Attualmente in Svizzera gli uomini sono obbligati a prestare servizio nell’esercito o nella protezione civile (PC). La possibilità di un servizio civile è quindi prevista per chi, nonostante l’idoneità al servizio militare, non intende svolgerlo per motivi di coscienza. Le donne possono invece prestare servizio, come militari o nella protezione civile, ma a titolo volontario.
Il testo in votazione a fine novembre prevede un netto cambio di paradigma: chiede infatti che tutte le persone con cittadinanza elvetica, uomini e donne, svolgano un “servizio civico” a favore della collettività, della sicurezza e dell’ambiente. Esso verrebbe prestato come servizio militare o secondo altre modalità di milizia previste dalla legge. Il testo assicura quindi gli effettivi necessari, segnatamente nell’esercito e nella PC, ai servizi d’intervento in caso di crisi.
L’iniziativa, depositata a fine 2023 con più di 107’000 firme valide, si è innestata in un dibattito che da tempo concerne più problemi: dalle carenze di effettivi di esercito e PC, fino al rafforzamento della sicurezza in un contesto globale più turbolento. Di qui, le riflessioni per una riforma dell’attuale sistema di milizia. E il Governo, che intende rendere più rigide le condizioni per accedere al servizio civile, è stato anche incaricato dal Parlamento di aggiornare l’obbligo di prestare servizio, in modo da riunire PC e servizio civile in funzione della protezione contro le catastrofi. Non è invece contemplata un’estensione alle donne dell’obbligo di prestare servizio.
Gli argomenti degli iniziativisti
Secondo i promotori del testo l’attuale sistema di milizia ha ormai fatto il suo tempo di fronte alle nuove sfide cui è confrontata la Svizzera. Minacce come le instabilità globali, le pandemie e le catastrofi ambientali, impongono un differente approccio. Si tratta di valorizzare il senso di responsabilità collettiva, di contro all’individualismo dominante, in modo che il Paese divenga più resiliente in circostanze di crisi.
Servizio civico: il video di presentazione degli iniziativisti (in francese)
L’iniziativa, sostengono, va in questa direzione, con un impegno richiesto a tutti i giovani: uomini e donne, militari e civili. Valorizzando con ciò l’apporto di ciascuno, mobilitando un pieno potenziale e rafforzando la coesione nazionale. Inoltre le competenze apprese dai giovani grazie al servizio civico, come l’attitudine al lavoro in squadra e l’assunzione di responsabilità, costituiranno risorse preziose per la loro vita personale e professionale.
Inoltre, attraverso questo modello, si potranno rafforzare aree come la sanità e l’agricoltura, che per il Paese sono di rilevanza sistemica, ma risentono di carenze di personale: il servizio civico fornirebbe in questo senso un aiuto mirato, assegnando i giovani là dove il loro impegno è più necessario. A guadagnarci sarebbe quindi la società: i giovani, attraverso il servizio, apprenderebbero infatti il senso della comunità e della solidarietà.
Le ragioni del “no”
Governo e Parlamento avversano l’iniziativa: condividono l’esigenza di rafforzare l’impegno a favore della società, ma ritengono anche che un’estensione dell’obbligo di servizio non costituisca la via giusta da percorrere. Con l’introduzione del servizio civico si assisterebbe ad un reclutamento ampiamente superiore alle necessità dell’esercito e della PC, i due ambiti in funzione dei quali vige l’obbligo di prestare servizio. È peraltro incerta la possibilità di creare un numero sufficiente di servizi di milizia, senza contravvenire al divieto di lavoro forzato che è sancito dal diritto internazionale.
No al Servizio civico: la conferenza stampa del consigliere federale Martin Pfister
Il fronte dei contrari mette quindi in guardia dagli ingenti costi che implicherebbe il modello: quelli per le indennità di perdita di guadagno, finanziate attraverso i contributi paritetici di lavoratori e datori di lavoro, salirebbero da circa 800 milioni a quasi 1,6 miliardi di franchi annui. I datori di lavoro, inoltre, sarebbero confrontati a costi supplementari molto elevati per coprire le assenze degli impiegati chiamati in servizio.
Quanto all’obbligo esteso alle donne, motivato dagli iniziativisti come un contributo alla parità di genere, i contrari reputano che esso accrescerebbe ancora di più il carico che già grava su molte di loro, se si considera tutto il lavoro, non retribuito, che svolgono per le attività domestiche, l’educazione e l’assistenza.

Sondaggio: verso due bocciature nelle votazioni del 30 novembre
Telegiornale 24.10.2025, 20:00









