«Mi sento un po’ stanco e confuso. Tanti pensieri, tante emozioni che rimbalzano senza posa nella mia mente. Un vento che mi porta via. Dove sono io? Me lo chiedo dall’interno di questo turbine.
Chiedendomelo mi riparo per qualche momento dalle raffiche del vento, come se mi addossassi ai fianchi di una montagna: la mia montagna interiore che conosco, che in parte ho scalato lungo la mia ormai lunga vita e che continuo a scalare. So che c’è un riparo e questo mi dà sollievo. È un riparo dentro di me, è uno spazio senza nome e confini, insondabile, misterioso. Ciò nonostante, sento che se vi penetro e vi resto, anche solo per un breve momento, provo pace, armonia, il cuore si calma e si allarga, il calore lentamente mi riempie il petto».
Così inizia il mio libro “La via del cuore. Un diario spirituale”. Quando siamo confusi, travolti dalle emozioni, ci chiediamo cosa ci stia accadendo e dove ci troviamo. In quella domanda c’è già una presa di distanza dal vortice: scopriamo uno spazio libero dentro di noi. Dobbiamo imparare ad ampliarlo e a restarci il più a lungo possibile, perché lì fioriscono armonia, apertura, empatia, intuizione; lì ci sentiamo veramente vivi.
https://rsi.cue.rsi.ch/cultura/filosofia-e-religione/Il-segreto-della-vita-%E2%80%9CLa-consapevolezza-del-qui-e-ora%E2%80%9D--2408108.html
Quello spazio è il silenzio interiore di cui parlano tutte le grandi tradizioni.
Il monaco zen vietnamita Thích Nhất Hạnh scrive: «Il silenzio è essenziale. Ne abbiamo bisogno quanto dell’aria, così come le piante hanno bisogno della luce.»
Nel suo splendido libro “Il silenzio – Il potere della quiete in un mondo rumoroso” (2015), egli spiega che il silenzio non è assenza di suono, ma cessazione del continuo commentare, giudicare, aspettarsi qualcosa. È il silenzio del cuore, che diventa spazio di ascolto profondo, da cui può emergere davvero l’altro. Per questo Thích Nhất Hạnh lo lega alla compassione: «Non è il rumore che ci disturba, ma la nostra mancanza di silenzio interiore».
Come raggiungerlo? Con la respirazione consapevole, che ci radica nel qui-e-ora: «Inspirando, so che sto inspirando. Espirando, so che sto espirando.»
Queste parole semplici, ripetute con sempre maggiore consapevolezza, ci riportano all’istante presente, al silenzio che trascende la mente discorsiva: «Quando siamo in silenzio, tocchiamo il mondo profondo dentro e fuori di noi. È lì che incontriamo il Buddha, Dio, la Vita».
https://rsi.cue.rsi.ch/cultura/filosofia-e-religione/Il-potere-curativo-del-sacro--2844842.html
Nel libro, Thích Nhất Hạnh affronta il tema del silenzio in sei capitoli essenziali:
1. Il rumore interiore: pensieri ripetitivi, desideri, preoccupazioni.
2. Il suono del silenzio: il silenzio interiore è pieno di consapevolezza.
3. Tornare a casa: ritrovare il proprio rifugio interiore.
4. Il nutrimento del silenzio: sentire il cuore vivo.
5. La pratica dell’ascolto profondo: ascoltare gli altri, la natura, la sofferenza con amore.
6. Parlare con il silenzio: parole gentili, autentiche, che curano.
Tra le pratiche suggerite ne cito una, emblematica: «Inspirando, ritorno a me. Espirando, sono a casa», Ripeterla consapevolmente conduce al rifugio interiore, allo spazio interiore in cui ci sentiamo a casa.
Presenza e consapevolezza sono centrali anche in un altro testo amatissimo di Thích Nhất Hạnh “Il miracolo della presenza mentale” (1975). Nato come lunga lettera ai volontari che assistevano i rifugiati della guerra in Vietnam, con linguaggio chiaro e poetico invita a riscoprire la vita: «La consapevolezza è il miracolo che ci permette di essere presenti a ciò che stiamo facendo».
«Ogni momento è un’opportunità per vivere profondamente».
Azioni quotidiane – lavare i piatti, cucinare, camminare, respirare – diventano meditazione, vie di risveglio.
Tra le pratiche proposte:
• Camminata consapevole: piedi in contatto con la terra, mente calma.
• Meditazione del sorriso interiore.
• Fermarsi per tre respiri prima di rispondere o agire.
• Tocco consapevole con mani, sguardo, parole.
Sono pratiche apparentemente semplici ma potenti. Il libro introdusse in Occidente il concetto di mindfulness (concetto buddista vecchio di 2500 anni) e ispirò Jon Kabat-Zinn, fondatore del programma clinico Mindfulness-Based Stress Reduction (MBSR), oggi praticato da milioni di persone.
Thích Nhất Hạnh fu anche instancabile attivista della pace: nel 1967 Martin Luther King lo propose per il Nobel. Esiliato dal Vietnam, visse quasi quarant’anni lontano dalla sua terra.
Il suo insegnamento, nel momento difficile che stiamo vivendo, rimane attualissimo: ci ricorda che dentro di noi c’è un rifugio capace di proteggerci dalla tempesta. È la voce concorde di tutte le tradizioni spirituali: non siamo perduti nel buio, perché portiamo la luce in noi.
Vorrei concludere con due citazioni del grande saggio Tich Nath Hanh:
«Il silenzio non è assenza di suono, ma presenza di tutto ciò che è vivo.
Quando tocchi il silenzio profondo, tocchi l’eternità».
«Amare è essere presenti. Quando ami qualcuno, il dono più prezioso che puoi offrire è la tua presenza vera».
La via della beatitudine
RSI Storie 29.10.2023, 23:25