Un colonnello dell’esercito svizzero, da 20 anni alle dipendenze del Dipartimento della difesa e ultimamente con importanti incarichi all’estero, è stato sospeso dalle sue funzioni e richiamato in patria alla fine del 2024, sospettato di aver trasmesso documenti alla Russia nell’estate dello scorso anno. A svelare la vicenda è stata venerdì un’inchiesta di SRF. Il DDPS conferma di essere a conoscenza dei sospetti a causa dei quali è stato deciso il rimpatrio da Vienna, dove l’uomo operava in seno alla delegazione elvetica presso l’OSCE. L’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, con 57 Stati membri, è uno dei pochi organismi dove Paesi occidentali - Stati Uniti compresi - e Federazione Russa lavorano ancora fianco a fianco. La Confederazione ne assumerà la presidenza nel 2026.
La sanzione nei confronti dell’alto ufficiale viene criticata nel suo ambiente professionale: secondo quanto riferito alla televisione della Svizzera tedesca, sarebbe legata a un unico caso, la consegna alla delegazione di Mosca di un documento che poche ore più tardi era poi stato distribuito a tutta l’organizzazione. Nulla di segreto, quindi. Diverse fonti - riferisce ancora SRF - ritengono che il provvedimento sia stato preso unicamente su pressione di altri Paesi.
Le ricerche di SRF hanno però anche evidenziato che i chiarimenti coinvolgono non solo il Dipartimento stesso, ma pure le autorità di vigilanza sui servizi segreti e la giustizia militare. Circostanza, questa, confermata dal DDPS anche all’agenzia Keystone-ATS. Precisando che quella in corso è la cosiddetta assunzione preliminare delle prove. Non prende di mira una persona specifica, bensì ha lo scopo di chiarire i fatti. Un procedimento penale nei confronti dell’uomo verrà aperto solo se dovessero emergere “sufficienti indizi di reato riconducibili a circostanze gravi e punibili”.
La reale portata del caso rimane quindi tutta da chiarire. Vale al momento la presunzione di innocenza per il colonnello, che lotta per essere riabilitato.