La Svizzera deve salvaguardare le capacità industriali in materia di sicurezza ancora presenti sul suo territorio. Per quanto possibile, in futuro nel limite del possibile il 60% degli acquisti di equipaggiamenti militari dovrà essere effettuato in Svizzera, secondo la strategia presentata venerdì alla stampa dal nuovo responsabile del Dipartimento federale della difesa, Martin Pfister. Grazie all’aumento graduale degli investimenti in attività di ricerca, sviluppo e innovazione, il potenziale tecnologico presente in Svizzera dovrà essere sfruttato per l’esercito ed essere ulteriormente sviluppato.
I piani approvati dal Consiglio federale prevedono nel contempo di aumentare la collaborazione internazionale, in particolare per sistemi principali come aerei da combattimento, carri armati e artiglieria. La Confederazione dovrà essere in condizione di difendersi in maniera indipendente da un attacco armato, ma anche di cooperare con i vicini e a tale scopo sistemi e materiale dovranno essere il più possibile compatibili se non identici. Di conseguenza, il 30% degli acquisti di armamenti dovrà essere effettuato nei Paesi confinanti e in altri Paesi europei.
In quest’ottica va letta anche la partecipazione all’iniziativa europea Sky Shield nell’ambito della difesa aerea. Nella medesima seduta, l’Esecutivo ha dato luce verde anche a un’intesa che permette ad Armasuisse di acquistare in modo congiunto con partner esteri sistemi di difesa terra-aria a media gittata. Berna potrà così beneficiare anche di economie di scala.
Il Governo ritiene indispensabile “ristabilire la fiducia degli Stati europei nell’affidabilità della Svizzera per quanto riguarda le forniture”, in altre parole una prassi che permetta la riesportazione di materiale bellico, negata nel caso del conflitto ucraino sulla base delle disposizioni vigenti.
Proprio la guerra scoppiata nel 2022, stando all’Esecutivo, ha cambiato radicalmente sia il contesto della sicurezza in Europa che il mercato degli armamenti, provocando un incremento della domanda e di conseguenza dei prezzi, accanto all’allungamento dei tempi. E oggi la Svizzera è particolarmente colpita da questi sviluppi: né membro della NATO, né dell’UE, piccolo cliente che acquista quantità esigue, non costituisce una priorità per le aziende produttrici.

RG 12.30 del 11.06.2025 La corrispondenza di Gian Paolo Driussi
RSI Info 11.06.2025, 12:46
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