Svizzera

Blatten, “il legame coi cambiamenti climatici sembra chiaro”

Il geologo cantonale ticinese Andrea Pedrazzini sull’evento “a cascata” nella Lötschental: “Il mio primo pensiero va alle persone, ma provo sollievo perché con il monitoraggio si è evitato il peggio”

  • Ieri, 20:49
  • Ieri, 21:19
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Ciò che resta del villaggio di Blatten

  • Keystone
Di: SEIDISERA/Lüönd/Spi 

Il crollo del ghiacciaio che ha spazzato via gran parte del villaggio di Blatten nella Lötschental ha tolto il fiato a molti. Compreso chi è abituato per mestiere a frane e smottamenti. “Sicuramente vedere queste immagini suscita una forte emozione”, esordisce il geologo cantonale ticinese Andrea Pedrazzini, intervistato da SEIDISERA.

“Questo evento ci indica che la natura ha le proprie regole e anche quanto siano fragili le nostre montagne. Per un geologo c’è anche un sentimento duplice. Da una parte, c’è il dramma per le persone che hanno perso la loro casa e dall’altra il sollievo che, grazie ai metodi di monitoraggio che i nostri colleghi vallesani hanno messo in campo da subito, si è potuto evitare il peggio. Evacuando le persone prima che succedesse l’evento. Chiaramente il primo pensiero va alle persone che hanno perso la loro casa”.

Parliamo di monitoraggio. Qual è l’elemento più importante, penso al lago che si sta creando, da tenere d’occhio?

“Abbiamo avuto un evento, come si dice, a cascata. Prima c’è stata una frana di grandi dimensioni, che nell’arco alpino con i suoi 3 milioni di metri cubi può accadere ogni 10-20 anni. La particolarità, in questo caso, sta nel fatto che è caduta su un ghiacciaio che, a sua volta, è crollato e ha bloccato la valle. Chiaramente questi eventi possono provocare dei laghi, quindi un accumulo d’acqua e la stabilità di questi depositi è difficile da stimare e spesso non è garantita. Quindi il monitoraggio e il lavoro non è assolutamente finito. Bisogna vedere come si comporta questo deposito e cosa si potrà fare o cosa non si potrà fare per evacuare l’acqua che si sta accumulando”.

È crollato letteralmente un ghiacciaio. Questo può essere interpretato come un chiaro segnale che il riscaldamento climatico ha un ruolo determinante in questo preciso evento?
                

“Questo evento ha avuto luogo nella zona detta periglaciale, quindi ancora toccata da permafrost, quindi con un suolo gelato. Chiaramente i cambiamenti climatici, con l’aumento della temperatura, destabilizzano questi versanti di altitudine elevata. La roccia che cade su un ghiacciaio già instabile può appunto creare questi fenomeni a cascata. Il legame con i cambiamenti climatici, che non è sempre diretto nell’ambito del pericolo naturale, in questo caso sembra proprio essere abbastanza chiaro”.

Fatte le debite proporzioni, e tenuto conto che ogni caso è un po’ a sé stante, questo sarebbe un evento possibile anche nella Svizzera italiana?

“In Ticino abbiamo diverse frane, anche di grandi dimensioni, che si monitorano. La differenza, rispetto a quello che succede in Vallese, è che le zone di permafrost in Ticino sono comunque limitate a poche zone, ad altitudine elevata. Quindi frane di grosse dimensioni possono accadere, ma voglio assicurare comunque la popolazione che i monitoraggi che attualmente sviluppiamo non mostrano segni particolari di destabilizzazione. Situazioni del genere, con il blocco di una valle per una frana e quindi la formazione di un lago, sono possibili, ma per il momento non abbiamo segni di queste attività”.
                                

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