Le due confederazioni sindacali, l’Unione sindacale svizzera (USS) e Travail.Suisse, sostengono il pacchetto di accordi con l’Unione europea (UE) a condizione che il Parlamento riprenda integralmente il pacchetto di 14 misure di protezione salariale del Consiglio federale. Solo rispettando queste condizioni, scrive l’USS, gli accordi potranno servire gli interessi dei lavoratori e delle lavoratrici.
Cosa prevedono le 14 misure di protezione salariale del Consiglio federale
Il Consiglio federale ha adottato un pacchetto di 14 misure per la protezione dei salari nel marzo 2025, come parte di un avamprogetto per un accordo con l’Unione Europea. L’obiettivo è rafforzare la tutela dei salari svizzeri ed evitare il dumping salariale che potrebbe derivare da un accordo bilaterale. Le misure sono pensate per i settori in cui è necessario intervenire per garantire la protezione dei salari e sono concepite principalmente per le imprese dell’UE che distaccano lavoratori in Svizzera.
L’USS sostiene che la libera circolazione delle persone, con misure di accompagnamento efficaci, costituisce un progresso per il mondo del lavoro. In questo modo sarebbe possibile “garantire e modernizzare la protezione dei salari e ridurre al minimo gli effetti negativi sul trasporto internazionale di persone”, afferma Travail.Suisse.
No all’accordo sull’elettricità
Respinto invece l’accordo sull’elettricità: l’approvvigionamento energetico dovrebbe rimanere un compito pubblico. In caso di apetura del mercato dell’elettricità, Travail.Suisse chiede una maggiore misure di protezione più severe per i lavoratori: protezione contro il licenziamento, un fondo per la formazione continua e un rafforzamento del partenariato sociale.
Infine, l’USS chiede che gli accordi siano sottoposti solo a referendum facoltativo: è la popolazione a dover decidere sull’evoluzione delle relazioni con l’UE. Siccome il nuovo pacchetto di accordi non costituisce un nuovo trattato internazionale, sarebbe ingiustificato richiedere la maggioranza dei cantoni.

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