I firmatari di una lettera aperta - un centinaio fra cui personalità appartenenti al mondo accademico e protestante - dicono che “ne va della credibilità delle Chieste protestanti” e “si nuoce all’indipendenza giornalistica”. Oggetto del contendere, un tema che in questi giorni fa molto discutere in Romandia: l’allontanamento di due giornalisti dell’agenzia di stampa ProtestInfo. Chi contesta il provvedimento afferma che la misura è stata preceduta da tentativi di ingerenza nel lavoro redazionale e dalla richiesta di congelare un articolo prodotto per il quotidiano Le Temps su un caso di abuso sessuale ai danni di una donna, risalente al 1995 e di cui era sospettato un teologo noto nella Svizzera francese.
La versione del Consiglio esecutivo della Conferenza delle Chieste protestanti romande è diversa: all’origine della vicenda di Anne-Sylvie Sprenger e Lucas Vuilleumier, rivelata il 14 ottobre da 24 Heures, non vi sarebbe un caso specifico, ma una progressiva quanto irrimediabile perdita di fiducia. “Non c’è nessuna volontà di censura né di dissimulare delle informazioni”, afferma il vicepresidente Yves Bourquin, che nega qualsiasi pressione esterna. Si riafferma inoltre l’impegno per una stampa protestante “professionale, critica e credibile”.
Parte in causa è anche la Chiesa evangelica vodese, che a inizio ottobre aveva denunciato le pratiche giornalistiche dei due redattori in questione, parlando di “una volontà appena mascherata di far cadere in trappola l’interlocutore” e di “elaborazione a posteriori di domande che riflettono faziosità manifeste”, oltre che di “minacce volte a ottenere risposte”.
Osservazioni rivolte a Médias-Pro, il servizio che gestisce i media per le Chiese evangeliche romande e che capeggia l’agenzia ProtestInfo. Paolo Mariani, direttore del servizio, difende la libertà di stampa ma anche le regole di condotta e il rispetto degli interlocutori. Secondo lui, le “difficoltà attraversate oggi trovano origine in pratiche professionali che hanno eroso la fiducia di alcuni partner” e per questo “a malincuore sono state riviste determinate collaborazioni”, una decisione che allo stato attuale delle cose “non è un licenziamento”.