Si chiama colibactina, ed è una sostanza tossica prodotta da alcuni ceppi del batterio Escherichia coli, naturalmente presente nel nostro intestino. Potrebbe esserci anche lei fra le cause legate all’aumento di casi di tumori al colon e al retto tra i pazienti al di sotto dei cinquant’anni. È quanto emerge da un recente studio apparso sulle pagine dell’autorevole rivista scientifica Nature e realizzato da un team di scienziati dell’Università della California.
I ricercatori hanno analizzato campioni di tessuto tumorale di 981 pazienti provenienti da 11 Paesi, scoprendo che in oltre la metà dei casi registrati è stata identificata una firma genetica di mutazioni tipicamente indotte da questa sostanza nelle cellule intestinali, il che aumenterebbe quindi la probabilità della formazione di un tumore. In particolare, lo studio ipotizza che la produzione di questa sostanza da specifici batteri dell’intestino in età infantile può avere ripercussioni a lungo termine, predisponendo a questo tipo di cancro già molti anni prima della sua insorgenza. In che modo i bambini vengano esposti a questo ceppo di batteri produttori della tossina in questione, resta un aspetto da chiarire.
https://rsi.cue.rsi.ch/info/dialogo/L%E2%80%99aumento-del-cancro-del-colon-tra-i-giovani--2250896.html
“La colibactina è una sostanza già conosciuta da tempo”, precisa Dimitrios Christoforidis, primario del servizio di chirurgia viscerale dell’ospedale di Lugano, e direttore del centro dei tumori del colon-retto presso l’EOC, che il giardino di Albert ha raggiunto per un commento sulla pubblicazione apparsa di recente. “In passato studi di laboratorio hanno dimostrato che somministrando colibactina a topi portatori di polipi, lo sviluppo di un tumore avviene più rapidamente”.
Questa nuova ricerca aggiunge però nuovi elementi sulla responsabilità del nostro microbiota nell’insorgenza precoce di tumori al colon-retto, con delle mutazioni del DNA riconducibili alla presenza di colibactina tre volte più frequente nei pazienti al di sotto dei 40 anni. “Per ora si è parlato di un legame di associazione. Lo studio suggerisce però un legame di causalità, e ci aiuta a comprendere meglio le multiple ragioni che portano all’insorgere di questa malattia”, aggiunge Christoforidis, che è anche professore titolare all’Università di Losanna e all’Università della Svizzera italiana.
L’aumento dei casi di cancro al colon-retto resta in buona parte un mistero
Questo studio si inserisce in un’indagine più ampia che il mondo scientifico porta avanti da qualche tempo per meglio comprendere la crescita di casi di questo tipo di tumore, specie fra i più giovani. Dal 1990 al 2019 nei Paesi del G20 si è registrato un aumento del 70% dell’incidenza nella popolazione fra i 15 e i 39 anni, con una tendenza preoccupante in Paesi come Stati Uniti, Corea del Sud e Australia. E in Svizzera? “L’incidenza nel nostro Paese è tutto sommato stabile – rassicura il dottor Christoforidis – la crescita quindi non è universale, e questo ci fa pensare che anche fattori ambientali, geografici o legati alla nostra alimentazione giochino un ruolo importante”.
https://rsi.cue.rsi.ch/food/extra/Come-la-nutrizione-pu%C3%B2-ridurre-il-rischio-di-tumori--2668772.html
A proposito di fattori di rischio, il medico ci tiene a precisare che, assieme all’obesità, il consumo di cibi processati e poveri di fibre, l’alcool e il fumo, un ruolo determinante lo ricopre l’ereditarietà: “In un caso su quattro osserviamo dei precedenti nella storia familiare. Per questo, suggeriamo a chi ha un parente di primo grado colpito da un tumore al colon-retto di eseguire una colonscopia dieci anni prima dall’età in cui la malattia è stata diagnosticata al parente stretto”, precisa Christoforidis, specificando che, ancor più della dieta, lo screening è il metodo più efficace per prevenire l’insorgenza di questo tumore.
I casi di cancro alla parte terminale del tratto intestinale nascono infatti da una piccola escrescenza chiamata polipo, che può evolvere in un tumore maligno nel tempo. “Un polipo impiega sette-dieci anni per trasformarsi in tumore: identificando per tempo la lesione, possiamo esportarla e bloccare questo processo di sviluppo tumorale”.
Colon: quali esami di screening è consigliabile effettuare?
La consulenza 07.03.2016, 14:30
Contenuto audio
In Canton Ticino è attivo un programma di diagnosi precoce del cancro colorettale attraverso ricerca del sangue occulto nelle feci o colonscopia per i pazienti a partire dai 50 anni. In caso di sintomi già presenti, la diagnosi fra i più giovani è però tardiva. Lo dimostra uno studio del 2023 realizzato da Marco von Strauss e dal suo team del Claraspital di Basilea: se per le persone oltre i 50 anni l’identificazione del tumore si compie in soli 30 giorni, fra gli under 50 possono passare mediamente 217 giorni. Negli Stati Uniti, per sopperire in parte a questo problema, si è deciso di anticipare lo screening ai 45 anni. E da noi? “Il programma di screening in Ticino è giovane ma inizia a funzionare molto bene – dichiara lo specialista – non dimentichiamoci che non tutti i cantoni offrono questo servizio. In genere, a partire dai 40 anni, all’insorgenza di minimi sintomi, come la presenza di sangue nelle feci spesso attribuita a emorroidi o altre banalità, proponiamo un esame endoscopico”.
Il ruolo del microbiota
In conclusione, il professore e medico Dimitrios Christoforidis riporta l’attenzione all’importanza del nostro microbiota, e cioè quella miriade di microrganismi - funghi, virus, protozoi e (soprattutto) batteri – che vivono nel nostro intestino.
Grazie alle nuove tecnologie di biologia molecolare è possibile oggi analizzare nel dettaglio questo universo microscopico in relazione ai tumori, aprendo la strada a ricerche come quella apparsa su Nature o ad altre ancora, come quelle condotte dal Gruppo di chirurgia e oncologia colorettale dell’Ente Ospedaliero Cantonale (EOC) in collaborazione con diversi istituti universitari.
https://rsi.cue.rsi.ch/food/extra/Microbiota-cos%E2%80%99%C3%A8-e-perch%C3%A9-%C3%A8-importante--2115461.html
“Ad esempio, per quanto riguarda i tumori già in fase di sviluppo, abbiamo scoperto che esistono dei batteri buoni che interagiscono con il sistema immunitario e favoriscono la risposta del paziente alle terapie, o, viceversa, batteri cattivi che portano cellule tumorali a sviluppare delle metastasi”, spiega il professore, e aggiunge: “Un giorno, somministrando capsule di probiotici al paziente, potremo facilitare la risposta alle terapie”.
Allo stesso modo, per tornare alla tossina colibactina prodotta da specifici ceppi di Escherichia Coli, questo filone di ricerca apre interessanti prospettive per “inibire” questo o altri batteri associati a malattie tumorali, ma non solo: molti studi dimostrano che al nostro microbiota è collegato lo sviluppo di patologie come la depressione, l’Alzheimer o il Parkinson. “In futuro, mi aspetto che da un’analisi delle feci sarà possibile identificare batteri in concentrazioni e associazioni pericolose che potremo correggere intervenendo direttamente sul nostro microbiota per modificarlo”, conclude il professor Christoforidis.

L'intestino secondo il cervello
Servizi 05.01.2021, 22:05