Il Tribunale penale federale (TPF) ha condannato il direttore della società ginevrina Petrosaudi (uno svizzero saudita) a sette anni di reclusione. Era accusato dalla procuratrice pubblica Alice de Chambrier, assieme al suo vice, di aver sottratto e riciclato almeno 1,8 miliardi di franchi, , millantando fra l’altro stretti legami con la monarchia saudita e di avere i diritti di sfruttamento di giganteschi campi petroliferi turkmeni, allo scopo di arricchire sé stessi e terze persone.
La vicenda si colloca nell’ambito del caso 1MDB, il fondo statale malese oggetto di una delle più grandi frodi finanziarie degli ultimi anni, venuta alla luce nel 2015 grazie a un’inchiesta giornalistica. Il secondo imputato (un anglo-elvetico) è stato condannato a sei anni. Il Ministero pubblico della Confederazione (MPC) aveva chiesto dieci anni per il direttore e nove per il suo vice. Le sentenze non sono definitive e possono essere impugnate davanti alla Corte d’appello del TPF.
Dalle casse di 1MDB sparirono - lo ricordiamo - 4,5 miliardi serviti fra l’altro a finanziare corruzioni, i fondi neri dell’ex premier Najib Razak, acquisti di quadri, gioielli e immobili.
Razak è stato condannato in patria a 12 anni di carcere nel 2020, pena poi dimezzata nel febbraio di quest’anno. Non sono mancate conseguenze anche in Svizzera, perché vennero coinvolte anche diverse banche elvetiche venute meno ai doveri di sorveglianza e di lotta contro il riciclaggio: la FINMA ha pronunciato sanzioni all’indirizzo di diversi banchieri ma soprattutto decretato la sparizione della Banca della Svizzera italiana.
Altri istituti toccati da provvedimenti, sono stati la Falcon Private Bank – il cui CEO è stato però assolto dal Tribunale penale federale - ma pure UBS e Credit Suisse, queste ultime due multate in Malaysia.
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