nella capitale; alcune zone sono inaccessibili e l’aeroporto internazionale è chiuso.
Il premier, che vuole mettere ordine nei gruppi armati tripolini, ha affermato che “il tempo dei sistemi di sicurezza paralleli è giunto al termine” e ha ordinato una rapida riorganizzazione dei servizi di sicurezza nella capitale, comprese le guardie carcerarie e le unità anti-immigrazione clandestina... ambienti molto sensibili.... dove si fanno anche affari molto lucrativi. Con questa mossa il governo di Tripoli rischia molto.
Per il momento la crisi resta confinata a Tripoli ma il quadro politico libico è complesso: il governo di Tripoli, del premier Dbeibeh è riconosciuto dalla comunità internazionale ed è appoggiato dalla Turchia (perché anche nel contesto libico si innescano interessi di potenze straniere). Più a est, però, nella regione della Cirenaica, c’è un altro governo, il governo di Tobruk e c’è una figura di riferimento di questo potere rivale di Tripoli, il generale Khalifa Haftar, appoggiato da Russia, Egitto ed Emirati... tra i due governi, c’è rivalità.
Claudia Gazzini, specialista di Libia per il Centro di analisi Crisis Group, ha spiegato ai microfoni di SEIDISERA della RSI che quello che ha acceso la miccia degli ultimi scontri è stato proprio il discorso che ha fatto il governo. “Si è fatto prendere la mano, pensando di potersi liberare di tutte le milizie credendo fosse il momento giusto - spiega Gazzini -. Ha fatto un discorso annunciando che si sarebbe sbarazzato di Almasri, a capo del sistema delle carceri a Tripoli. Ha detto che intendeva rivoluzionare il modo in cui venivano gestiti i centri di detenzione. E con questa retorica “adesso è lo Stato che si impone sopra i gruppi armati” ha mandato un segnale a un’altra importante milizia a Tripoli, Al-Rada, che controlla l’aeroporto, come se loro fossero il prossimo bersaglio. E questo ha scatenato il putiferio, perché Al-Rada è andata alla controffensiva e sono iniziati gli scontri”.
Così se il Governo Dbeibeh “l’altro ieri si sentiva forte, adesso è in serio pericolo”, continua Gazzini.. “Dbeibeh è scappato da Tripoli a Misurata. Quindi la domanda è: il Governo riuscirà a rimanere al potere dopo questi ultimi rivolgimenti? Ieri sera abbiamo visto proteste a Tripoli contro il governo. Si iniziano a sentire voci che dicono: questo è il momento di far cadere il governo”.
E in tutto questo bisogna considerare l’esecutivo legato al clan del generale Khalifa Haftar. Per ora “nell’Est non si sono mossi, stanno a guardare quello che sta succedendo a Tripoli - dice Gazzini -. Però bisogna dire che se il governo di Tripoli dovesse cadere, sarebbe un problema anche per loro, perché questo status quo si basa sul fatto che questi due governi rivali in realtà cooperano l’uno con l’altro. Dbeibeh aveva come controparte nell’Est uno dei figli di Haftar, che si chiama Saddam Haftar. E l’architettura della gestione del potere in Libia era basato su questi due. Se Dbeibeh venisse a cadere o fosse indebolito anche le chance di Saddam di riuscire a mantenere le redini sarebbero messe in dubbio”.
Libia riconosce autorità della CPI. Khan, arrestare Almasri
Intanto giovedì sera è giunta notizia che la Libia si schiera con la Corte penale internazionale e ne riconosce la giurisdizione sui crimini di guerra e sulla repressione commessi dal 2011 fino alla fine del 2027: ad annunciarlo al Consiglio di Sicurezza dell’ONU è stato il procuratore della corte, Karim Khan, che non ha perso tempo e ha chiesto di “arrestare e consegnare” alla CPI il generale Almasri, il responsabile del centro di detenzione di Mitiga a Tripoli e ricercato per omicidio, stupro e tortura, al centro di dure polemiche in Italia, dove era stato catturato lo scorso gennaio prima di essere scarcerato e rimpatriato dal governo Meloni, finito per questo al centro delle polemiche.
“Elogio il coraggio, la leadership e la decisione delle autorità libiche” di riconoscere” l’autorità della corte, ha detto Khan. La Libia infatti non è membro dello Statuto di Roma, ma il Consiglio di sicurezza ha deferito la situazione del Paese alla corte nel febbraio 2011, dopo l’inizio di proteste senza precedenti, represse violentemente, contro il regime di Muammar Gheddafi. In questo contesto è giunto l’appello di Khan ad arrestare Almasri e di consegnarlo “affinché possa essere processato per i crimini che presumibilmente ha commesso”. Su di lui, ha ricordato il procuratore, “abbiamo emesso un mandato di arresto ma è fuggito. Ed è tornato in Libia passando per l’Italia”.