UNIA, il sindacato più grande della Svizzera, festeggia con un congresso (da giovedì a sabato) a Briga, in Vallese, i suoi vent’anni. È dunque tempo di un bilancio e di un’analisi che il Radiogiornale ha chiesto a Christian Koller, direttore dell’Archivio sociale svizzero, istituto basato a Zurigo che studia evoluzioni e movimenti sociali.

Christian Koller, direttore dell’Archivio sociale svizzero
È diventata più combattiva, con UNIA, la politica sui temi del lavoro?
“In realtà questo processo è iniziato già negli anni ’90, quindi prima della fondazione di UNIA”, osserva Koller. “I sindacati svizzeri hanno cercato di recuperare la capacità di scioperare, con l’obiettivo di rendere credibili le minacce di sciopero in caso di conflitto col padronato. UNIA ha continuato su questa via, tentando di superare la frammentazione dei sindacati in singoli settori, anche per far fronte alla deindustrializzazione e all’aumento degli impieghi nel settore dei servizi”.
Un problema per i sindacati è il calo di affiliati. Quanto è riuscita UNIA a frenare questa tendenza?
“Il numero di membri ha continuato a diminuire. Ma il fenomeno è più ampio: anche Chiese, associazioni, partiti, perdono iscritti. È un fenomeno sociale generale: cresce l’individualizzazione, scompaiono strutture tradizionali, che però ritornano in altre forme”.
C’è una domanda di fondo. Servono ancora i sindacati, in un futuro con impieghi sempre più a progetto, autonomi...?
“Il mondo del lavoro sta cambiando, ma in Svizzera si basa ancora molto sui contratti collettivi, che senza i sindacati non potrebbero esistere. Senza i sindacati questo sistema crollerebbe. Poi sì, c’è un lavoro autonomo in crescita, ma vediamo proprio in questi giorni, con la protesta degli autisti di Uber a Zurigo, che riemergono fenomeni tradizionali. Immagino che anche in queste forme di lavoro ibrido, tra dipendente e autonomo, si svilupperanno strutture simili ai sindacati”.
Quanto il sindacalista è ancora un lavoratore (di fabbrica o di cantiere), quanto invece un politico che fa quello di mestiere?
“I funzionari sindacali a tempo pieno ci sono sempre stati, fin dall’inizio del movimento sindacale. Certo, oggi sono più professionalizzati, anche per offrire servizi come casse disoccupazione, consulenza legale, eccetera. È un equilibrio complesso, ma non lo vedo come un fenomeno nuovo degli ultimi 10-20 anni”.
Spicca che al vertice dei sindacati svizzeri sia abbastanza facile trovare qualcuno che parla italiano. Come mai?
“È il risultato di un lungo processo. L’integrazione dei lavoratori stranieri aveva creato conflitti interni nei sindacati già negli anni ‘60-’70. UNIA ha una grande percentuale di iscritti con passato migratorio, non solo dall’Italia. Il sindacato è anche una struttura che offre possibilità di far sentire la propria voce a persone che non possono votare, perché non hanno il passaporto”.