Stanno per cambiare, in Italia, le regole concernenti i soccorsi in montagna. Dal prossimo anno, infatti, se una nuova legge verrà approvata, gli escursionisti imprudenti dovranno coprire di tasca loro i costi dell’intervento.
In montagna un incidente può capitare a tutti. Ma un problema è dato da comportamenti che aumentano la probabilità di finire in una situazione complicata e di dover chiedere aiuto. Per questo il Governo italiano vuole chiamare alla cassa chi causa un intervento per colpa grave, negligenza o richiesta immotivata. Questa regola, attualmente, esiste solo in alcune regioni.
Ma qual è la situazione in Svizzera? “Qui lavoriamo già secondo il principio per cui i costi sono a carico della persona salvata”, spiega al Telegiornale della RSI Andres Bardill, amministratore delegato del Soccorso alpino svizzero (SAS). “Se c’è una polizza assicurativa, paga l’assicurazione” e in alternativa, per garantirsi una copertura delle spese “si può diventare soci della Rega”.
Le casse malati, tuttavia, non coprono sempre i costi: lo fanno solo in caso di emergenza medica, vale a dire per ferite o pericolo di morte. Ma al di là di chi paga, c’è un dato che fa riflettere: gli interventi del SAS sono passati dai 999 del 2020 ai 1’487 effettuati lo scorso anno. C’è più imprudenza? Andres Bardill non punta il dito contro gli escursionisti inesperti, visto che “sulle montagne, oggi, abbiamo molte più persone”. È quindi chiaro che “le probabilità di dover intervenire per un soccorso sono maggiori rispetto al passato”.
Il numero di escursionisti, negli ultimi anni, è aumentato sensibilmente. Le ragioni possono essere diverse, ma due sembrano aver avuto un peso particolare. Una è la riscoperta della montagna, e in generale delle attività all’aria aperta, durante la crisi pandemica. L’altra potrebbe invece essere definita come un “effetto Instagram”: con le immagini di cime, boschi, laghetti dai colori bellissimi, che stimolano molti a raggiungere questi luoghi, a fotografarli e a condividere gli scatti sulle reti sociali.
Ma le nuove tecnologie portano con sé un ulteriore rischio: ci sono infatti molte applicazioni che aiutano a pianificare un percorso in montagna, ma non sempre mettono in guardia gli utenti da tutti i rischi di un’escursione. “Noi consigliamo sempre di contattare gli abitanti del posto per capire le condizioni di un percorso e pianificare tutto in modo serio”, osserva in proposito Andres Bardill, aggiungendo che si può ascoltare anche “cosa dicono il Club alpino svizzero, i guardiani delle capanne e le organizzazioni turistiche”.
Si tratta, in buona sostanza, di una questione di rispetto verso la montagna. E anche di un certo timore reverenziale. Un approccio che aiuta, se parliamo di sicurezza, e che soprattutto non toglie nulla al sogno di arrivare in luoghi meravigliosi e all’appagamento che se ne può trarre per il corpo e per lo spirito.








