L’immunità diplomatica deve assicurare la possibilità di una singola persona di assolvere il proprio compito all’estero per conto di uno Stato, non garantirgli un puro e semplice privilegio, secondo il Tribunale federale, che si è pronunciato di recente su un caso intentato cinque anni fa a Ginevra, e che all’epoca aveva fatto discutere.
Quattro collaboratrici domestiche filippine si erano rivolte all’inizio del 2021 alla missione svizzera presso le Nazioni Unite a Ginevra, denunciando lo sfruttamento durato anni di cui erano vittime in casa di diplomatici della missione pachistana. Lavoravano senza essere adeguatamente pagate. Uno dei diplomatici chiese quindi alla propria dipendente di sottoscrivere una dichiarazione in cui la donna affermava che gli obblighi contrattuali erano rispettati.
Quando la donna rifiutò, la licenziò con un messaggio via WhatsApp. Lei, allora, si rivolse a un giudice chiedendo un risarcimento di 16’500 per ingiusto licenziamento. Lui non si presentò in aula, facendo valere la propria immunità. Già la giustizia ginevrina aveva dato ragione a lei, ma il caso è arrivato fino al tribunale federale che - riferisce venerdì SRF - ha confermato il suo diritto di querelare il datore di lavoro.
Cosa dice la sentenza? Che il diplomatico non può far valere la sua immunità per privare dei suoi diritti una collaboratrice ridotta in una situazione di moderna schiavitù.
L’immunità diplomatica e la sua interpretazione
L’immunità - prevista dalla Convenzione di Vienna del 1961 - dovrebbe consentire alle diplomatiche e ai diplomatici di svolgere il proprio lavoro in modo libero e senza influenze – protetti da procedimenti giudiziari arbitrari. Il regolare funzionamento delle relazioni tra due Stati è considerato, in linea di principio, più importante della giustizia nei singoli casi. Nel caso estremo, infatti, potrebbero sorgere tensioni tra Stati o addirittura una guerra.
Evitare ciò è, secondo l’esperto di diritto internazionale Oliver Diggelmann dell’Università di Zurigo, l’idea di fondo alla base della normativa – e, in linea di principio, è persino più importante della persecuzione di un omicidio. “Negli ultimi 30 anni, tuttavia, le immunità sono state sottoposte a una pressione crescente”, afferma Diggelmann. “Si nota una tendenza ad accettare le eccezioni in modo più generoso.”
Sia in Svizzera che in altri Paesi si è denunciato l’abuso dell’immunità: diplomatici che ignoravano sistematicamente le multe per divieto di sosta o maltrattavano il personale domestico. Tuttavia, la tendenza ad accettare le eccezioni in modo più generoso non è nemmeno essa incontestata, secondo Diggelmann. Con l’ampliamento delle eccezioni cresce anche il rischio di un’affermazione abusiva di un’eccezione. Nella pratica, sono riconosciute eccezioni in tre fattispecie:
a. azione reale circa un immobile privato situato sul territorio dello Stato accreditatario, purché l’agente diplomatico non lo possegga per conto dello Stato accreditante ai fini della missione;
b. azione circa una successione cui l’agente diplomatico partecipi privatamente, e non in nome dello Stato accreditante, come esecutore testamentario, amministratore, erede o legatario;
c. azione circa un’attività professionale o commerciale qualsiasi, esercitata dall’agente diplomatico fuori delle sue funzioni ufficiali nello Stato accreditatario.
La sentenza del TF si basa su un’interpretazione ampia di quest’ultimo punto.
Secondo il professor Diggelmann, “la sentenza è una soluzione pragmatica per un problema conosciuto: si sa da tempo che alcuni diplomatici approfittano delle proprie collaboratrici domestiche, in alcuni casi fin quasi alla vera e propria schiavitù. L’interpretazione data da Mon Repos quindi è difendibile, dice l’esperto, pur auspicando una modifica della Convenzione che chiarisca la situazione.
Soddisfatto in modo particolare il sindacato SIT, che rappresentava la domestica: “Le conseguenze pratiche sono importati, perché in futuro i dipendenti domestici di diplomatici avranno un accesso diretto alla giustizia elvetica, senza dover passare da una incerta procedura nella speranza che lo Stato di origine del diplomatico accetti di non far valere il suo statuto particolare.

Notiziario
Notiziario 17.10.2025, 17:00
Contenuto audio