Agosto è iniziato, ma sulle spiagge italiane l’atmosfera è ben diversa dal solito. A Fregene, vicino Roma, musica e sole non bastano a riempire i lettini: molti stabilimenti restano semivuoti. Le associazioni di categoria parlano di un calo di presenze tra il 20 e il 30%.
Lo confermano anche gli avventori. “Io sono quasi 40 anni che vengo qui, è tutto cambiato. Adesso sì, i costi sono quello che sono: la gente non c’è la fa più”. Anche l’affitto delle case è aumentato molto”, commenta un’altra bagnante.
A lanciare il dibattito è stato l’attore Alessandro Gassmann con una domanda semplice sui social: “Forse avete esagerato con i prezzi?”. Il sito Altroconsumo ha analizzato oltre 200 stabilimenti: rispetto a quattro anni fa, una settimana in spiaggia costa in media il 17% in più.
Matteo Salce, gestore dello stabilimento Riviera a Fregene, ridimensiona: “Sono tre quattro anni ormai che non ritocchiamo più i prezzi. Altrove qualcosa, ma non come si sente dire”. Secondo Salce, in gioco c’è una maggior offerta turistica e un cambio di abitudini: “Le offerte durante l’estate sono innumerevoli, anche la montagna sta prendendo sempre più piede. È un po’ un cambiamento di costume”.
Il presidente di Assobalneari Italia, Fabrizio Licordari, indica come causa l’attuale congiuntura economica. “Imputare il calo esclusivamente alle tariffe insostenibili, non riflette la reale complessità del fenomeno, la vera causa è la crisi economica.”
Codacons: balneari facciano esame di coscienza e riducano i listini
“Invece di attaccare le testate giornalistiche che affrontano il problema, i balneari dovrebbero fare un serio esame di coscienza e maggiore autocritica, evitando di utilizzare la scusante del caro-vita come giustificazione al calo delle presenze in spiaggia e preoccupandosi invece di ridurre le tariffe al pubblico”. Lo ha affermato il Coordinamento delle associazioni per la difesa dell’ambiente e la tutela dei diritti di utenti e consumatori (Codacons), replicando alle osservazioni di Assobalneari.
“Condividiamo – dichiarano – l’affermazione dell’associazione di settore secondo cui in Italia esistono stabilimenti per tutte le tasche: i prezzi sono molto diversificati in base al territorio, al livello dello stabilimento, all’ubicazione e ai servizi offerti. Quello che però i balneari non dicono è che tutti i lidi, negli ultimi anni, hanno ritoccato al rialzo i propri listini al pubblico, prima con la scusa del Covid, poi a causa del caro-bollette.”
In base ai dati Istat – ricorda l’associazione – i prezzi dei servizi ricreativi, tra cui stabilimenti balneari e piscine, sono aumentati del +32,7% tra il 2019 e oggi. “Utilizzare la scusa del caro-vita per non fare autocritica e non ammettere i rincari non aiuterà certo a far tornare i cittadini sulle spiagge. Per affrontare il problema, semmai, occorre partire da una reale riduzione delle tariffe praticate al pubblico dai lidi italiani”.
Il mare è diventato “un salasso per le famiglie”, ha dichiarato ancora il Codacons, che parla di “lacrime di coccodrillo” da parte dei gestori degli stabilimenti e stila la lista dei servizi di lusso, dalla tenda imperiale del Twiga da “1’500 euro al giorno” alla zona exclusive del Cinque Vele Beach Club di Pescoluse “che per la data del 16 agosto costa 940 euro”.